Web Experience
Si avrà a che fare col Web design orientato all’utente. E coerentemente chi teorizza design usabile per valutare il proprio approccio alla creazione (configurazione) di interfacce Web usabili mette al primo posto nell’interazione utente macchina quello che abbiamo definito individuo umano, o meglio la qualità della sua fruizione
dei siti Web.
E’ interessante a questo punto far notare come ad approcci differenti di design dell’interfaccia Web corrispondano approcci opposti per verificare la qualità dell’interazione Web navigator (Web experience): Nielsen, che come vedremo detta delle guidelines (precetti) per la progettazione di interfacce Web che incorporano in sé le teorie delle scienze cognitive (psicologia cognitiva), farà costante riferimento ai cosiddetti test di usabilità1 – si invita l’utente a compilare appositi moduli di feedback, ovvero lo si pone in una situazione da “laboratorio” con l’inevitabile conseguenza di decontestualizzare l’interazione utenteWeb – finendo così col ridurre l’utente (l’individuo umano) a puro soggetto cognitivo trascurando per es. la propria dimensione simbolica, “passionale”ed estesica-corporale2.
Anceschi pone anch’egli al centro dell’attenzione l’utente (user) ma la sua descrizione della Web experience poggia su un’altra metodologia, che potremmo definire “etnografica”. Anche se, implicitamente, Anceschi si comporta come un antropologo sul campo.
Chiariamo meglio: si è visto che per teorizzare un Web design usabile bisogna partire assolutamente da una descrizione di quella che in HCI viene denominata Web experience; bisogna subito aggiungere però che nell’interazione tra “individuo tecnico” (interfaccia Web) e “individuo umano” (user) – senza perdere di vista mai la natura bidirezionale (interattiva) di questo dialogo – l’attenzione va incentrata sull’utente. Dunque tornando a noi, in che senso Anceschi fa “etnografia” della Web experience?
Servendoci ancora una volta di quella che in semiotica si chiama teoria degli attanti, possiamo rilevare che: uno stesso “individuo” (nel nostro caso Anceschi) può ricoprire diversi ruoli a seconda della posizione che occupa e del valore attribuito a quest’ultima. Andando nel concreto, Anceschi si comporta sia come user (navigator), sia come scienziato (etnografo) della Web experience. A questo punto si potrebbe obiettare che la rilevazione (descrizione) della Web experience offerta da Anceschi (che vedremo fra poco) sia priva di scientificità; nel senso che la sua non sia se non che la sua esperienza di utente del Web estesa all’utente in generale. In sintesi, che Anceschi si confonda col suo oggetto d’analisi – rischio sempre in agguato in etnografia.
Sgombrando ogni dubbio, Anceschi è buon “etnografo”; nella descrizione della propria sessione di navigazione Anceschi ne rileva i tratti generalizzabili a qualsiasi utente, mettendo, cioè, da parte la sua esperienza strettamente individuale3. Ancora si potrebbe accusare Anceschi (e quelli come lui) di narcisismo: perché non rilevare la Web experience di un altro navigator mettendosi per così dire in una posizione defilata, più favorevole ad una buona rilevazione? Ebbene non solo a questa eventuale obiezione si potrebbe rispondere che l’atteggiamento in prima persona (da etnografo di campo) è leggitimo, ma che anzi è il miglior approccio per rendere comunicabile (per descrivere) quella che è la Web experience di qualsiasi navigator (user).
Il perché è semplice: l’interazione navigator interfaccia Web è un interazione a due (è un “dialogo”); non è un caso che il medium (il più utilizzato) che permette la visualizzazione-interazione col Web venga aggettivato come “personal” (PC). L’interazione col Web è molto più simile in questo senso alla fruizione (ad esempio) di un libro che a quella della TV. In parole povere, è la natura stessa dell’interfaccia in questione che richiede una certa metodologia (un certo approccio) per poter essere compresa nella sua specificità.
Ora, la metodologia (etnografica) utilizzata per descrivere la Web experience da Anceschi, poggia su criteri di scientificità, così come il metodo adottato da Nielsen (“test cognitivi”). Ma mentre l’approccio cognitivista tende a ridurre l’utente a puro soggetto cognitivo, appunto, il metodo etnografico rende “giustizia” della complessità dell’individuo umano (user-navigator).
