eXistenZ: vera realtà virtuale
[Ricerca realizzata per l’esame del Corso di Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa
(prof. Pier Luigi Capucci), DAMS, Università di Bologna, A.A. 2006/2007
Programma del corso (pdf, 92 Kb)]
eXistenZ di David Cronenberg: introduzione
“Spero che dopo aver soddisfatto la volontà di violenza e di sesso per quanta vasta essa sia, dopo aver quindi introdotto all’avventura sciamanica, gli occhiali magici mostreranno la natura illusoria di ogni realtà, la sua scambievolezza, la sua sostituibilità e faranno quindi accedere o molti o pochi al massimo fine: la liberazione.” (Tomás Maldonado)
Conosciuto dal grande pubblico soprattutto come regista di film Horror dai risvolti metafisici e filosofici, David Cronenberg (nato a Toronto nel 1943) rovescia la prospettiva tradizionale del film horror secondo cui la minaccia viene dall’esterno: i mostri di Cronenberg provengono dall’interno, sono (per così dire) endogeni, hanno origine da un organismo malato e, contemporaneamente, “abitano uno spazio incorporeo, virtuale dove si ipotizzano nuove forme di scambi, di esigenze, di pratiche comunicative.”1
Il cinema di Cronenberg si concentra soprattutto attorno ad una serie di temi ricorrenti: il contagio e la mutazione, l’ibridazione dei corpi, le allucinazioni della mente, la contaminazione tra biologico e tecnologico, tra virtuale e corporale, tra organico e inorganico. Nei suoi primi lavori, viene trattata con insolita violenza l’inquietante minaccia cui l’immagine e la percezione della corporeità e delle relative funzioni vengono sottoposte. Citiamo: Il Pasto nudo, Rabid, sete di sangue, Brood, la covata malefica2. In seguito, con La zona morta, tratto dal romanzo di Stephen King, e con Videodrome3, la contaminazione del corpo viene assimilata ad una potenza psichica (l’esempio utilizzato è quello della telepatia) che cerca un corpo in cui farsi carne.
Cronenberg anticipa la letteratura cyberpunk, muovendosi in un universo alterato dove psichico e fisico sono uniti in un unico magma, sviluppa cinematograficamente le riflessioni di Marshall McLuhan: l’ambiguità fra interno ed esterno, tra psichico e corporeo viene riesplorata da Cronenberg in eXistenZ (1999, vincitore di uno speciale Orso d’Argento a Berlino), incastonando risvolti filosofici in un andamento seriale quasi fumettistico. Cronenberg postula l’idea di uno spazio ambiguo mediante la morbosa esteriorizzazione dell’inquietudine interiore e dell’angoscia dell’identità già vista ne La Mosca (The fly, 1986). Ora verrà preso in considerazione uno dei più significativi film di David Cronenberg per quanto riguarda l’aspetto dell’uso delle tecnologie e le sue implicazioni sulla vita dell’essere umano: eXistenZ.
Naturale vs Artificiale?
Come già detto nell’introduzione, nell’opera di Cronenberg è molto presente il tema della contaminazione (o fusione) fra biologico e tecnologico. eXistenZ ne è un’ottima esemplificazione: come in molte altre opere a “larga diffusione”, siano esse un libro o un film o qualunque altra cosa, i personaggi si affannano e la trama si srotola attorno ad un oggetto, una sorta di correlativo oggettivo determinante. In eXistenz tale oggetto è il così chiamato Game Pod. Collocato in un universo che può essere il classico “futuro non molto lontano”, frutto di nuovissime tecnologie e fruibile da una vastissima quantità di persone, il Game Pod potrebbe essere immaginato come un minuscolo aggeggio pieno di luci e cavi scoperti. Invece, Cronenberg gli conferisce un’altra immagine, conferendo quindi un’altra immagine al futuro (per così dire). Il Game Pod assume le sembianze di un curioso animaletto, fatto interamente di carne e ossa e con reazioni che sembrano andare contro qualsiasi idea di tecnologia preesistente: sanguina, si ammala, subisce shock e quasi riconosce le persone amiche e quelle nemiche. Degna di essere menzionata è la pistola creata appositamente per superare i metal detector, fatta interamente di materiali organici (in realtà, fabbricata con gli avanzi di un pranzo a base di anfibi mutanti!), sembra essere il simbolo del film, l’oggetto che contribuisce a creare quell’atmosfera atta a spiazzare lo spettatore con una dicotomia fra “futuristico” e un esasperato “ritorno alle origini”.
