Interfaccia Web: definizione
Innanzitutto l’interfaccia web è una Graphical User Interface (GUI); per descrivere le caratteristiche principali di quest’ultima prenderemo come punto di riferimento i tratti distintivi dell’interfaccia grafica dello Star, cioè della Personal Workstation inventata allo Xerox Parc di Palo Alto nel 1981, che sono i seguenti:
– la direct manipulation (DM) e i suoi presupposti teorici;
– l’introduzione del concetto di finestra e le sue implicazioni per l’interazione;
– l’utilizzo della rappresentazione visiva degli oggetti e dei concetti1.
Chiarito quanto sopra,ora bisogna cercare di descrivere -seppur sommariamente- il significato generale del termine (dell’”oggetto”) interfaccia. “… l’interfaccia è il luogo dell’interazione… è nell’interfaccia che hanno
luogo le interazioni”.2 Il termine interfaccia può essere definito a partire da differenti e/o convergenti ambiti disciplinari: Ergonomia Cognitiva, Human Computer Interaction, Graphic Design, Semiotica, ecc.
Noi “guarderemo” l’oggetto interfaccia da una prospettiva semiotica (scienza della comunicazione / significazione); a partire da quella disciplina che più specificamente G. Anceschi nel suo diagramma esemplificativo definisce semiotica dell’interazione3.
L’interfaccia è la relazione tra due attanti; un attante soggetto e un attante oggetto, che non sono tali a priori, ma un attante sarà oggetto quando subisce un’azione e/o un’informazione e soggetto quando effettua-emette l’azione e/o l’informazione. Questa transizione di informazioni-azioni non va intesa, quindi, in semplici termini comunicativi, ma va vista da un’ottica trasformativa, cioè a come l’interazione soggetto oggetto generi delle modificazioni di stato e non unicamente (semplicemente) passaggio informazionale4.
Per quanto concerne più nello specifico l’oggetto interfaccia va aggiunto, ancora, che questi mutamenti di stato non sono solo cognitivi, pragmatici, ma anche e soprattutto estesici (percettivi-corporali-materiali). Ed è proprio a partire da quest’aspetto (percettivo-estesico) dell’oggetto interfaccia possiamo iniziare ad indicare un tratto distintivo dell’interfaccia (GUI) web: quello di appartenere al corpus delle interfacce elettroniche, ovvero, a quella famiglia di artefatti dove i feedback diretti e fisici non sono percepibili, perché gli spostamenti di materia sono infinitesimali se non inesistenti5.
Ora torniamo alla relazione utente macchina gurdandola più o meno dal punto di vista della HCI (Human Computer Interaction). Nel nostro caso si potrebbe pensare in modo superficiale che il soggetto dell’interazione (ricordiamo che per esserci interazione- gli attanti in gioco devono essere almeno due) corrisponda all’uomo e che la macchina (il computer) sia sempre l’oggetto. In realtà il ricorso alla teoria degli attanti ci mostra che: il PC essendo costituito da periferiche di input (la tastiera, il mouse…) e di output (display, i diffusori audio…) lo rende anche soggetto.
Per meglio dire, il monitor è un dispositivo di interfacciamento destinato ai ricettori visivi del corpo umano (gli occhi) che visualizza per esempio grazie al browser pagine web destinate all’utente che in questo modo (essendo cioè attante che subisce un’azione) pur essendo essere biologico non è soggetto ma oggetto. Di converso, il dispositivo tecnico (il computer) è oggetto quando l’attante-uomo immette dati tramite la tastiera che è un dispositivo di interfacciamento relativo agli effettori (le dita).
Detto questo che è essenziale per comprendere la natura interattiva, quasi osmotica del “dialogo” tra utente (navigator) e macchina (interfaccia web), bisogna considerare alcune differenze costitutive (figurative) dei due attanti interagenti.
Innanzitutto uno dei due attanti in “dialogo” deve essere un individuo umano (un organismo umano) e l’altro un individuo tecnico (un organismo tecnico).
