Il Grande Muro di stelle Piero Fantastichini
“Se le stelle, anziché brillare continuamente sul nostro capo, non fossero visibili che da una sola parte della Terra,
tutti gli umani vi si recherebbero per contemplare le meraviglie del cielo.
Seneca”
IL GRANDE MURO DI STELLE
Con il patrocinio del Consiglio Generale delle Alpi-Marittime Costa Azzurra, la Presidenza della Provincia di Roma e l’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma
Con la collaborazione dell’Ecole Polytechnique dell’Università di Nice-Sophia Antipolis
e l’associazione culturale internazionale Le Chevalier Oblique
Un monolite, su cui pulsano e sedimentano brani di luce incandescente, è caduto dall’alto, un blocco di cielo sottratto al campo magnetico dell’atmosfera è scivolato dentro il cuore di Roma.
La mostra “Il Grande Muro di stelle” del maestro Piero Fantastichini, pittore e scultore nato a Roma, che lavora da oltre dieci anni in Francia ed ha esposto a Praga, Montecarlo, Cannes, oltre ad essere stato l’ospite d’onore di Konstrunda 2003 in Svezia e aver realizzato nel 2005 le scenografie per Il Flauto magico di Mozart al Grimaldi Forum Montecarlo e all’Opera di Marsiglia, si inaugura il 23 novembre alle ore 18,30 a Palazzo Camerale, sede dell’Accademia di Belle Arti e del Liceo Artistico, in via di Ripetta 218. L’esposizione proseguirà fino al 20 dicembre.
Curata da Derrick de Kerckhove, Direttore del McLuhan Program in Culture and Technology dell’Università di Toronto e sostenuta dall’associazione culturale “Le Chevalier oblique”, l’esposizione rappresenta un incontro unico e originale di Arte e Tecnologia.
Testi di Derrick de Kerckhove, Franco Speroni, Chiara Sottocorona e Marco Tonelli
Il Grande Muro di stelle è un’opera imponente a forma di parallelepipedo dalle dimensioni di 6×2 metri alla base e di 8 metri di altezza. Una sorta di grande totem della comunicazione, visibile su quattro lati, intorno al quale i visitatori potranno ruotare. E’ composto da 36 tele dipinte, di due metri per due ciascuna, che rappresentano 12 mila chip e 500 mila stelle realizzate con gocce d’argento. La trama del disegno è ispirata alla moltiplicazione di microchip, quei minuscoli strumenti che sono la base dell’era digitale in cui viviamo e che ci permettono di comunicare in rete, dipinti dall’artista come riflessi di stelle che brillano nel nero infinito del cielo.
L’opera integra le tecniche e i materiali che Piero Fantastichini impiega più frequentemente (resine, oro a foglia, polvere di fosforo) con i nuovi supporti della tecnologia informatica, che permettono di renderla “comunicante”. Sulla superficie di alcuni pannelli l’artista ha occultato dei TAG interattivi, veri microchips in tecnologia RFID (Radio Frequency Identification) in grado di trasmettere dati e immagini, informazioni visive sui dettagli nascosti dell’opera, che vengono ricevute sugli schermi di telefoni cellulari, pda e pc portatili dotati di comunicazione wireless (senza fili). In questo modo l’artista ha scelto di “segnalare” allo sguardo del visitatore cio’ che l’occhio altrimenti non riuscirebbe a intercettare.
Ecco allora che il muro diventa penetrabile. Simbolicamente non delimita più lo spazio, ma lo apre all’interazione. Creando anche un gioco di reciproco rinvio : non è solo il visitatore a “guardare” l’opera di Fantastichini, è l’opera che guarda il visitatore. E lo sollecita a scoprire altri universi nel muro di stelle.
Attraverso le conferenze con la partecipazione di esperti e gli incontri con gli studenti che accompagneranno l’evento, si aprirà una riflessione sulle relazioni tra l’arte contemporanea e le nuove tecnologie che pervadono oggi la vita quotidiana e la comunicazione interpersonale.