Ma siamo certi di saper distinguere nettamente il naturale dall’artificiale? Alla fine, molte cose artificiali sono comunemente considerate naturali: il cibo, i vestiti, ecc…4. Le tecnologie possono quindi essere viste come cose puramente naturali o, addirittura, introdurre l’idea di un artificiale e un naturale che si compenetrano e si legano indissolubilmente.
La nuova Utopia
Prima di procedere è d’obbligo fornire una definizione precisa di ciò che è un’Utopia e che cosa la caratterizza. Alla lettera, “Utopia” significa “non luogo”, quindi un luogo che non esiste. E’ un’astrazione astorica atta a fornire una semplice struttura in cui proiettare una sperata felicità. L’Utopia contiene sempre un altrove futuribile a cui aspirare. E’ un sistema rigido, non contiene la dimensione dell’incontrollabile. E’ sinonimo di progresso e sviluppo.5
Possiamo quindi vedere eXistenZ (inteso come sistema di gioco) come un’Utopia ideata e creata da una Game Designer. E’ una dimensione che, per esistere, attinge direttamente ai ricordi e alle esperienze del giocatore. Questo processo ricorda molto l’attività onirica, ma il gioco eXistenZ non si limita a ciò: il giocatore può compiere azioni che non intende compiere affatto, o dire frasi senza rendersene conto. E’ qui che eXistenZ si distacca dall’Utopia, nei cosiddetti “impulsi di gioco” che impongono al giocatore di compiere quelle azioni che permettono alla trama del gioco di proseguire. Ma, impulsi di gioco a parte, eXistenZ è in tutto e per tutto un’Utopia a partire dal suo obiettivo: trovare un’altra realtà, un altro universo estremamente più esteso di quello del reale fenomenico. Per la realizzazione di un’Utopia vige la regola per cui il fine giustifica i mezzi. Così, per la creazione di giochi come eXistenZ o per la loro distruzione, i personaggi del film sono disposti a qualunque cosa. Raggiungere la felicità, dunque, ma a che prezzo? Senza contare inoltre, che gli obiettivi del Gioco sembrano apparentemente sconosciuti se non addirittura inesistenti.
eXistenZ: una realtà esperibile, estensione del corpo umano
La conoscenza del mondo deriva da un’appercezione del reale, esperito attraverso i nostri sensi. Nel suo libro Gli strumenti del comunicare6 Marshall McLuhan illustra le tecnologie come un’estensione del corpo umano e delle loro percezioni, capaci di influenzare la vita degli esseri umani (proprio in quanto loro “protesi”). In eXistenZ questo concetto è preso proprio alla lettera: per giocare a eXistenZ il giocatore deve aprire una porta (una Bio-porta) nella sua schiena e collegarsi allo strano animaletto che è il Game Pod inserendo nella Bio-porta un cavo che non sarebbe sbagliato definire un cordone ombelicale (Umbi-cord) che accede direttamente alla spina dorsale. Il processo è traumatico, doloroso, ma in qualche modo piacevole (la comparazione con il primo rapporto sessuale è molto esplicita, nel film, una vera e propria perdita della verginità.
Il punto di forza di eXistenZ è mostrare e dimostrare che il corpo non viene mai meno: entrando nell’universo della realtà virtuale, non è possibile librarsi leggeri e lasciare indietro il proprio corpo. Al contrario, il Gioco ha come referente fondamentale il corpo e lo prende come misura. Tutte quelle rappresentazioni che si basano solo sulla vista o sull’udito, porteranno forse ad un impoverimento dell’informazione. Il ruolo fondamentale del corpo nelle tecnologie va tenuto sempre in considerazione, un “corpo pesante”, entità vitale e inalienabile nel suo rapporto con l’ambiente7. McLuhan dà una visione piuttosto “oganicista” delle influenze che i media esercitano sull’individuo: spesso fa paragoni con organi malati. Secondo McLuhan, le tecnologie non sono altro che metodi per cercare di mantenere un equilibrio fisico e mentale, attraverso un’autoaputazione dell’organo che viene poi sostituito con la protesi (ossia la tecnologia). “Il principio dell’autoamputazione come sollievo immediato alle tensioni del sistema nervoso centrale si applica facilmente alle origini di tutti i media di comunicazione, dalla parola al calcolatore.”8 Inoltre, viene detto che l’uomo estende, cioè crea al di fuori di se stesso, un modello vivente del sistema nervoso centrale. E Cronenberg non avrebbe potuto rendere tale concetto più efficacemente perché il Game Pod, vivo lo è davvero ed è fabbricato con tessuti neurali di anfibi mutanti. Quindi si può dire che l’essere umano ha creato un suo cervello addizionale da connettere direttamente al midollo spinale usando materiali biologici o, come viene detto nel film, metacarnali.
