PAV – Parco d’Arte Vivente, Città di Torino, Fondazione Torino Musei
CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI
Dalla Land Art alla Bioarte
20 gennaio 2007
L’Art Program del Parco d’Arte Vivente tra radici storiche e nuove direzioni di ricerca nelle relazioni tra arte, natura, nuove tecnologie e scienze della vita
Sala Conferenze della GAM Torino – Corso Galileo Ferraris 28
Il Convegno è organizzato dalla Associazione Culturale Parco d’Arte Vivente in collaborazione con la Fondazione Torino Musei e con l’Assessorato alla Cultura della Città di Torino.
Lo scopo del Convegno è di elaborare la piattaforma teorica dell’Art Program del Parco d’Arte Vivente, attraverso un confronto tra i diversi filoni artistici, storici e contemporanei, che sono confluiti nella concezione del ‘progetto pilota’ di questo ‘museo interattivo arte/natura’, dal movimento ‘Art in nature’ all”Esthétique relationnelle’, dalla ‘Genetic Art’ alla Bioarte.
Stanno maturando le premesse di un dibattito intenso e di un dialogo tra posizioni apparentemente distanti, attraverso il ‘forum’ in corso per via telematica tra gli esperti e gli artisti coinvolti.
La rosa dei partecipanti al Convegno conferma attualmente la presenza, per l’area della critica, di Nicolas BOURRIAUD, Pier Luigi CAPUCCI, Vittorio FAGONE, Jens HAUSER, Roberto MARCHESINI, Lorenzo TAIUTI e Franco TORRIANI; per l’area della ricerca artistica: Jean-Max ALBERT, Louis BEC, Alfio BONANNO, Andrea CARETTO & Raffaella SPAGNA, François CURLET, Claude FAURE e Piero GILARDI.
Il Convegno si aprirà con i saluti dell’Assessore alla Cultura della Città di Torino Fiorenzo ALFIERI, di Riccardo Passoni della Fondazione Torino Musei e con l’introduzione di Ivana MULATERO, coordinatrice dell’Art Program del Parco d’Arte Vivente.
Nella seduta del mattino gli interventi prevalenti saranno quelli degli artisti, in quella del pomeriggio dei critici. Il dibattito aperto agli interventi del pubblico si svolgerà a metà e alla conclusione di ciascuna delle due sedute. La partecipazione del pubblico è libera e gratuita, ma sono gradite e utili le pre-iscrizioni via email.
Per informazioni e iscrizioni:
ACPAV Valentina Bonomonte
+ 39- 011-8191253 / 320 5612047
info@parcoartevivente.it
www.parcoartevivente.it
PROGRAMMA
ORE 9.00:
Apertura del Convegno con il saluto di:
– Fiorenzo ALFIERI, Assessore per le Risorse e lo Sviluppo della Cultura della Città di Torino
– Riccardo PASSONI, Fondazione Torino Musei
– Francesco DE BIASE, Settore Arti Visive della Città di Torino
Apertura dei lavori
– Ivana MULATERO: Relazione introduttiva ai temi del Convegno
– Piero GILARDI: L’Art Program del PAV: proposte e considerazioni
– Gianluca COSMACINI: Un Parco in movimento. Proiezione del video ‘Trèfle Backstage. La dimensione collettiva di un’opera d’arte’ di Gianluca Cosmacini e Dudi D’Agostini
– Tea TARAMINO: Il ruolo della Sezione Ricerche Creative del PAV nell’Art Program
– Franco TORRIANI: Alcune parole chiave
– Coffee Break
ORE 10.30:
Seduta coordinata da Franco TORRIANI
– Jean-Max ALBERT: Il progetto ‘O=C=O’
– Alfio BONANNO: Esperienze metodologiche di ‘Art in Nature’
– Andrea CARETTO/Raffaella SPAGNA: L’esperienza del workshop ‘Colonizzazione_01’ nel sito del PAV
– François CURLET: Il progetto ‘La Maison Faineante’
– Claude FAURE: L’esperienza del Parc de La Villette
– Dibattito aperto
ORE 13.00: Pausa pranzo
ORE 14.00:
Seduta coordinata da Franco TORRIANI
– Louis BEC: Une Hypozoologique
– Pier Luigi CAPUCCI: La doppia articolazione del vivente
– Jens HAUSER: Paesaggi e frammenti. Natureculture olistiche nell’era dell’arte biotech
– Lorenzo TAIUTI: L’arte all’epoca del digitale e il corpo sognante
– Dibattito aperto
– Coffee Break
ORE 16.30:
Seduta coordinata da Piero GILARDI
– Nicolas BOURRIAUD: Proposte per l’Art Program del PAV
– Marika DE ACETIS: Comunicare artisticamente la problematica del Biotech
– Vittorio FAGONE: ‘Art in Nature’
– Roberto MARCHESINI: Ibridazione e predicati umani: l’approccio post-umanistico
ORE 17.30:
– Conclusioni e confronti con il pubblico
NOTE:
– Il pubblico potrà fruire della traduzione simultanea francese-italiano/ italiano-francese
Segreteria del Convegno:
Valentina Bonomonte
Tel/Fax +39-011-8191253 / 392-8353787
info@parcoartevivente.it
www.parcoartevivente.it
CONVEGNO “DALLA LAND ART ALLA BIOARTE”
Ivana Mulatero – Introduzione
Ho il piacere di dare il benvenuto a tutti coloro che intervengono, a vario titolo, in qualità di relatori o di pubblico, a “Dalla Land Art alla Bioarte”- il terzo convegno organizzato dall’Associazione Acpav, ente gestore del Parco d’Arte Vivente.