Con le sue opere Piero Fantastichini si pone all’avanguardia e rilancia in Italia, per la prima volta, questa riflessione già avviata con la sua partecipazione a eventi come “Quatrième Dimension”, nel 2006, il primo festival europeo di Arte e Tecnologia a Sophia Antipolis ( Nizza) e al “Wima”, nel 2007, mostra sulla comunicazione wireless al Grimaldi Forum di Montecarlo.
Mostra IL GRANDE MURO DI STELLE
Inaugurazione e presentazione alla stampa
23 novembre 2007
ore 18.00
Dove
Aula Magna Liceo Artistico Ripetta – Accademia delle Belle Arti Roma
via di Ripetta, 218 – Piazza Ferro di cavallo
Durata dell’evento
23 novembre – 20 dicembre
Orari
dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 19 – sabato 9-13
domenica chiuso – Ingresso libero
Istituzioni di riferimento
Liceo Artistico Ripetta
Info
06 3218005 – tutte le mattine dalle 10 alle 13 – ferrodicavallo@gmail.com
Contatti artista
Le Chevalier Oblique – Atelier Piero Fantastichini
Valentina Colagrossi 333.18.02.734 valentinacolagrossi@hotmail.fr
7 Rue Penchienatti 06000 Nice Tel/Fax +33 (0)4 93 62 81 29 +33 6 79 45 50 99
www.pierofantastichini.com
Consulenza in tecnologie avanzate per la comunicazione visiva
Filippo Mileto – f.mileto@bluskit.com
Musica composta per il Grande Muro di Stelle
Christophe Alvarez – ch_alva@club-internet.fr
Illuminazione
Mauro Vongola – mauro.vongola@libero.it
Allestimento
Studio80 – info@studio-80.it
Ufficio Stampa
Beatrice Bertini – Cristina Zaccaria
328.71.78.360 – 333.86.25.162
Piero Fantastichini nell’era del tag
Derrick de Kerckhove
Il microchip e le stelle condividono due elementi che ne fondano l’identità: la luce e il fuoco (dell’elettricità per il chip). Nel Grande Muro di stelle i livelli d’implicazione edificano reticolati di grande complessità interpretativa. Il fuoco di Eraclito passa agilmente dal chip alla stella. Tutto è movimento, tutto è flusso nell’ambiente dell’elettricità. La luce diventa simultaneamente dato fisico e simbolo della conoscenza. Luce, conoscenza, energia, contenuti nascosti, le molteplici componenti di un universo comprensivo e complesso.
Il titolo dell’opera contiene simbolicamente un’ambiguità fondante: di quali stelle si tratta? Quelle appena visibili dei punti d’argento sui fondali blu del cielo, o questi chip che invadono la tela? Il rapporto tra le stelle e i microchip scaturisce dall’unione di identità e di numeri: 500.000 stelle, tutte assolutamente uniche, e 12.000 microchip, ognuno diverso dall’altro. Oltre la metafisica della piega, tipica di Fantastichini che da tempo verifica procedimenti sempre più d’avanguardia per occultare le forme dentro la tela, adesso con un autentico chip, il tag, inaugura una nuova dimensione della sua ricerca.
Il grande muro di stelle si pone come il firmamento elettronico del nostro nuovo ambiente cognitivo. È un mondo che contiene un’infinità di livelli cognitivi e strati emozionali. Un modulo di comunicazioni interconnesse consegnate alla memoria dei nostri telefonini. Il telefonino è da sé la forma più “densa” di comunicazione, contenendo tutta la storia della parola umana, una fonte inesauribile di immagini e suoni, tutti connessi dal tag.
Il grande muro di stelle è la seconda opera “taggata” di Piero Fantastichini. La prima, esposta a Sophia Antipolis, consiste in un altro muro di microchip nascosti nelle pieghe, su una superficie di 14 metri che evolve in orizzontale.
Piero Fantastichini, che in questi ultimi lavori rilancia la sua personale ricerca sull’uso e sul significato metaforico dei più recenti strumenti della creazione digitale, ci riporta alla logica del tag e al principio dell’ipertinenza. È all’interno di questi due nuovi orizzonti che possiamo spiegare oggi le dinamiche di costruzione dell’arte che segue i movimenti del sapere ipertestuale, i rapporti fra le persone e fra le persone e l’opera d’arte nella società.
