Massachusetts Institute of Tecnology: Holovideo
“Holovideo”, Massachussetts Institute of Tecnology, Cambridge (MA), Stati Uniti.
Gli studi sull’olografia al MIT si realizzano dentro il dipartimento del Media Lab, dal gruppo di ricerca Spatial Imaging Group, diretto da Steven Benton. Il SIG sviluppa nuove tecnologie e interfacce per sistemi 3-D di alta qualità. La loro investigazione include olografia in supporto rigido, video olografico, interazione spaziale, generazione veloce di immagini per sistemi 3D e sistemi ottico-speculari autosteroscopici.
Il loro progetto di olografia dinamica è un modello di video olografico o olografia elettronica chiamato Holovideo. E’ un sistema di generazione di immagini in tempo reale che possa leggere e proiettare ologrammi generati dal computer quasi a frequenza video. Il nuovo campo tecnico di olografia elettrica o elettrotipia-olografia è essenzialmente l’unione fra olografia e tecnologie di calcolo digitali.
Gli ologrammi generati dal computer esistono dai primi anni 70, però la grande quantità d’informazione dell’immagine che contengono rende la sua computazione difficile e lenta. Nel 1989 lo Spatial Imaging Group annunciò che aveva ricostruito un piccolo ologramma generato dal computer, mostrando tutte le indicazioni visive di profondità che si attendono da ologrammi prodotti fotograficamente (compresa la parallasse orizzontale ma escludendo il parallasse verticale). L’originalità di questo processo rispetto ai tradizionali tentativi olografici generati dal computer fu l’interazione in tempo reale dell’utente con il sistema. La visualizzazione potrebbe essere cambiata o riprodotta da un punto di vista differente fondamentalmente per due ragioni:
1- Un computer ospite costruisce il modello tridimensionale della scena da visualizzare come si presenterebbe normalmente su un programma di grafica, o più recentemente, su PC o i videogiocchi. Tuttavia, anziché essere una vista della scena calcolata e disegnata per una visualizzazione bidimensionale, l’informazione è usata per costruire le frange d’interferenza dell’ologramma. Questo processo di calcolo è lungo ed intensivo perché deve simulare i processi diffrattivi che si presenterebbero naturalmente nella produzione ottica di una lastra olografica. Questa novità si deve agli sviluppi della capacità di calcolo dei computer attuali e a varie tecniche che si sono usate per ridurre la quantità di informazioni ad una dimensione trattabile. L’eliminazione della parallasse verticale ha fornito un grande risparmio nella complessità del sistema e nei requisiti di calcolo senza compromettere notevolmente le prestazioni generali del modello.
2- L’Holovideo incorpora un modulatore acustico-ottico per disporre le righe delle frange olografiche.Questa incorporazione si deve allo sviluppo dei Modulatori Spaziali di Luce (SLM), come il Modulatore Acustico-Ottico usato al MIT. Un SLM è un dispositivo che fornisce controllo spaziale di un raggio di luce, sia elettronicamente sia per mezzo di un altro raggio di luce. Tali dispositivi modellano un fronte d’onda di luce nel quale può venire disposta informazione. I sistemi Holovideo funzionano disponendo informazioni sul SLM, e così cambiando la funzione del sistema ottico, o sostituendo il mezzo fotografico usato nell’olografia fissa.
Lo Spatial Imaging Group lavora attualmente su due prototipi di sistemi holovideo, chiamati Mark-I e Mark-II.