Alterità. Quali implicazioni dell’arte nella mutazione antropica in corso?
Le leggi di modellizzazione degli spazi imposte dagli ordini sociali, e gli ordini naturali con cui per millenni si è connaturato l’uomo, stanno per essere abbandonati e, “secondo il pensiero transumanista l’uomo sta entrando – o, meglio, è già entrato in una fase di transizione postbiologica caratterizzata da una profonda e pervasiva rivisitazione del corpo e delle sue prestazioni per opera della tecnologia”, condizione questa, perspicacemente scandagliata nelle sue luci ed ombre da Marchesini nel volume “Post-human” (1 ). Se gli esseri viventi, gli spazi e le cose acquistano un’identità in una dimensione puramente temporale, fagocitata dalle tecnologie della comunicazione, allora ci chiediamo: in questo contesto l’arte deve continuare a produrre oggetti estetici? E’ ancora questo che le si chiede? E poi, il dibattito teorico quanto sta marcando uno iato con le reali, effettive sperimentazioni e risultanze operative? Le teorie propongono che non ha più senso ragionare per categorie oppositive e tassonomiche – quali umano vs non-umano, organico vs inorganico, biosfera vs tecnosfera – però lo scenario attuale sembra, in buona parte, occupato proprio dagli effetti di questa fase transizionale. Una fase nella quale, in maniera rizomatica, si ritrovano scelte che dichiarano un’implicazione nel processo di mutazione antropica, che variamente conducono anche ad una dimensione pertinente ad un sistema tradizionale che vede la produzione artistica in possesso di un’autonomia da qualunque interferenza con la realtà, e collocata stanzialmente sul vecchio solco dell’art pour l’art.
Il versante di ricerche che dichiara di implicarsi è quello che qui c’interessa analizzare, in una prospettiva di senso che ci faccia capire come il “Corpo Post-umano rappresentato ed esorcizzato dalle arti plastiche durante questi anni si presenta complesso e minaccioso e l’utilizzazione di processi e elementi del campo biogenetico consente ai creativi di approfondire, partecipare e di sorvegliare quanto avviene” .(2)
La falsa Bioarte
Pare di capire, dalle critiche mosse dal Criticai Art Ensemble, che alcuni concept di partenza delle opere, non sono più sostenibili, almeno di quelle che dichiarano di implicarsi nelle problematiche sulla mutazione antropica odierna. Sono tutta una schiera di rappresentazioni estetiche che si avvalgono della fascinazione formalistica del DNA: ” … Mentre il campo del digitale si espande al wetware, la replicazione della monumentalità come equivalente della qualità prosegue (anche più lentamente) e genera il medesimo disappunto: i prodotti (in ogni senso) vengono prima dei processi, e la dimensione prima del concetto: La vacuità e la mancanza di spirito di sperimentazione nei nuovi lavori di arte biotecnologia sono deprimenti e niente affatto sorprendenti … “.(3).