La tendenza riflessa dal Muro di stelle è quella di riportare alla luce i contenuti nascosti, con un’amplificazione dell’interconnettività e una riformulazione continua dei significati personali e culturali. Siamo di fronte a una nuova cultura dell’esperienza: flessibile e fluida, orientata al contesto e contemporaneamente individualizzata.
Il punto cruciale della cultura attuale e di questa nuova opera di Fantastichini è la logica del tag, che ci mostra l’universo di titoli ed etichette interconnessi entro il quale possiamo scegliere i nostri percorsi di pertinenza. Il tag è l’indirizzo del “packet” di Internet, frammento del messaggio diviso. Il tag è l’autentica anima della rete, perché permette di individuare tutti i pezzi di informazione e di riordinarli attraverso un sistema di catalogazione per titoli. Il tag oggi è il messaggio. È la natura propria di Internet. Senza il tag, senza questa possibilità di condividere i messaggi che vengono trattati, Internet sarebbe un sistema unicamente punto a punto e non distribuito come di fatto è.
L’opera di Fantastichini conta sull’inserimento di tag del tipo RFID (Radio Frequency Identifying Device) che consentono una connessione istantanea con il telefonino di qualsiasi utente che si avvicina al quadro. La logica del tag ribalta completamente la linearità della cultura alfabetica, orientata a principi consequenziali e a rigidi rapporti gerarchici: una cultura priva di co-implicazioni e di ibridazioni tra un oggetto e l’altro, tra un percorso e l’altro, una cultura (pre)ordinata da relazioni di causa-effetto.
Il tag al contrario si lega a meccanismi cognitivi, e dunque anche culturali, basati sull’associazione (e non più sulla deduzione), sulla creatività (e non sulla rigidità lineare), sulle persone (e non sulla scienza oggettiva e astratta). Il percorso dell’utente dentro il Grande Muro è libero, associativo, in grado di condurlo alla scoperta degli universi nascosti dell’opera, secondo un principio di Piero Fantastichini, quasi il suo “branding”, che invita lo spettatore a guardare più profondamente dentro e dietro l’opera. Con i tag, Fantastichini fa compiere un passo ulteriore al suo lavoro di ricerca: la scoperta richiede una partecipazione fisica e strumentale anziché una vera responsabilità da parte dell’utente.
L’era del tag comincia nel 2004 con i Social Software, Gmail, del.icio.us, Flickr. Oggi possiamo dire che per mezzo delle nuove infrastrutture, il wi-fi in primo luogo, e delle nuove opportunità connettive delle tecnologie (il web 2.0 per intendersi) ciò che si va ormai consolidando è la cultura On Demand. Una cultura che, come si può bene immaginare, si estende alla dimensione economica in primo luogo, ma anche a tutte le strutture organizzative della società. Dall’economia di massa, in cui l’offerta culturale è la medesima per ciascuno, passiamo oggi all’idea di un’offerta di massa rivolta a un cliente unico. Si tratta di un’economia che permette appunto di offrire, di rendere disponibile, presente, fruibile una massa di informazioni taggate, quindi ordinate e catalogate, fra le quali ciascuno può scegliere secondo la logica dell’ipertinenza.
Chi fa uso di Flickr ad esempio, può costruire il proprio album fotografico e metterlo sul proprio sito web, disponibile per chiunque. In questo modo si creano le possibilità di combinazione e ricombinazione di immagini: associazioni fra immagini simili, taggate in maniera coerente, fra le quali costruire percorsi pertinenti ai propri interessi. Siamo arrivati all’era dell’ipertinenza.
Vivere con la rete ambientale (non solo Internet, ma tutta la comunicazione elettronica) significa vivere in nuovo modo di pertinenza, quello dell’i-pertinenza. L’i-pertinenza è una parola che deriva da ipertesto e ha che fare con l’ipertestualità delle nostre vite, con l’iperconnettività e con l’iperspazio di dati che abbiamo sempre bisogno di conoscere meglio.