Password: Simulazione
“Simulazione” significa resa dell’effetto percettivo del reale fenomenico, sia esso reale o puramente fittizio, ed è una caratteristica intrinseca di ogni linguaggio sia per quanto riguarda l’imitare (ricostruire significati attendibile) oppure fingere. Quando si simula qualcosa, rappresentiamo il modello che abbiamo del nostro soggetto, ossia un modello percettivo derivato dalle esperienze acquisite dell’osservatore che include aspetti sia fisiologici che culturali. Più la rappresentazione si avvicina, nella sua struttura percettiva, al modello che ricorda l’oggetto, più la simulazione risulterà reale9 Ma la percezione del reale è, come abbiamo detto, polisensoriale quindi si dovrà tener conto della globalità sensoriale e delle sinestesie. Si sollevano quindi problemi di verosimiglianza e verità. Con le nuove tecnologie, la rappresentazione dei modelli del reale fenomenico non è più qualcosa di materiale, ma un universo parallelo “in cui ci si avventura ai margini dei confini fisiologici e culturali conosciuti, al di là dei quali c’è l’oscurità.”10
Ora, l’idea che sta alla base della realtà virtuale è quella di un ambiente artificiale in cui è possibile entrare e interagire con ciò che contiene, come nel mondo reale. Con gli strumenti adeguati si possono toccare oggetti e ricevere sensazioni tattili oltre che visive e uditive. E’ qui che entrano in gioco Cronenberg e il suo eXistenZ. In questo possibile futuro in cui il film si svolge, si è arrivati a utilizzare delle tecnologie che permettono rappresentazioni talmente realistiche da confondersi con la realtà e da far dubitare i suoi fruitori di ciò che è vero e ciò che non lo è. Troviamo addirittura movimenti cosiddetti “realisti”, che predicano un ritorno ai valori positivi e salvifici di una natura ormai persa (tant’è che proprio da loro viene l’idea della pistola fatta di ossa e cartilagini, che spara denti umani). Un esempio è la frase che il realista Jude Law dice prima di uccidere il più famoso Game designer: “Non credi che il più grande creatore di giochi debba essere punito per la più efficace deformazione della realtà?”
All’interno del film si apre una sorta da scatola cinese, in cui viene rivelato al confuso spettatore che ciò che credeva essere la realtà è un gioco, all’interno del quale a sua volta si svolgeva un gioco che era scambiato per realtà. E questo sistema a circolo vizioso non si chiude e non si interrompe nemmeno con la fine del film, che si conclude con la frase: “Siamo ancora nel gioco, vero?”. I personaggi vanno quindi incontro ad una sorta di labirinto spazio-temporale, crisi di identità e persino di sesso: totalmente presi dal delineare i caratteri dei loro personaggi all’interno del gioco, i personaggi del film (specialmente lo scombussolato P.R. Ted Pikul, interpretato da Jude Law) dimenticano chi sono realmente e quali sono i loro reali scopi. Ma Cronenberg si guarda bene dal fornire una risposta. Tutt’altro: il messaggio di fondo appare essere, alla fine, del tutto inesistente. Non solo non si capisce se eXistenZ abbia una qualche funzione sensibilizzante riguardo al tema delle nuove tecnologie, ma sembra anche ammettere l’idea che non esistano vere realtà. A differenza di Matrix11 uscito nello stesso anno e molto più conosciuto dal grande pubblico, non ci troviamo davanti alla scoperta di una nuova realtà a sfavore di una bella ma fittizia. In eXistenZ, realtà o gioco, tutto sembra avere la stessa, squallida aura di decadenza, in un’epoca in cui sembra che la tecnologia si sia sviluppata unicamente a favore dell’intrattenimento e di niente altro. Non c’è quindi un ideale di verità che ci spinge a cercare la realtà reale di ciò che ci circonda, anzi, si può quasi dire che i personaggi provino una sorta di sicurezza nel pensare di non trovarsi mai nel mondo reale in quanto si sentono giustificati a compiere azioni criminali perché, tanto, quella non è la realtà.