Dalla natura relazionale (interazionale) tra individuo umano e individuo tecnico viene fuori che qualsiasi interfaccia (e dunque anche l’interfaccia web) non è un a priori ma è un “testo” (un segno), e che si costituisce solo nel momento in cui i due attanti entrano in relazione reciproca; ciò non toglie ovviamente che costituitasi all’atto dell’interazione essa sia percettivamente pregnante (un corpo), sia un quasi-soggetto. Anzi è proprio la dimensione estesica6, come vedremo, ad essere fondamentale per il buon esito dell’interazione (navigazione) dell’utente (navigator) con l’interfaccia web. Dunque di ciò bisogna tener presente quando si realizzano siti web-pagine web se si vuole che il graphic design sia rivolto all’utente (alla qualità della navigazione web), insomma se il fine è quello di costruire interfacce web usabili. Ma questo non è tutto, anzi siamo ancora all’inizio.
A questo punto almeno due cose devono essere precisate:
1) parlando di computer si riferiremo solo al PC (il più diffuso tra i computer) e non ad altre tipologie di piattaforme (palmtop, PDA, UMTS), e di conseguenza il discorso sul web design che ci accingeremo a svolgere non terrà conto di questa varietà di dispositivi (confidando nel miglioramento della tecnologia e tenendo presente la loro sempre più stretta omologazione che si viene profilando);
2) qui il PC viene inteso come “meta-medium in grado di simulare gli altri” media; esso assume,cioè, il ruolo di medium multimodale: che può sfruttare e orchestrare contemporaneamente canali di comunicazione differenti ed avendo – per questo – la potenzialità di veicolare e/o creare simulazione sinestesica, adeguata (nell’interazione uomo macchina) alla complessità fisica (corporale-estesica) e cognitiva dell’interlocutore umano (user)7
Abbiamo descritto alcuni connotati validi per il concetto di interfaccia in generale, accennando solo ad alcuni aspetti propri dell’interfaccia web passando prima per il concetto ti interfaccia elettronica in generale; si sono delineate, ancora, alcune caratteristiche comuni alle interfacce del computer, o meglio solo del Personal Computer.
Ricordandoci che stiamo tentando di dare una descrizione dell’identità dell’interfaccia (GUI) web,dobbiamo approfondire le cose già dette ed esplicitarne altre di più stretta pertinenza al nostro oggetto d’analisi.
Iniziamo con una distinzione minimale ma fondamentale: esistono interfacce del fare e interfacce del sapere. In ogni interfaccia sono co-presenti in potenza un fare e un sapere; dunque è solo la gerarchizzazione di queste due modalità universali a distinguere l’interfaccia in due categorie. Siamo in presenza di un’interfaccia del fare quando il sapere è subordinato al fare (per esempio l’interazione pilota automobile) mentre si definisce interfaccia (interazione) del sapere un’interfaccia dove un fare (che può essere: cognitivo, pragmatico, estesico…) è finalizzato ad un sapere (per esempio l’enciclopedia). L’interfaccia web (la schermata, la pagina, il sito web) appartiene a quest’ultima categoria, è un interfaccia del sapere, appunto.
Un altro tratto caratterizzante l’interfaccia web è la sua natura ipertestuale. Ma questo tratto non ancora le dà identità, infatti già prima dell’invenzione dell’elettronica è nata un’interfaccia del genere: l’enciclopedia. Quindi può risultare utile mettere in parallelo le due protesi (l’interfaccia è sempre ed anche una estensione-prolungamento del nostro corpo, dei nostri sensi): L’enciclopedia non è soltanto una macchina per il sapere dotata di interfaccia per la fruizione, ma è basata su una struttura ipertestuale. L’enciclopedia è un ipertesto che ‘gira’ su un codex (la rilegatura) invece che su un PC (un sistema operativo). Si noti bene che la movimentazione fornita nel caso dell’ipertesto dalla macchina che sta sotto, intesa come sistema di programma (software), ma anche come insieme di chip, motorini, ecc. (hardware), è fornita dal corpo dell’utilizzatore. Il lettore dell’enciclopedia è un utente che naviga in un sapere articolato in voci (menu),ma lungo il suo percorso di lettura sono disseminati i rimandi (link), che rappresentano via via una serie di opzioni, per cui il suo è un procedere per salti (non-lineare), ogni volta che attiva il passaggio a un’altra voce. A un lemma che è di per sé autonomo, ma che può essere rifunzionalizzato come approfondimento. Anche nella lettura del più lineare dei romanzi si può saltare, ma l’enciclopedia è strutturata a tal fine: i ponti, cioè i rimandi (link) ne rappresentano il traliccio8.