La sintesi fra principio dell’ipertinenza e logica del tag ci riporta a un ulteriore aspetto delle mutazioni in atto: la connettività è fatto tangibile e concreto, sempre più possibile e potente. Parliamo allora d’iperconnettività estesa, una nuova cultura che rivoluziona il mondo dell’economia, della scienza e, grazie a Piero Fantastichini, ora anche dell’arte.
Il Grande muro di stelle
Franco Speroni
Il Grande muro di stelle di Piero Fantastichini ci consente almeno tre livelli differenti di percezione che tutti insieme ricostruiscono un percorso storico comune dell’uomo occidentale.
La cybercezione (riprendendo un’espressione di Derrick de Kerckhove in L’architettura dell’intelligenza) del grande monolite è quella che abbiamo interagendo con i codici a barra elettronici e le etichette intelligenti contenuti nel suo tessuto, che permettono al fruitore di “entrare” nella materia del monolite interagendo con i 12000 chip che essa contiene. Una percezione questa che consente di vedere ciò che non è visibile ad occhio nudo ma si nasconde nelle pieghe della materia, una mise en abime tecnologica che ci ricorda la tradizione delle “nature morte” non tanto per via iconografica quanto per via percettiva, appunto. Si scopre il dettaglio “entrandoci”. La piega della materia, elemento caro a Fantastichini, si trasforma da esperienza della materia in esperienza del confine in cui regna il plurale, il mutevole, il sempre diverso, a seconda dei dispositivi di relazione che usiamo. Ciò che ad occhio nudo si configura come apparato decorativo astratto e prezioso, attraverso un telefono cellulare di ultima generazione, o un computer portatile, diventa dispositivo relazionale, ingresso in una dimensione virtuale senza soluzione di continuità con quella reale.
Poi c’è la percezione spettacolare, tipicamente moderna, della proiezione delle immagini, contenute nel tessuto del monolite, sulla piazza cittadina. Qui la dimensione barocca spettacolare crea il grande evento collettivo che nella nostra storia ha visto la coincidenza dei dispositivi percettivi dell’uomo alfabetico con quelli collettivi dell’oralità: il punto di vista prospettico euclideo dell’urbanistica rinascimentale e barocca e della statuaria o delle decorazioni dipinte (il punto di vista del “principe”) che si rigenera nello schermo collettivo del cinema, acquisendo nuova carne e rilanciando sensazioni più calde e coinvolgenti. E’ stata (è ancora) la percezione territorializzata della merce, del suo fascino capace di inviti narrativi per le fantasmagorie dell’uomo alfabetizzato, anche dentro cornici collettive di fruizione: la piazza e il cinema, o il mall, appunto. Ovvero dal barocco storico al barocco moderno delle Grandi Esposizioni Universali metropolitane, fino alle piattaforme comunicative e spettacolari dei media generalisti.
Infine, un altro tipo ancora di percezione definibile immersivo. Il fruitore può entrare fisicamente dentro il monolite. Il muro non è impenetrabile ma il suo perimetro contiene una notte stellata animata dal suono del cosmo. La fruizione interattiva mediante le TAG del muro “contiene” e si trasforma in una fruizione immersiva individuale. Il monolite non è rigido nella sua funzione di oggetto visibile ma è un oggetto liminale cioè un vero e proprio confine che consente esperienze sempre diverse. Pertanto non è mai, per sempre e per tutti, la stessa cosa. I diversi tipi di percezione sono simultanei a diversi modi e tempi di fruizione.
Il monolite, e in senso più ampio l’ “opera d’arte” incontra l’architettura contemporanea, la sua esigenza attuale di farsi metamorfica, giocando con i materiali, superando il valore rigido del disegno e dei piani, delle strutture pensate per una percezione distante. L’oggetto metamorfico al contrario è adattabile e muta con il suo fruitore. Diventa a-formale (richiamando anche spunti dell’arte cinetica) nel senso che assume ogni volta la forma performativa generata dal rapporto “simbiotico” oggetto-utente. Pertanto non è forma-modello ma interazione che genera senso sia come percezione estetica che come funzione, senza soluzione di continuità. Per questa via l’“opera d’arte” incontra il dispositivo tecnologico ibridandosi pienamente con esso.
