Web design e sensorialità
Per concludere (anche se la tematizzazione meriterebbe ulteriori aggiunte e approfondimenti), facciamo un accenno alla dimensione estesica propria dell’utente; o meglio mostriamo, sommariamente, in che modo i due paradigmi di Web design in questione e cioè “slide” (Nielsen) e “ambiente” (Anceschi) si confrontano con la sensorialità del navigator-utente (individuo umano); visto che più sopra l’abbiamo considerata centrale nella realizzazione di interfacce Web (siti Web) usabili (orientate all’utente). Prima di entrare nel vivo del discorso bisogna dire qualcosa a proposito della sensorialità anzi sarebbe più opportuno, dire a proposito, della polisensorialità (sinestesia).
Riportiamo di seguito il paragrafo “La simulazione polisensoriale” di P. L. Capucci:
“Anche se noi parliamo di sensi uno alla volta, separatamente, dovremmo considerare la sfera sensoriale come un continuum coeso e interrelato, in cui i sensi agiscono in sinergia tra loro, scambiando funzioni, competenze, sostituendosi, a seconda dei contesti e delle menomazioni. La percezione, anche delle configurazioni più semplici non mai monosensoriale. La sfera sensoriale è profondamente e dinamicamente interrelata e coesa. Con essa,
nella sua globalità e indivisibilità, esperiamo che ci sta al di fuori di noi, i sensi operano in sinergia. Anche nei casi in cui l’informazione è destinata a un solo tipo di recettore, anche se passa attraverso un solo canale percettivo (e si tratta di casi limite), noi attiviamo meccanismi sinestesici profondi, corrispondenze eterosensoriali, come ben sanno, per esempio, i pubblicitari. Sinergie sensoriali e sinestesie costituiscono la regola della nostra esistenza quotidiana, il loro operare è tanto scontato e automatico quanto in gran parte ignoto e inconsapevole. Nel caso di rappresentazioni complesse, dinamiche, polisensoriali e interattive, queste problematiche si moltiplicano.”1
La sfera sensoriale è quindi un continuum che si adegua all’ambiente, attivando e integrando le capacità percettive più adeguate alle occorrenze. Ogni senso ha delle abilità o capacità di estrarre determinate informazioni dall’ambiente. Il fatto che i sensi operino in stretta sinergia.
Entriamo nel vivo della questione più sopra sollevata, iniziando col paradigma “ambiente”:
I nuovi sistemi tecnologici (Flash, Shockwave…), portatori di cinetismo e di fluidità, stanno contribuendo fortemente all’inversione di tendenza del Web design: il paradigma “slide” sta subendo un forte attacco, non solo teorico-critico ma anche e soprattutto pragmatico; sono sempre di più i designer che possono essere inclusi in quello che noi (con Anceschi) abbiamo denominato paradigma “ambiente”.
Questa nuova linea di tendenza del Web design si sta sempre più canonizzando;al proposito è utile citare-rimandare all’ URL www.macromedia.com/software/flash/production/usability e ancora e forse in modo più pertinente, al sito www.flazoom.com, dove alla sezione “usabilità” i redattori hanno pubblicato una relazione sul tema “Developing User-Friendly Flash Content”. Il cui fine, tra gli altri, è quello di contraddire le accuse dell’ Altertbox di Nielsen, sul suo sito www.useit.com e intitolato, come già avevamo visto più sopra, “FLASH:99% BAD”.
Ora per concludere: perché il paradigma “ambiente” risulta essere il più completo per un Web design che si vuole rivolto all’utente? Il più, al riguardo, è stato detto. Qui invece si vuole sottolineare il rapporto tra Web design e sensorialità (estesia).
Si ricordi che più sopra avevamo già accennato al fatto che nella fruizione dell’hypermedia on-line (il Web) il senso predominante resta ancora e comunque la vista. A scanso di equivoci, iniziamo subito col dire che questo – che noi vediamo come un limite della Web experience – vale sia per il modello di Web design “slide” che per il modello “ambiente”. E dunque se una differenza c’è – e certamente c’è – sarà una differenza di grado.
Iniziamo con Nielsen ed evidenziamo come nel suo modello concettuale di usabilità dei siti Web – come già detto – tutto si tiene: tempi di risposta (celerità); progettazione dei contenuti (frammentazione); Graphic Design minimalista; avversione per le animazioni; critica senza appello a software portatori di cinetismo e fluidità (Flash).
A questo punto si può azzardare una tesi, e cioè che il designer che segue questi precetti (guidelines) – per configurare un’interfaccia Web, e che di conseguenza adotta un software come l’HTML – creerà inevitabilmente un’interfaccia avente una forma (gestalt) imperniata sui seguenti “tratti”: celerità, frammentazione, graphic design minimalista (less is more), staticità.