A questo punto si può prendere posizione dicendo che:un Web design rivolto all’utente (usabile) deve considerare il navigator come un attante-fruitore multimodale e non solo ed esclusivamente un soggetto dotato di competenze cognitive. Ed è per questo che noi riteniamo che la disanima della Web experience offerta da Anceschi sia quella da prendere in considerazione per un Web design usabile, o, se si vuole, semplicemente “efficace”. Di seguito non faremo altro che riportare i risultati di questa rilevazione nel nostro discorso, confrontandoli con la prospettiva di Nielsen. Poi, più avanti, si vedrà che questa differenza di approcci – o meglio, la differente identità attribuita al concetto di Web experience, che ne deriva – sarà legata a filo doppio a due diversi paradigmi di Web design usabile: che defineremo, rispettivamente – seguendo ancora una volta Anceschi – modello “slide” e modello “ambiente”4.
Vediamole più da vicino le caratteristiche di questo particolare rapporto mediatico che si mette in atto sul Web (Web experience).
Nel contatto (protesico) con l’interfaccia Web, tra sito Web e navigator si verifica uno scarto (gap), ovvero:
– I siti che agiscono come pseudo-soggetti o come interfacce di soggetti, e che sono comunque dispositivi reattivi, sembra che succhino più energia di quanto non compensino in informazione.
– Nel contatto protesico […] con l’ipermedia della rete (nel sito) si ha la sensazione che resti sempre depositato un resto di informazione, un qualcosa di più compiuto […], che non abbiamo potuto cogliere, recepire (ma neanche downloadare). Insomma qualcosa che non è fruito, mentre lo sforzo per arrivarci l’abbiamo fatto
– […] Nella labilità del virtuale immagini e testi sembrano appiattirsi nella sostanza filmare di un materiale da importare la cui vera lettura e interpretazione è sempre rimandata.
E ancora:
– […] nel post-Web (dopo che ci si è disconessi) la stanchezza del corpo è, per così dire, in negativo. E’ la fatica contratta di gesti repressi, di movimenti abortiti.
[…] E’ un viaggiare senza viaggiare, […] in un frenetico susseguirsi si inquadrature (schermate – “slide” – pagine Web).
– […] Nel Web, nel virtuale che diventa attuale senza mai diventare fattuale, i gesti come il ritmico contrarre delle mascelle che viene indotto in noi […] sono la norma. Nel nostro corpo si scatenano tempeste di sensazioni […] enterocettive, senza riscontro esterocettivo […] che non sono minimamente motivate, nemmeno dal contesto semantico. Le pagine Web si realizzano in un succedersi troppo istantaneo per essere altro che immotivato.
– Lo sforzo è quello di mantenere in vita la continuità ([…] del viaggio), in un mutamento continuo. Come testimonia l’eterna riflessione sul perdersi in rete, malgrado l’impiego da parte dei Web designer di tutto un armamentario di banner, barre di navigazione, segnaletiche, e altro, non è mai davvero certo se cliccando si
valicheranno i confini del sito e se ci si trasferirà irrimediabilmente in un altrove.
Ma non si tratta soltanto di un perdersi cognitivo dentro a una situazione dinamica, […] il Web è una successione di ambienti la cui tappezzeria e il cui arredamento sono sempre diversi.
– Cliccando andiamo incontro a una sequenza di apparizioni, con nessi fra loro che possono essere logici o illogici, è del tutto indifferente. In ogni caso la nuova apparizione è ineluttabile. Ma ciò avviene senza che vi sia la minima cura per la percezione e per le condizioni di ricezione.
[…] In una sessione di navigazione […] sono centinaia le esplosioni percettive che patiamo dentro a un tempo comunque limitato.
– […] Qui si tratta di una radicale assenza di cura per le transizioni5.
Ora, se i tratti costitutivi della Web experience sono questi (come noi riteniamo che sia), il Web design che si prefigge di essere usabile (orientato all’utente) non può fare assolutamente a meno di tenerli, per così dire, “a portata di mano” nel suo ideare, configurare siti Web.
NOTE
Comments are closed