Ma a ben veder c’è un quarto livello percettivo che a mio parere comprende tutti i precedenti elencati.
Il monolite di Piero Fantastichini non può non rinviarci al celebre monolite di 2001 Odissea nello spazio, cioè all’apparire di una nuova forma simbolica che, come accade nella trama del film di Stanley Kubrich, fa scaturire nell’uomo-scimmia il primo desiderio di superamento del cosiddetto dato naturale e dà l’avvio all’invenzione di una serie di utensili – veri e propri media in quanto nuovi modi di territorializzazione dell’esperienza – che vanno dall’osso usato come arma, all’astronave, alla penna per la scrittura… . Questo nuovo monolite appare in un ambiente popolato da imponenti copie di statue greco-romane. E’ come se fosse planato in un luogo ipercodificato dai simboli occidentali del corpo, della bellezza, della forza, della virtù…quei simboli intorno ai quali è stata inventata la tradizione e con essa un modello estetico e quindi anche politico di società. Ebbene questi grandi simboli – questo popolo muto di dèi ed eroi – come gli uomini-scimmia di Kubrich si trova ora a confrontarsi con altri processi di costruzione del senso che sono messi in scena dal dispositivo del monolite.
Continuità della tradizione o discontinuità? Direi continuità della manipolazione, invenzione, rivoluzione del punto di vista, dei modi di abitare il mondo e costruire rapporti sociali di cui l’opera d’arte, nella misura in cui è dispositivo mediale, diventa metafora attiva. Il che significa, però, discontinuità dei soggetti sociali e dei territori dei nuovi modi dell’abitare, ovvero il valore della rottura. Questo mi sembra il quarto livello percettivo di questo lavoro, la sua “sintesi” storica, in stretto rapporto con l’esperienza multimediale che caratterizza la nostra quotidianità.
Il Grande Muro di Stelle
Chiara Sottocorona
Nel cuore di Roma, nell’anfiteatro di Palazzo Camerale, dove hanno sede l’Accademia di Belle Arti e il Liceo Artistico di via di Ripetta, si inaugura il 23 novembre l’esposizione “Grande Muro di stelle” del maestro Piero Fantastichini, artista romano che lavora da oltre dieci anni in Francia ed ha esposto a Praga, Londra, Montecarlo, Cannes, oltre ad essere stato l’ospite d’onore di Konstrunda 2003, principale fiera d’arte contemporanea in Svezia.
Il curatore della mostra, Derrick de Kerckhove, direttore del Programma McLuhan per la Cultura e la Tecnologia all’Università di Toronto, ha scelto l’opera di Fantastichini perchè rappresenta “Un incontro unico e originale di Arte e Tecnologia, una riflessione sull’innovazione e la comunicazione interattiva nell’era digitale”.
Si tratta infatti di un’opera “comunicante” che darà luogo per la prima volta a Roma a un’interazione diretta con il pubblico sugli schermi delle tecnologie portatili, pc, telefoni cellulari e pda.
Il Grande Muro di stelle infatti non emette solo “luce” (grazie alle polveri di fosforo che lo rendono visibile anche nel buio) ma invia “immagini” e “suoni”, svelando preziosi dettagli artistici nascosti nell’opera stessa. Per la prima volta un dipinto diventa cosi’ esplorabile e navigabile nella sua trama.
Non si tratta semplicemente di un grande quadro, ma di molti quadri che creano un volume nello spazio, intorno al quale i visitatori possono ruotare su quattro lati. il Grande Muro di stelle è un’opera imponente a forma di parallelepipedo dalle dimensioni di 4×6 metri di larghezza e di 8 metri di altezza. E’ formata da 36 tele dipinte, da due metri per due, che rappresentano 15 mila chip e 300 mila stelle realizzate con gocce d’argento. La trama del disegno è ispirata alla moltiplicazione di microchip, quei minuscoli strumenti che sono la base dell’era digitale in cui viviamo e che ci permettono di comunicare in rete, dipinti dall’artista come riflessi di stelle che brillano nel nero infinito del cielo.
