Definizioni e nascita dell’Intelligenza Artificiale
Non esiste una definizione univoca di “Intelligenza Artificiale”. Usualmente con questo termine si designa una branca della scienza informatica e ingegneristica che studia i meccanismi soggiacenti alle facoltà cognitive degli esseri umani e la loro riproduzione mediante computer opportunamente programmati. L’obiettivo primario dell’IA è creare macchine in grado di pensare e agire come gli esseri umani.
La disciplina dell’IA è divisa in due aree fondamentali: la prima è la cosiddetta Intelligenza artificiale Forte che ritiene che un computer correttamente programmato possa essere veramente dotato di una intelligenza pura, non distinguibile in nessun senso importante dall’intelligenza umana, una sorta di macchina dotata di mente in senso pieno e letterale.
La seconda area, in netta contrapposizione con la prima, è detta Intelligenza Artificiale debole e sostiene che un computer non sarà mai in grado di essere equivalente a una mente umana ma potrà solo arrivare a simulare alcuni processi cognitivi umani senza riuscire a riprodurli nella loro totale complessità.
Le due declinazioni di IA convogliano le proprie teorie nella comprovata necessità di elaborare l’informazione che sta alla base dei processi cerebrali attraverso dei programmi informatici: questo è il punto di partenza della cosiddetta Intelligenza Artificiale classica.
L’espressione “Artificial Intelligence” è stata utilizzata per la prima volta in ambito scientifico da John McCarthy durante uno storico convegno tenutosi nella città statunitense di Dartmouth nel 1956, ma già nel 1952 Marvin Minski parlava di ‘intelligenza artificiale’ nella tesi presentata per il dottorato di Matematica presso l’Università di Princeton. Minski sarebbe poi diventato uno dei massimi studiosi dei processi mentali e delle loro applicazioni nei sistemi computerizzati.
Alla base dei moderni studi sull’ intelligenza artificiale si colloca però un’altra disciplina fondamentale, la scienza cognitiva; si tratta di un’area di studi sviluppatasi negli ultimi quarant’anni e intersecante diverse materie (linguistica, filosofia, psicologia e neuroscienze) e il cui oggetto è lo studio dei sistemi intelligenti, sia naturali che artificiali. Un’altra area di ricerca fondamentale per un’analisi esaustiva dell’intelligenza artificiale è il moderno connessionismo: esso sostiene che per ottenere un comportamento intelligente da parte di una macchina occorre riprodurre o perlomeno simulare il funzionamento del cervello a livello cellulare. Secondo i teorici del connessionismo è necessario ricostruire con strumenti informatici la fitta rete di connessioni che legano tra loro le cellule neuronali per riuscire a creare una macchina realmente pensante. Le applicazioni reali di questa teoria hanno dato origine alle reti neurali, sistemi in grado di evolversi e di apprendere in base agli stimoli a cui vengono sottoposti in una fase iniziale.
La nascita dell’IA si deve ad Alan Turing che nel suo saggio del 1936 immagina una macchina teorica in grado di compiere qualsiasi tipo di calcolo, di qualunque genere, facendo delle banali operazioni computazionali.
La macchina di Turing costituirebbe in pratica l’implementazione meccanica di un algoritmo, ovvero di un insieme di istruzioni che specificano i passaggi tramite i quali si rende possibile la soluzione di un determinato problema. La macchina di Turing dunque potrebbe non solo effettuare calcoli numerici ma tutti i procedimenti mentali trasformabili in un algoritmo. Per esempio, una macchina di Turing programmata opportunamente può giocare a scacchi, eseguire operazioni logiche, analizzare frasi, persino inventare o dimostrare teoremi. Detto in termini matematici, una macchina di Turing può imitare o rappresentare qualunque “sistema formale”, cioè qualunque linguaggio basato su simboli e sintassi. Alcuni teorici dell’IA sostengono che il cervello è una specie di macchina di Turing e le operazioni che avvengono in esso sono una sorta di programmi. Questa teoria è detta teoria rappresentazionale della mente e in base a essa si potrebbero trovare le regola con cui il nostro cervello elabora i simboli, trasformarle in programmi e riprodurle artificialmente in un computer.
Alan Turing è inoltre l’autore di un test che è universalmente conosciuto come l’unico in grado di stabilire se una macchina è in grado di pensare o meno: viene infatti definita intelligente una macchina che riesce a superare il test di Turing. Si suppone di sottoporre un uomo e una donna a una serie di domande da parte di un interrogante che non ha contatti fisici con essi, per esempio attraverso una telescrivente o un computer. L’interrogante, in base alle risposte dei candidati che tenteranno di confonderlo, deve scoprire chi è l’uomo e chi è la donna. Se si sostituisce uno dei due candidati con una macchina e l’interrogante non riesce a distinguere l’essere umano dalla macchina, allora si può asserire che la macchina è intelligente. Finora nessuna macchina ha superato il test di Turing ma i sostenitori dell’IA forte ritengono che è solo questione di tempo.
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