RELAZIONI TRA VECCHIE E NUOVE CONCEZIONI DEL CINEMA
Il primo aspetto riguarda l’estetica e il suo cangiante punto di vista con l’introduzione dei nuovi mezzi, infatti si parte da un idea di André Bazin (“salvare l’essere mediante l’apparenza”) per poi arrivare alla concezione di W. Benjamin dove la rappresentazione è sovvertita e la ricezione di un opera diviene distratta, infine ci sarà l’introduzione del digitale che col suo esserci (nascosto, numerizzato) diviene realtà. Altro aspetto interessante è lo sviluppo delle tecnologie (sistemi di proiezione) fino ad arrivare alla scomparsa della pellicola.
Infine prima di arrivare alle conclusioni con le interviste finali l’argomento si rifarà al saggio di Roy Menarini per mettere in luce la scomparsa della tradizionale “dissolvenza incrociata” (al suo posto subentra il “morphing”) e poi l’esclusione dell’attore.
Dal saggio di Enrico Livraghi1 si ripercorre l’essere e il divenire del cinema, a proposito della riedizione di Estetica del cinema di Mario Pezzella (Il Mulino, 2001), risalendo dall’intuizione di André Bazin dello statuto ontologico dell’immagine fotografica ” salvare l’essere mediante l’apparenza “.
Poi si inizia ad interrogarsi sul cinema stesso nel riflettere le apparizioni/manifestazioni della modernità e generati dall’enorme sviluppo della tecnica.
Nel saggio non si mette in causa l’antica intuizione di Walter Benjamin che riferendosi alla riproducibilità tecnica dell’opera d’arte aveva capito il sovvertimento delle forme della visione e della rappresentazione.
Quindi gradualmente si passa da uno statuto ontologico ad una concezione più meccanica della visione del cinema e nello stesso tempo ad una ricezione più “distratta” dell’opera.
Il saggio ha una conclusione dubbiosa riferendosi alla possibile “anima” che hanno le macchine ed evidenziando la sedicente “immaterialità” digitale che non cancella, semmai esalta, quel loro esserci feticistico.
Dal punto di vista tecnologico negli ultimi decenni ci sono stati anche dei cambiamenti per quanto riguarda le sale cinematografiche es. i vari sistemi Dolby Digital, Dts… ma i problemi della pellicola sono sempre rimasti tali: graffi, usura, giunte, tagli.
Invece sarà a riguardo della proiezione che il nuovo sistema digitale cercherà di entrare nelle sale.
Partendo da sviluppi analogici, come sistemi di proiezione CRT (a tubo catodico) e poi LCD, la nuova tecnologia digitale vuole “subentrare prepotentemente nelle sale cinematografiche…”2
A parlarne infatti nel suo saggio è Franco Cristini che descrive la tecnologia dei nuovi proiettori (DLP) digitali della Texas Instruments.
Il nome del chip utilizzato per questa nuova tecnologia è Digital Micromirror Device, cioè “dispositivo digitale a microspecchi”, mentre il nome del proiettore è Digital Light Projector appunto DLP.
Nei proiettori cinematografici ci sono tre chip DMD uno per ogni colore, poi il vantaggio di questa nuova tecnologia sta proprio nel fatto che il supporto non si deteriora, neanche dopo il passaggio in diverse sale cinematografiche, così la proiezione del film è sempre al massimo della qualità: niente più graffi, sporcizia, niente più rotture, né fermi macchina.
Il primo film proiettato con questa tecnologia DLP-cinema è stato Star Wars I. La minaccia fantasma in due sale americane nel giugno del 1999.
Attualmente però è della Disney il maggior numero di film prodotti in questo formato: Tarzan, Toy Story 2, Fantasia 2000, Mission to Mars e l’ultimissimo Dinosauri.
Altre considerazioni fatte a giusto avviso sono quelle riportate sul sito3 Noema, che da un lato sono favorevoli al nuovo sistema e al futuro impatto che si avrà sul mercato.
Da un altro lato invece si parla di qualità delle immagini proiettate differente e di livello qualitativo e risolutivo non ancora all’altezza del sistema tradizionale analogico.
Continuando con l’argomento sulle nuove concezioni faremo riferimento al saggio di Roy Menarini all’interno del libro The body vanishes4 a cura di Franco La Polla.
Egli parla di “interventi sconvolgenti, diremmo intrusivi, sul volto nel cinema, che sono frutto della tecnologia in atto e, in particolare, degli effetti speciali creati al computer, i cosiddetti effetti digitali.”In riferimento a qualche scena di film, come Abyss (1989) parla del morphing e dice che il digitale comunica all’umano che sarà presto in grado di sostituirlo.
Anche J. Amount nel suo Du visage au cinema parla di “reification” del volto umano, a proposito del cinema tecnologico, a partire dalla dissoluzione del cinema classico hollywoodiano nel quale il viso umano è illuminato od oscurato secondo precise organizzazioni simboliche e si carica di pericolo e ambiguità.
Ora invece “più che reificato, è numerizzato, de-organizzato, appiattito il volto umano” e con questa conclusione il saggio di Menarini sembra darci il senso di una futura perdita, dal punto di vista del referente, ontologica della figura dell’attore.
NOTE
Comments are closed