I lavori di Fantastichini partono sempre da un concetto base: il buio. La sua ricerca, come quella dei grandi maestri del passato, consiste nel “far luce”. Non solo perchè ogni opera vive e prende forma riflettendo la luce. Ma anche perchè Fantastichini cerca di far emergere e mettere a fuoco ciò che l’occhio nudo non vede. E qui entrano in gioco le nuove tecnologie di cui l’artista sa abilmente servirsi. Il Grande Muro di stelle è stato concepito al computer, dipinto all’origine sulla tavoletta grafica, pixel per pixel, attraverso anni di lavoro e con una maestria e una minuzia che ha portato l’artista a nascondere nei “chip” dipinti dalla sua mano altre forme, anche ritratti in miniatura, come se fossero memorizzate su dei veri chip.
L’opera, stampata ad alta qualità su tela e ridipinta con acrilico e resina pura, metalli liquidi o in foglia (oro, argento) e polvere di fosforo, incorpora oggi anche un centinaio di veri microprocessori di tipo Rfid (etichette intelligenti capaci di trasmettere in radiofrequenza). Le informazioni contenute su questi chip, che rivelano le parti nascoste dell’opera, possono arrivare sui monitor dei telefoni cellulari di ultima generazione abilitati Ncf (Near comunication frequency) o sugli schermi dei computer portatili che comunicano in wireless (senza fili, come il Wi-Fi).
Ecco allora che il muro diventa penetrabile. E simbolicamente non delimita più lo spazio, ma lo apre all’interazione. Da ogni lato, diventa una porta aperta per far glissare lo sguardo oltre, molto più lontano, verso il firmamento di stelle che l’uomo contemporaneo troppo spesso dimentica di guardare.
Il Rinascimento tecnologico secondo il principio DEK e FAN
Marco Tonelli
Se Derrick de Kerckhove e Piero Fantastichini fossero una stessa identità non ci troverei niente da dire. E’ possibile che tra qualche centinaio di anni (se mai ne passeranno) questi due nomi verranno considerati un aggiornamento tecnologico della celebre coppia antinomica Dottor Jeckyll e Mister Hide. Il punto è vedere allora chi dei due sia Jeckyll e chi Hide.
Risulta ovvio che chi nasconde è Hide e chi svela Jeckyll. De Kerckhove è colui che svela, che scrive e che connette altre menti alla riscrittura del mondo contemporaneo, alla sua decriptazione e decifrazione alla luce di nuove realtà mentali del linguaggio e della comunicazione. Fantastichini è colui che nasconde il senso delle cose e delle immagini dietro simboli incarnati da chip che possono essere letti attraverso sofisticate tecnologie di ultima generazione. Però Jeckyll e Hide non sono solo due identità contrapposte, ma la stessa persona che rivela di sé il suo contenuto più profondo e inconfessabile. Quindi Jeckyll è allo stesso tempo anche Hide e Hide finisce inevitabilmente per essere Jeckyll.
Allora colui che svela, che chiameremo il principio DEK, in realtà mentre svela rende le cose problematiche, chiare a tal punto da dubitare della loro chiarezza. Ho sempre ritenuto i testi di de Kerckhove possibili romanzi visionari e mentali dove i protagonisti sono concetti malleabili della cultura del pensiero contemporaneo alle prese con dimensioni tecnologiche, elettroniche e informatiche del tutto inedite. Colui che nasconde, secondo il principio che chiameremo FAN, in realtà usa codici elettronici sotto gli occhi di tutti che possono essere letti in modo chiaro e distinto, secondo procedure visibili a tutti e virtualmente da tutti utilizzabili, dal momento che bastano tecnologie portatili e facilmente disponibili perché quel senso nascosto diventi manifesto.
E’ forse più chiaro il Grande vetro di Duchamp dal momento che non solo è visibile ma addirittura trasparente e tradotto in informazioni e commenti dell’autore contenuti in una scatola? Ciò nonostante questa opera rimane uno dei più grandi enigmi irrisolti della storia dell’arte, un’incognita che vive del senso autogenerativo delle sue interpretazioni piuttosto che delle soluzioni proposte.
