Introduzione
Gli ologrammi sono stati tipicamente immagini tridimensionali fisse, infatti per fare la registrazione d’un olograma originale si richiede di solito che l’oggetto da riprodurre sia tenuto con molta stabilità e con calma per un periodo di tempo. Inoltre, ci sono limitazioni severe sul formato degli oggetti che possono essere “olografati”. Tuttavia da molto tempo si è riconosciuto che un display tridimensionale dinamico sarebbe uno strumento necessario molto utile in tantissime discipline più o meno relazionate con l’interazione, come la telepresenza, la teleformazione, la telemedicina, l’architettura, l’ingegneria… ma anche le tecnologie dell’informazione e dell’intrattenimento, come il cinema, la televisione, i videogiochi…
Il successo di questa interazione si basa sul fare realistico l’ambiente con cui l’utente si interagisce. Un display tridimensionale dinamico deve permettere allo spettatore percepire efficientemente ed esattamente, come in qualsiasi ologramma, sia la figura 3-D dell’ oggetto che la sua posizione spaziale ma anche di cambiare continuamente la sua posizione o forma.
La percezione della tridimensionalità si basa sul principio che i nostri occhi sono distanziati orizzontalmente e quindi vediamo sempre il mondo da due differenti punti di vista. Per quello i sistemi tridimensionali, anche quelli dinamici, devono proiettare un’immagine un po’ diversa ad ogni occhio. Secondo il modo in cui proiettano questa diversità i sistemi 3-D si potrebbero dividere in due categorie generali:
Stereoscopici, quelli che richiedono di altri atrezzi per distinguere le informazioni destinate ad ogni occhio, sia in un modo passivo, come occhiali di vetri colorati o polarizzati ortogonalmente, sia in un modo attivo, con schermi speciali, sensori sulla testa, ecc..
Autostereoscopici, quelli che non hanno bisogno di altri elementi di aiuto, e che si vedono in un modo “naturale”, come gli autostereogrammi. Logicamente questi ultimi sarebbero preferibili nella maggior parte delle situazioni, particolarmente se nella visualizzazione ci sono utenti simultanei. In questo gruppo ci sarebbe l’olografia dinamica.
L’olografia è la tecnologia tridimensionale che permette ottenere in maniera più precisa le indicazioni di profondità che ci servono per interpretare una scena tridimensionale (disparità o stereopsis binoculare, convergenza, occlusione, messa a foco, parallasse…). Purtroppo se creare un ologramma fisso verosimile è ormai sufficientemente semplice, produrre e manipolare un olograma dinamico, di definizione realistica e colore fedele è ancora estremamente complesso. Gli esperti possono immaginare come farlo, ma c’è troppa informazione con cui lavorare.
Tenteremo di conoscere meglio le scoperte in questo campo e i problemi con cui si scontrano i ricercatori (e quali orientamenti prendono per risolverli) prendendo in considerazione i due prototipi attuali più significativi: il Cine-Processo Olografico e l’Holovideo. Entrambi sono rappresentativi non solo per il fatto di essere i due sistemi più avanzati in olografia dinamica esistenti, ma anche per i loro formati, cinematografico e video respettivamente, e per la loro provenienza, due laboratori mitici: il NIKFI russo e il MIT statunitense.
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