E ancora P. L. Capucci:
“Nei documenti cartacei, per esempio (un testo scritto, una fotografia, un disegno, una stampa…), le informazioni sono scritte, stampate o fissate su un supporto, un foglio di carta, e si spostano insieme ad esso. Da sempre il supporto (ciò che porta le informazioni, nell’accezione latina di contenerle e insieme presentarle) ha avuto due funzioni compresenti e inseparabili, solo logicamente distinguibili: contenere e insieme mostrare, trasportare e nel contempo presentare, le informazioni. Nei documenti cartacei queste due funzioni sono svolte da un unico supporto: il foglio di carta. Nei media moderni e contemporanei, tuttavia, a compiere le due funzioni sono due supporti, distinti e separati, uno per ognuna di esse: c’è un supporto visualizzatore, con la funzione di mostrare le informazioni, e un supporto contenitore, con la funzione di contenere e conservare la codificazione di quelle informazioni. Il foglio di carta svolge entrambe le funzioni, o, se vogliamo, i due supporti fisici coincidono nello stesso supporto.
Nel cinema, nel video e nel computer, invece, questa coincidenza non esiste più: i dati risiedono su supporti contenitori (la pellicola, la banda magnetica, l’hard disk) che sono diversi e fisicamente separati da quelli visualizzatori su cui i dati vengono fruiti (lo schermo cinematografico, quello catodico).
Poiché questi supporti sono fisicamente separati, possono trovarsi anche in luoghi remoti, basta che siano compatibili tra loro e collegati in modo tale da consentire il passaggio delle informazioni. Nelle reti (televisive, telematiche) il supporto di visualizzazione (in genere lo schermo catodico) e quello che contiene i dati (il nastro magnetico, l’hard disk del computer remoto, il server via cavo o via etere) possono essere in continenti diversi. L’importante è che esista compatibilità tra il formato delle informazioni e i sistemi e i protocolli di codifica e decodifica lungo il percorso da un supporto all’altro, anche attraverso canali di tipo diverso. Che questi sistemi sappiano riconoscere, gestire e presentare correttamente queste informazioni. E, naturalmente, che vi sia energia per compiere questo tragitto.
A differenza della pagina di carta, dunque, dove l’informazione è inseparabile dall’ oggettualità fisica del supporto che la contiene, così che per essere trasportata e visualizzata (comunicata) si deve trasportare anche quest’ultimo, nei media telematici e di telecomunicazione l’informazione può viaggiare, codificata in impulsi elettrici o elettromagnetici, da almeno un supporto contenitore a un numero anche molto grande di supporti visualizzatori remoti, dove viene decodificata e restituita in forma di comunicazione sensorialmente e significativamente riconoscibile. Per questo, senza il peso e l’inerzia del supporto da portare con sé, può surclassare la velocità delle persone e delle cose, e consentire una comunicazione remota in tempo reale. Se questa comunicazione è in formato digitale, può essere facilmente condivisa, discussa, manipolata, archiviata, stampata, nuovamente immessa in rete… in una catena teoricamente senza fine.”9
Dunque si può tentare di sintetizzare dicendo che la differenza principale tra l’ ipertesto-enciclopedia e l’ipertesto-web consiste nella differente maniera di “supportare” il sapere-informazione; nell’enciclopedia il sapere-informazione può essere fruito-sfogliato (browsing) grazie alla rilegatura (codex), mentre nel web il sapere-informazione può essere esplorato (browsing) tramite il sistema operativo (codice binario-supporto digitale). Poi c’è da aggiungere che nel caso dell’enciclopedia l’atto dello sfogliare (to browse) gli “schedari” rilegati richiede una forma di movimentazione muscolare/percettiva, mentre nel web si “sfogliano” pagine web-schermate (schedari) tramite una forma di movimentazione elettronica.
Ora, per quanto possa apparire azzardato, c’è da rilevare un’altra continuità tra le due interfacce, infatti, nonostante le tecnologie digitali (basate su codice binario) abbiano permesso la possibilità di creare documenti multimediali, ovvero documenti in cui testo, immagini statiche e dinamiche, video, suono interagiscono su un medesimo supporto (per es. CD-ROM, Web), nella fruizione-interazione dell’ipertesto digitale e multimediale (dell’hypermedia) il senso predominante resta ancora la vista.