Dunque il formalismo è una prova d’implicazione dell’arte nel mondo della ricerca biologica secondo il CAE, e analoghe sono le argomentazioni di Jens Hauser che riconosce: “Questo tipo di produzioni artistiche soddisfa più che altro i curatori dei musei, perché contengono delle metafore e degli elementi iconografici tradizionali riferiti alle biotecnologie, ma offuscano il senso delle vere operazioni di Bio arte che sono oggi molto rare”. (4)
Accanto alla replicazione delle forme del panorama microscopico e molecolare, ” … se n’è aggiunto un altro tipo, basato sulla ri-presentazione dei processi che costituiscono la materia organica, dalle cellule dei tessuti agli OGM, mettendo spesso in mostra anche i risultati di questi processi. In entrambi i casi, i processi/oggetti sono spogliati dalla loro funzionalità e l’ideologia è occultata al fine di dirottare l’esperienza verso un’avvolgente percezione estetica: la decontestualizzazione trasforma processi di per sé affascinanti in una banale serie di esposizioni. Quanta arte è ancora necessaria per le bellissime, anzi sublimi qualità della natura?”.(5)
E’ provocatorio il punto di vista del CAE, ma indispensabile per sgombrare il campo dagli equivoci. Tuttavia secondo la loro scala di valori, il messaggio, la demistificazione, il grado di svela mento delle politiche sottese al controllo e al governo delle biotecnologie vengono prima di ogni altra cosa, sono anzi il fine da ricercare in un’opera d’arte, di impostazione relazionale. Se, infatti, il piacere estetico può sviare dalla lettura dei veri messaggi, e nel contempo ” … abbonda già per tutti nel quotidiano … “, perché mai ritrovarlo anche nelle opere d’arte biotecnologiche?
Hybris
Un altro filone di ricerche si pone in un interstizio interessante che cerca di focalizzare l’attenzione sul concetto di hybris, ” … da atto spurio e contaminante a momento fondativo della stessa ontogenesi di una nuova stagione della poetica umana … “, atto che nasce da un processo coniugativo della cultura con la biosfera e non in opposizione ad essa, e che, di fatto, costituisce la base su cui si fonda il postumanesimo indicato da Marchesini, posto su un piano epistemologico profondamente diverso dalle teorie transumaniste, che negano una natura umana oppure la prefigurano unicamente in chiave edonistico-cognitiva – “entità cognitive postumane come supermenti postdarwiniane”. ” .. .In realtà, se leggiamo la tecnologia non come un fronte contro la pressione se letti va bensì in qualità di nuovo referente (partner) selettivo, ci rendiamo immediatamente conto che attraverso l’immersione nella tecnosfera non viene a realizzarsi una diminuzione di selezione ma piuttosto uno slittamento delle pressione selettiva ovvero un cambiamento di contesto evolutivo. La tecnologia s’iscrive nella carne non solo per il semplice fatto che ci abituiamo a considerarla parte del corpo, ma soprattutto perché il partner tecnologico, lungi dal comportarsi in modo inerte (oppositivo) ne diventa un nuovo referente selettivo, in grado di selezionare in noi la tolleranza o la capacità di raggiungere l’eccellenza in partnership.”(6)
Nello scenario attuale in cui sta mutando il contesto evolutivo l’arte che getta uno sguardo sulle biotecnologie è consapevole di partecipare ad un’evoluzione ontogenica, che si realizza, come afferma Piero Gilardi ” … attraverso il contatto e quindi l’ibridazione con un essere “altro”. (7) Gli artisti della bioarte all’inizio lavoravano ad “illustrare” semplicemente queste conoscenze con gli strumenti tradizionali della rappresentazione artistica: dipingevano chimere ed esseri mutanti. Poi la generazione della Transgenic art è passata a realizzare “metafore effettuali”, in altre parole a creare piccoli animali ibridi e a mette rce I i in mano per vedere come reagiamo o interagiamo. Si pensi al lavoro di Eduardo Kac, il quale dichiara che la sua è ” .. un’estetica dialogica, intersoggettiva. Per me fare arte significa coinvolgere un altro soggetto. La mia visione dell’estetica coincide con un esteso esame dei limiti e delle possibilità di tutte le forme di comunicazione esistenti, o ancora da scoprire e inventare”. (8) Sulla stessa scia, le esperienze recenti propongono una pratica fenomenologica di confronto con i materiali organici, la sperimentazione di processi di trasformazione nella loro diretta performatività e la condivisione (coinvolgendo dinamiche fortemente relazionali) dei loro effetti organici. E’ il caso dell’opera “Disembodied Cuisine” nell’ambito Tissue & Culture Art project del gruppo australiano SimbioticA.