Ritrovare la realtà? Conclusione
La simulazione è quindi totale, nel film di Cronenberg. Attraverso la ricerca di nuovi mondi in cui poter ricercare il proprio ruolo, la propria felicità, ci si imprigiona in una spirale di realtà supposte e di giochi troppo realistici. Ma, dopo il primo momento di disorientamento e di crisi dimostrato dall’eroe-P.R. Ted Pikul, lo spettatore viene contagiato dalla stoica indifferenza di Allegra Geller (Jennifer Jason-Leigh), la talentuosa Game-designer creatrice di eXistenZ.
Allegra non è affatto preoccupata da tutto questo compenetrarsi fra realtà e finzione, ma si aggira come un’affascinata turista fra vari livelli di simulazione, senza essere spaventata dal fatto che non esiste alcuna realtà vera. Al contrario: l’universo in cui l’essere umano ha vissuto finora appare obsoleto e stretto, “una gabbia che deve essere rotta per non essere costretti a muoversi nel più piccolo spazio concepibile.”12
La realtà vista, quindi come un imprigionamento, una limitazione che può essere superata solo attraverso la creazione di mondi alternativi, ma reali. Non c’è alcun bisogno di ritrovare un reale fenomenico che probabilmente non esiste neppure. C’è comunque un ideale di perfezionamento dell’uomo, di superamento di se stessi per raggiungere uno stadio di progresso e sviluppo al fine di dare libero spazio alle possibilità della mente e del corpo umani. Inoltre, anche se un giorno le tecnologie riuscissero a rendere delle rappresentazioni così realistiche e verosimili da confondersi con la realtà, resterebbero comunque altri mondi.13
Nessuna conclusione, quindi, soltanto l’infinito, seriale sviluppo di una storia e delle sue possibili variazioni.
Bibliografia e filmografia
P.L. Capucci, Realtà del virtuale, rappresentazioni tecnologiche, comunicazione, arte, Bologna, Clueb, 1993.
Michele Canosa (a cura di), David Cronenberg: la bellezza interiore, Genova, Le Mani, 2005.
M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Milano, Garzanti, 1964.
Enciclopedia del Cinema, Ed.Treccani, 2003.
Filmografia
eXistenZ di David Cronenberg (1999), Cecchi Gori Group/ Natural Nylon
Videodrome di David Cronenberg (1983)
The Fly di David Cronenberg (1986)
Matrix, di Andy e Larry Wachowski (1999).
Note
- Enciclopedia del Cinema, Ed.Treccani, 2003. [↩]
- Naked Lunch (1991); Rabid (1976); The Brood (1979). [↩]
- The dead Zone (1983); Videodrome (1983); [↩]
- P.L. Capucci, Realtà del virtuale, rappresentazioni tecnologiche, comunicazione, arte, Bologna, Clueb, 1993. [↩]
- P.L. Capucci, ibidem. [↩]
- M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Milano, Garzanti, 1964. [↩]
- P.L. Capucci, Realtà del virtuale, rappresentazioni tecnologiche, comunicazione, arte, Bologna, Clueb, 1993. [↩]
- M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Milano, Garzanti, 1964. [↩]
- P.L. Capucci, Realtà del virtuale, rappresentazioni tecnologiche, comunicazione, arte, Bologna, Clueb, 1993. [↩]
- P.L. Capucci, Realtà del virtuale, rappresentazioni tecnologiche, comunicazione, arte, Bologna, Clueb, 1993. [↩]
- Matrix, (1999), Larry e Andy Wachowski, Warner Bros. [↩]
- Da eXistenZ. Allegra Geller pronuncia questa frase quando Ted Pikul (Jude Law) si rifiuta di farsi installare una bio-porta. [↩]
- P.L. Capucci, Realtà del virtuale, rappresentazioni tecnologiche, comunicazione, arte, Bologna, Clueb, 1993. [↩]
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