Ora, evidenziando alcune differenze tra l’hypermedia su CD-ROM e l’hypermedia sul Web, lasceremo emergere alcuni connotati specifici dell’ interfaccia Web. Il World Wide Web è un sistema di servers http (Hyper Text Transfer Protocol ) che supporta-distribuisce documenti formattati in HTML (Hyper Text Markup Language) il cui reticolo non-lineare è costituito da collegamenti-rimandi (links) che connettono tra loro un numero enorme di documenti multimediali (file testuali, grafici, audio e video) denominati nodi. Sui CD-ROM (memorie di massa ottiche ad alta capacità) possono essere memorizzati documenti ipermediali che occupano file di grandi dimensioni (file video per esempio) senza scontrarsi, inoltre, contro i limiti di trasmissione dati con cui deve invece fare i conti il Web.
Si può asserire semplicisticamente che l’hypermedia memorizzato su CD-ROM è di ottima qualità rispetto all’Hypermedia on-line; ovviamente sul Web la quantità di documenti multimediali disponibile (i nodi) è imparagonabile a qualsiasi altro “supporto”; allo stesso modo il numero dei link permette una fruizione-interazione dei documenti estremamente “aperta”.
Altra caratteristica costitutiva dell’hypermedia è l’interattività; vediamo più nello specifico il modo in cui il Web manifesta questo tratto fondamentale: “La navigazione esplorativa nel web è […] una sessione […] più che […] un’azione scenica lineare, la sessione è un happening […], in quanto il cibernauta non è uno spettatore passivo ma un utente interattivo, un cooperante, spesso un coautore”10 (e questo vale più o meno anche per la fruizione da CD-ROM). Ma ecco emergere lo specifico dell’interazione con l’interfaccia (ipermediale) Web: “Le transizioni (nel Web) sono sempre transizioni aperte (non nel senso cognitivo e interpretativo di opera aperta di Eco, ma in un senso molto più fattuale se non addirittura materiale): cliccando, sai come parti ma (a differenza dell’hypermedia su CD-ROM) non sai mai come si configura il terreno di atterraggio. E quindi […] nemmeno il carattere evenemenziale dell’happening garantisce una compiuta modellizzazione di quello che è un sito per un suo visitatore. Un evento […] ha infatti un inizio e una fine.
E c’è forse un esempio […] il quale potrebbe funzionare quasi perfettamente per il sito Web, nel senso che restituisce quel particolare carattere proprio di ogni sito nel senso di essere […] ‘trappola pronta a scattare se stimolata dall’interazione’. E questi esempi […] sono gli ambienti reattivi proposti nei lontani anni ’60 dal movimento dell’Arte cinetica e programmata, prima di tutto con le realizzazioni del Gruppo T […] e poi con quelle del Groupe de Recherche d’Art Visuel di Parigi.11.
NOTE
- Ibid., p. 73. [↩]
- G. Anceschi (a cura di), Il progetto delle interfacce, Milano, Domus Academy, 1993, p. 40. [↩]
- Ibid., p. 5. [↩]
- F. Marsciani, A. Zinna, “Il modello attanziale”, in, Elementi di semiotica generativa, Bologna, Esculapio, 1991, p. 65. [↩]
- G. Anceschi, “La fatica del Web”, Il Verri, n° 16, Maggio 2001, p. 37. [↩]
- P. Fabbri, “Corpo e interazione”, in La svolta semiotica, Bari, Laterza, 1998, p. 73. [↩]
- L. Bollini, “Multimodalità vs. multimedialità”, Il Verri, N° 16, Maggio 2001, p. 147. [↩]
- G. Anceschi, Il progetto delle interfacce, cit., p. 18. [↩]
- P. L. Capucci, “Tecnologie del vivente”, in M. Morcellini, M. Sorice (a cura di), Futuri immaginari, Roma, Logica University Press, 1998, pp. 30-33. Parte del testo è anche in P. L. Capucci, “L’accelerazione delle informazioni”, Materiali di supporto al Corso, Università di Bologna, sito Web del MUSPE. [↩]
- G. Anceschi, “La fatica del Web”, cit., p. 31. [↩]
- Ibid., p. 32. [↩]
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