La bioarte in una dimensione socializzata nell’ambito dell’ art program del PAV
Il convegno di studi “Dalla Land art alla Bioarte”, tratteggia un quadro rilevante di alcune importanti tendenze nel corso dei decenni, con declinazioni teorico e operative differenti. Un percorso di ricerca che, per sommi capi, è stato caratterizzato, all’inizio, da fenomeni come “Art in nature”, con un salto semantico significativo rispetto agli interventi landartistici precedenti. Come scrive Vittorio Fagone: “In tutta Europa, negli Stati Uniti e in Canada, in Giappone e in Australia, da oltre 10 anni (1996 ndr), alcuni artisti innovativi hanno scelto, quasi sempre in misura esclusiva e con procedure per ognuno diverse, di realizzare la loro opera in spazi aperti naturali della campagna o delle remote periferie metropolitane utilizzando solo materiali dello stesso ambiente”. (9) Inoltre, come evidenzia la prima opera del PAV ideata dall’artista Dominique Gonzalez-Foerster, “l’estethique relationelle” di Nicolas Bourriaud costituisce un riferimento essenziale. Scrive Bourriaud: “L’arte è un’attività che consiste nel produrre rapporti con il mondo e materializzare – in una forma o nell’altra – le sue relazioni con lo spazio e con il tempo”. (10)
Nell’ambito delle tendenze della new media art emerse agli inizi del decennio novanta del secolo scorso, e per le quali Pier Luigi Capucci ha colto la novità sostanziale e cioè “Hanno messo in discussione l’idea dominante che la vita risieda nella sostanza di ciò che consideriamo “vivo”, nella costituzione fisica degli organismi, estendendo il concetto di “vita”; (11) si sviluppa il filone della Genetic art. Esso può essere assunto come prefigurazione teorica dell’odierno lavoro della Bioarte, nelle complesse implicazioni con il bio-tek e l’eco-tek, solo per citare le evidenze più sintomatiche presenti nel dibattito sulle estetiche contemporanee. Dopo aver attraversato un momento in cui la ricerca era fortemente specializzata, oggi si può ritenere conclusa la fase pionieristica relativa alla Genetic art e si assiste ad una pratica artistica maggiormente socializzata e meno confinata nei laboratori. Ed è anche la visuale da cui guardare la Bioarte nell’ipotesi di lavoro intrapresa per l’art program del PAV, cioè di praticare la Bioarte in una dimensione socializzata attraverso le esperienze di laboratorio e le collaborazioni con gli artisti, i biotecnologici e le altre figure disciplinari. La socializzazione delle culture delle biotecnologie e del loro portato a livello filosofico ed esistenziale può trovare nell’arte, e in particolare nella Bioarte, un percorso coerente ed efficace (l’arte ha una sua elaborazione teorica intrinseca ed una sua emozionalità), per accompagnare il processo di transizione epistemica odierna, dalla fase dell’epifora (punto sorgivo della metafora) alla diafora (quando la metafora è ormai entrata nella rete dei significati condivisi e conosciuti socialmente).
Per una didattica della bioarte
L’obiettivo dell’art program del Pav è quello di costruire una pratica artistica larga, attorno ai contenuti della Bioarte trasformando il concept centrale – ricreare la vita artisticamente – in un momento di esperienza il cui fine possa non essere più un semplice vedere la natura nelle sue apparenze fenomeniche, e neppure nella versione simulata con calcoli algoritmici, ma il poter indagare nella operatività intima della natura stessa.
La genesi stessa di ogni opera prevista dall’art program prevede una modalità di lavoro inclusiva, con una dinamica relazionale con il pubblico, invitato ad una serie di workshop con l’artista. In tal senso la formulazione dell’art program coglie nell’area generale dell’Arte Relazionale un’attitudine parallela a lavorare nella natura, in una dimensione interattiva, secondo un’ottica di relazione tra le persone e in una prospettiva di trasformazione sul piano ontogenetico. Il PAV raccoglie e mette in moto tutti quegli elementi incentrati sull’immaginario riferito alla natura, alla nostra identificazione sensoriale e mentale con le sue forme ed i suoi processi rizomatici e spesso caotici.