Ora, tenendo presente che “la percezione non è mai monosensoriale e che la sfera sensoriale è profondamente e dinamicamente interrelata e coesa”, la sfera sensoriale dell’individuo umano (user-navigator) in interazione con un’interfaccia del genere subisce una forte “violenza”: il senso della vista, in questo tipo di interfaccia, non solo subordina a sé tutti gli altri sensi, ma tende ad an-estetizzarli.
Per confermare quanto detto,di seguito elencheremo i tratti essenziali della vista:
– Tipo di stimolazione: immateriale
– Natura dell’informazione: onde luminose (elettromagnetiche)
– Tipo di senso: elettromagnetico
– Vettore della informazione: luce
– Prossemica: distanza
Dunque, se la Web experience ci avverte, tra l’altro, che in una sessione di navigazione nel nostro corpo si scatenano tempeste di sensazioni enterocettive, senza riscontro esterocettivo (per esempio i gesti, come il ritmico contrarre delle mascelle, che viene indotto in noi dopo una sessione di navigazione di circa 2 ore),
le guidelines di Web design che tendono a “rompere” il nostro continuum coeso e interrelato della nostra “cara” sfera sensoriale, tutto possono essere tranne che orientate all’utente. Infatti, ribadiamolo, l’attante-individuo umano (navigator) non è solo un essere cognitivo, pragmatico ma anche, e soprattutto, un “corpo” sinestesico.
Il paradigma “ambiente”, invece – non ripeteremo qui i precetti di questo modello (si veda sopra) – tiene presente ciò, e anzi lo pone al centro della sua precettistica; tant’è vero che questo modello potrebbe essere rinominato ,opportunamente, “Web design multimodale” (sinestesico).
Infatti la metafora concettuale corretta per il paradigma “ambiente” sarà un evento-luogo non lineare (gli ambienti interattivi proposti dall’Arte Cinetica ad esempio) e non la fruizione di un programma di slide (diapositive).
E di conseguenza, nonostante in questo tipo di interfacce Web (ambienti virtuali quadridimensionali-spaziotemporali) il senso predominante sarà comunque la vista, gli altri sensi saranno (e lo sono già; si navighi ad esempio tra il sito) sempre più “azionati”, estetizzati.
Infatti questi siti “teorizzati” dal paradigma “ambiente” e molti già in atto, sono degli “ambienti” continui (one page site) dotati del numero indispensabile di snodi ipertestuali. Questo comporterà che il Graphic Design non possa più restare confinato nella dimensione grafica, ma divenire multimodale (sinestesico); per esempio le icone non dovranno essere semplicemente “oggetti” grafici; per meglio dire entreranno in campo icone auditive (earcon) e icone mobili (kynicon), e più in generale ci sarà bisogno di suoni e rumori d’accompagnamento.
Ora non scordandoci quanto detto più sopra in relazione al sito Web in quanto opera aperta (apertura fattuale e/o materiale). I sempre più numerosi siti configurati in modo multimodale miglioreranno di molto la qualità della Web experience (di interarige con l’interfaccia Web).
Chiariamo meglio con Anceschi:
“[…] Si tratterà […] di costruire e di attivare dei dispositivi anaforici virtuali nei confronti del fruitore che potranno manifestare (e mescolare) diverse forme di quella peculiarità dell’ interazione che abbiamo definito apertura. All’apertura insita nella struttura del medium tecnologico che può dunque provocare un cambiamento istantaneo e complessivo di scena con un clic (ipertestualità informatica) si potrà intrecciare l’apertura propria invece della possibilità di vagare – per interposto mouse – insita nel concetto di visita esplorativa (ipertestualità naturale). A questi tipi di apertura si affiancherà la possibilità di agire intenzionalmente sugli eventuali attori – e fra gli attori della scena espositiva vanno annoverati ovviamente gli attori testuali, scrittori e tipografi – di spostare o trasformare gli attrezzi di scena ed eventualmente di modificare quinte e sfondi. Ciascuno di questi elementi ovviamente può essere a sua volta animato. Banner, finestre e barre di navigazione, bottoni e icone, e quant’altro possono quando sia sensato entrare ed uscire di scena anche indipendentemente dalla volontà del fruitore: si potranno verificare cambiamenti di scena a vista.2.
Ritornando a noi, possiamo definire il paradigma “ambiente” sequenziale e multimodale e per questo il più adeguato all’interazione interfaccia Web navigator. E così, ribaltando la dicotomia avanzata da Nielsen ed epigoni tra l’ideale artistico della libera espressione di sé e l’ideale progettistico di risolvere un problema per qualcuno, potremmo (caricaturando un po’ la cosa) respingere Nielsen & Co. al polo della cosiddetta “creatività” ed accusarli di essere artistoidi, ovvero di seguire il principio della frammentazione concitata (e, per quanto concerne l’aspetto estesico della Web experience, di essere propugnatori di un’estetica che tende alla monosensorialià). Così come loro incastonano indebitamente (ideologicamente) tutti i designer che utilizzano software “portatori” di cinetismo (Flash) al polo della libera espressione di sé.
NOTE
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