Sistema Mark-I
Il sistema Mark-I è capace di produrre immagini a pieno colore di 25x25x25 mm con una zona di visione di 15° e con una frequenza di 20 frames per secondo. L’ologramma generato dal computer, un’immagine sintetica o basata su di una scena, è convertita rapidamente in tre serie di frange (fringe pattern) come allineamento di campioni (samples) o pixels, ognuno di 32K. Sono tre serie perché c’è un fascio per ogni colore primario, e ciascuna di queste serie di frange è di 6 Mb di grandezza. L’immagine olografica è generata usando un Modulatore Ottico-Acustico (Acoustic Optic Modulator – AOM) di diossido di tellurio con tre canali. Da ogni canale dell’AOM si invia una delle tre serie di frange per modulare la luce rossa, quella verde e quella blu rispettivamente. I tre fronti di onda risultanti si combinano usando un elemento ottico olografico (Holographic Optical Element – HOE), per produrre una linea orizzontale dell’immagine. Dal momento in cui le “serie di frange olografiche” (holographic fringe pattern) nel AOM si muovono, uno specchio di scanning orizzontale (un poligono ruotante di 18 lati) è usato per scannerizzare la linea orizzontale risultante e fare apparire ferma l’immagine. Si usa anche uno specchio di scanning verticale per produrre le 64 linee (hololines) per colore, cioè la risoluzione video, che riempiono l’immagine.
Sistema Mark-II
Il sistema Mark-II proporziona immagini rosse di 150x75x150 mm con una zona di visione di 36° e con una frequenza di circa 2,5 frames per secondo. Il fatto che abbia immagini di maggiore grandezza, e quindi anche con maggiori informazioni, rendeva necessario un importante risparmio di tempo nel processo di computazione dell’immagine. Lo studente e ricercatore Mark Lucente ha sviluppato per questo modello un metodo specifico di computazione di frange di diffrazione basato sulla scomposizione dell’immagine olografica in file di elementi olografici chiamati hogels. Infatti, la strategia di disegno per il sistema di holovideo Mark-II è sfruttare il parallelismo ovunque sia possibile, sia ottico che elettronico, in tutti gli stadi del processo. Invece di lavorare su un solo canale elettronico e con un’unica banda d’onda di 36 Mb per varie volte, si avviano 18 sistemi di 2 Mb ciascuno operanti in modo parallelo e sincronizzati in maniera molto precisa. Il Mark-II ha due AOM, ognuno con 18 canali, dove si modulano rispettivamente i 18 fasci. Quindi ogni AOM proporziona 18 linee di immagine. Queste linee provenienti da ogni AOM sono linee incrociate della stessa immagine. Ci sono sei specchi orizzontali che scannerizzano da sinistra a destra le 18 linee proporzionate da un AOM, e da destra a sinistra le 18 linee proporzionate dall’altro AOM. Gli specchi-scanner sono settati sulla velocità di ogni AOM, in modo che la serie di diffrazione appaia stazionaria (ferma). L’immagine risoltante è di 144 linee olografiche o hololines che si rimettono insieme su un unico schermo di diossido di tellurio. Per controllare tutto questo processo, dove finalmente ogni linea di video è di 256 Kb e ogni frame contiene un’informazione di 36 Mb, si è dovuto riadattare il sistema Cheops, il sistema di processamento di immagini del Media Lab.
Applicazioni e futuro
L’orientamento degli studi eseguiti al MIT è più focalizzato sul campo industriale (come la proiezione di modelli e prototipi senza doverli costruire) o quello della medicina (visualizzazioni, telemedicina…). Tuttavia, lo sviluppo completo di un modello di video olografico sarebbe un complemento molto interessante ad applicazioni popolari come la televisione, i computers, i videogiochi, ecc…
I ricercatori del MIT continuano a lavorare nel perfezionamento di questi due modelli. Il ricercatore Pierre St.Hillaire sta sviluppando attualmente un nuovo elemento ottico olografico (HOL) che ampierebbe il campo di visione senza cambiare l’elettronica utilizzata nell’aumentare la complessità del sistema. Al Media Lab, lo Spatial Imaging Group cerca metodi per ingrandire la scala del sistema, per ridurre il tempo di computazione e per minimizzare la quantità di informazioni richieste per trasmettere le immagini olografiche.
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