DEK e FAN sono due principi che si attivano reciprocamente. La piega di FAN, quei lenzuoli morbidi provvisti di informazioni sono lì perché DEK ne colga la vibrazione sottile, ne registri la tensione elettrica. Del resto il pensiero non è emanazione diretta di scariche e terminazioni nervose di tipo neuronale? Gli spazi abitabili tridimensionali di FAN sono le architetture mentali del pensiero di DEK.
Questo Muro di stelle è il limite attuale del pensiero visivo contemporaneo, concentrato nel micro e dispiegato nel macro. Mi sembra l’alba di un Rinascimento tecnologico, un uso alchemico, emblematico e cabalistico di ultima generazione del simbolo e della capacità di simbolizzazione di cui l’arte è antica progenitrice. Se da una parte l’attuale tecnologia del consumo e delle immagini propone messaggi diretti, immediati, comunicazionali, relazionali, Fantastichini rallenta il flusso del messaggio frapponendo a codici visivi codici digitali e stratificando il senso delle immagini come un pittore neoplatonico.
Ecco, il cerchio si chiude se chiameremo DEK col nome di Marsilio Ficino e FAN con quello di Sandro Botticelli e questo Grande muro di stelle il Giardino della Primavera tecnologica.
Il progetto
Patrocini
Consiglio Generale delle Alpi-Marittime Costa Azzurra, La Provincia di Roma e il Comune di Roma
Comitato scientifico
Derrick de Kerckove, Direttore Programma McLuhan Università di Toronto (Curatore); Maria Letizia Terrinoni, Preside del Liceo Atistico (Organizzazione); Filippo Mileto, Consulente in tecnologie avanzate per la comunicazione visiva (Sviluppo tecnologico); Candace Johnson, Presidente Festival 4eme Dimension di Nice-SohiaAntipolis
Partners e Collaborazioni
Ecole Polytechnique dell’Università di Nice-Sophia Antipolis; ”Le Chevalier Oblique” Association Culturelle International; Studio 80 Italia; Relais des Association Francia; Mauro Vongola Illuminazione
Progetto
Raccontare l’esperienza dell’arte, comunicare, diffondere il pensiero e l’esperienza degli artisti. Quali vie apre l’arte? Come il problema dell’arte si inserisce nel contesto storico sociale é la richiesta della storica scuola romana a Piero Fantastichini. L’artista, che da più di 10 anni vive tra Roma e la Costa Azzurra risponde con ironia a questo appello: «Fare l’esperienza dell’arte é trasformare la vita di tutti i giorni, riordinare il caos, sfruttare le migliaia di attrezzature che ci armano per svelare un semplice cielo stellato. Bisogna giocare, deformare, lavorare. Vorrei insegnare ai giovani la saggezza della creatività, la bellezza delle contraddizioni. Porterò in una scuola d’arte un cielo stellato che non potrebbe esistere senza le più innovative tecnologie. E’ auspicabile per me l’incontro tra i giovani studenti dell’Accademia d’arte e i ragazzi ricercatori di informatica dellEcole Polytecnique dell’università di Nizza – Sophia Antipolis.
Derrick de Kerckove, direttore del programma McLuhan all’università di Toronto, specialista internazionalmente sull’evoluzione dei media e delle relazioni tra arti, communicazioni e nuove tecnologie afferma: “Ces oeuvres se dévoilent à nous grâce aux technologies à la pointe de l’actualité mises au service de l’art, à un art d’avant-garde mis au service de la science. Tout cela pour nous faire prendre conscience plus intensément du présent. L’Artiste s’empare pour la première fois de nouvelles technologies qui apparaissent comme de grande utilité publique mais qui sont à peine arrivées dans la conscience des gens. Le RFID, qui sera bientôt sur tous nos vêtements, est ici utilisé pour que l’oeuvre puisse aussi dire, parler. N’oublions pas que pour avancer dans l’innovation, il faut toujours repenser la technologie”.
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