L’estetica relazionale si ritrova dunque parte integrante nelle pratiche di laboratorio previste dalla Sezione Ricerche Creative del PAV, ampiamente saggiate con i laboratori sperimentali di biologia creati va in collaborazione con la Fondazione per le Biotecnologie di Torino. In tali esperienze si mette a punto una metodologia gestionale del PAV fondata sulla pratica dell’esperienza estetica diretta e fattuale del suo pubblico, sia a livello individuale che collettivo. Un genere di esperienza che Bernard Stiegler definisce “sensibile” e per mezzo della quale recuperare ” … Ia singolarità individuale per coniugarla nel flusso collettivo della produzione di senso”,dal momento che ” … oggi la dinamica saliente è la sostituzione della esperienza sensibile con il controllo e il condizionamento da parte della società iperindustriale”. (12) A maggior ragione su argomenti attinenti le pratiche di biotecnologia, per le quali la scarsità di informazioni in chiave divulgativa e scientificamente corretta genera un vuoto e produce valutazioni erronee e confuse nel pubblico. Pubblico che sempre più richiede di essere coinvolto nel contesto dei dibattiti che mettono sul tavolo questioni etiche, sociali, politiche, legislative. Per questo il processo conoscitivo messo in moto da una realtà come il PAV coinvolge anche una ricerca di strumenti e metodologie didattiche appropriate su questi temi specifici, per i quali i principi e le applicazioni in uso presso i musei tradizionali possono essere ancora un modello di riferimento?
Note al testo
1) Roberto Marchesini, Post-human, Torino, 2002
2) Lorenzo Taiuti, “Tecnologie genetiche”, in Corpi sognanti. L’arte nell’epoca delle tecnologie digitali, Roma, 2001
3) CriticaI Art Ensemble, L’invasione molecolare, Milano, 2006
4) Jens Hauser, testo in catalogo di Ars Electronica, Linz, 2005
5) Critical Art Ensemble, ibidem
6) Roberto Marchesini, ibidem
7) Piero Gilardi, “Lo sguardo dell’arte sul ‘bioma'”, testo inedito, 2006
8) Maurizio Bolognini, “Art in Theory, Bioestetica, arte transgenica e il coniglio verde. Conversazione con Eduardo Kac”. www.1uxflux.org. 2004
9) Vittorio Fagone, Art in Nature, Milano, 1996
10) Nicolas Bourriaud, Postproduction, Milano, 2004
11) Pier Luigi Capucci, “Le forme del vivente”, in D’Ars, n.163/164, Milano, dicembre 2000
12) Bemard Stiegler, “La grande misère symbolique”, Art Presse, n.301, 2004
Biografie
Jean-Max Albert
Nasce a Loches nel 1942, vive e lavora in Francia. Pittore, scultore, grafic designer, architetto paesaggista, musicista, i suoi lavori sono caratterizzati dalla varietà dei media impiegati, per esplorare i confini tra arte, scienza, tecnologia e natura. Ha preso parte in numerose esposizioni collettive, quali “Useless Sciente” (MOMA 2000 New-York), e tra i progetti recenti si segnala il “Le Tour du Blues en Quatre-Vingts Mondes” in collaborazione con François Tusques con il quale realizza un’ottantina di musiche, testi e composizioni visuali. Nell’ambito delle sue esperienze artistiche in contesti pubblici, negli anni novanta realizza per il Parco de La Villette di Parigi “The trellised vine garden”, 90 piccole fontane gorgoglianti tra i vitigni e le piante rampicanti inquadrate nel loro insieme da sette sculture in bronzo. Ognuna di queste funzionava come un dispositivo segnico capace di offrire un centro particolare del paesaggio. Molto intensa anche la sua produzione saggistica, con la pubblicazione di articoli e libri su argomenti di teatro, pittura, architettura e poesia. In merito al convegno Albert presenta un suo progetto appositamente ideato per il Parco d’Arte Vivente, dal titolo”O=C=O”, incentrato sul tema della biodiversità.
Louis Bec
Nasce nel 1936 in Algeria, vive e lavora a Sorgues (F). Artista e biologo, negli ultimi decenni la sua ricerca si è rivolta allo studio delle connessioni tra l’arte e la scienza. Egli è divenuto tra gli esponenti più noti di questo ambito di studi, attraverso i suoi progetti tesi a raccordare l’estensibile evoluzione biologica e le nuove forme di vita simulate, accentuando in particolare come queste ultime “possono” favorire ulteriormente l’evoluzione. La sua indagine verso nuove tipologie zoomorfe e di forme di comunicazione fra specie naturali e artificiali, lo portano a fondare un centro di ricerca immaginario, chiamato
Website: http://www.parcoartevivente.it
Comments are closed