risultati di una ricerca realizzata al San Raffaele di Milano
L’OLOGRAFIA PER UNA TAC TRIDIMENSIONALE
Il veloce progresso nell’ambito delle tecnologie biomediche, unitamente agli sviluppi che hanno coinvolto le tecniche computazionali, elettromagnetiche e nucleari, permettono oggi uno studio del corpo umano approfondito e dettagliato sia dal punto di vista fisiologico che anatomico. La classica immagine a raggi X lascia sempre più frequentemente il campo a tecniche diagnostiche più avanzate come la tomografia a emissione di fotone singolo (Spet), la tomografia a emissione di positroni (Pet), la tomografia assiale a raggi (X-Tac) e la risonanza magnetica (Rm) . L’analisi delle immagini cliniche ottenute con tecniche tomografiche si basa sulla visualizzazione di una serie di immagini, che, rappresentano sezioni bidimensionali dell’organo da esaminare, su di una lastra o sullo schermo di un computer, spesso avvalendosi di tecniche stereoscopiche o di un sistema di elaborazione grafica che tenta di fornire all’osservatore una sensazione di tridimensionalità. La visione tridimensionale è comunque ottenuta sempre a partire da immagini bidimensionali e quindi non rappresenta l’organo come è nella realtà. Le immagini infatti bidimensionali di sezioni anatomiche del corpo umano, ottenute finora anche con buoni contrasti fra i vari tessuti con la tecnologia chimico-fisica della tomografia a Rm, esaminate dal medico in successione sono generalmente sufficienti per formulare una diagnosi della patologia in atto. Quando però (e accade di frequente) si tratta di ispezionare più in dettaglio i particolari strutturali di una parte anatomica o i rapporti spaziali fra loro esistenti il medico è costretto a esaminare in successione su un piano luminoso molteplici immagini riprese da diverse angolazioni o a effettuare sul computer (con un procedimento d’image processing), una rotazione dell’immagine rispetto a diversi assi per ottenere una specie di ricostruzione tridimensionale della parte anatomica sullo schermo, sempre lacunosa comunque rispetto alla realtà.
Questi limiti possono essere brillantemente superati mediante l’utilizzo di tecniche olografiche. L’ologramma è una tecnica inventata dall’ungherese Dennis Gabor alla fine degli anni Quaranta ben diversa da una comune fotografia, che, grazie a una opportuna ricombinazione di due fasci di luce (uno emesso da una sorgente luminosa laser e l’altro diffuso dall’oggetto) permette di registrare l’intera informazione dell’onda luminosa riuscendo a far apprezzare all’osservatore tutte le correlazioni spaziali dell’oggetto in esame. Si riesce così a restituire un’immagine tridimensionale. La possibilità di applicare la tecnica olografica a una tomografia consentirebbe di ricostruire in tre dimensioni il volume dell’organo in esame con incredibili vantaggi sia per la diagnostica che per gli interventi operatori. E’ esattamente quello che sono riusciti a realizzare un gruppo di ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano dei servizi di medicina nucleare e neuroradiologia, insieme due ricercatori dei Laboratori Enel-Sri (ex Cise) di Segrate.
La collaborazione, iniziata nel 1996, ha portato in breve tempo a risultati decisamente incoraggianti. Sono stati realizzati ologrammi di angiografie cerebrali ottenute con tecnica di risonanza magnetica. L’ologramma è stato ottenuto utilizzando una luce laser di Kripton e illuminando una per una tutte le 64 immagini delle sezioni originali rispettando l’ordine sequenziale e la spaziatura che esiste nella realtà. Il risultato di questa complessa tecnica di sovrapposizione e ricostruzione è una semplice lastrina fotografica che, illuminata con una normale lampadina alogena, restituisce l’immagine in 3D dei vasi cerebrali evidenziando irregolarità e difetti così come si presenterebbero nella realtà.
Le potenzialità di questo strumento in medicina sono notevoli. Le applicazioni vanno dall’analisi preoperativa in neurochirurgia alla chirurgia plastica ricostruttiva, all’ortopedia. Ci sono poi gli ologrammi microscopici a livello endoscopico di grande utilità, tra l’altro, nelle patologie tumorali. Con l’applicazione di una minipellicola all’estremità dell’endoscopio e un fascio di luce laser si ottiene la ricostruzione in 3D di tessuti umani vivi. Non va sottovalutato infine che gli ologrammi sono tecniche in grado di conferire un notevole valore aggiunto alla diagnostica medica. Le prospettive a breve termine sono quindi incoraggianti. specialmente se la ricerca procederà in tre direzioni: industrializzare il processo, automatizzarlo, ed estendere la tecnica ad altri organi, come il cuore, i reni, i polmoni, ampliando in tal modo la casistica.
Join the discussion