La riproduzione sonora
La ricerca d’una riproduzione sonora sincronizzata alla restituzione delle immagini in movimento è stata la preoccupazione costante degli inventori e dei tecnici.
Edison fu il primo, nell’anno 1877, a portare a termine un dispositivo di riproduzione sonora, il “Phonographe” (a rullo), che potesse accompagnare delle immagini corrispondenti al suono da esse prodotto.
Nel 1895 Berliner apportò delle modifiche all’apparato, portando a termine un procedimento fotomeccanico.
Tre anni più tardi, nel 1898, il danese W.Poulsen inventò un meccanismo di registrazione magnetica dei suoni su filo d’acciaio; tale procedimento fu ripreso nel 1928 da Stille con in più l’utilizzo di un sottile nastro d’acciaio, e migliorato a sua volta da Marconi, il quale gli dette il nome di “Magnetofono” (messo a punto in Germania nel 1935 dalla Stè A.E.G. con l’impiego di un nastro di plastica coperto di un rivestimento all’ossido di ferro).
Il primo film sonoro “100% parlant” fu “The jazz singer” prodotto dai fratelli Warner nel 1927, con un meccanismo a dischi 33 t/mn.
Alla base vi era un procedimento fotografico con una pista sonora disposta al bordo della pellicola.
La rivoluzione successiva in questo campo è datata 1953, al lancio del film panoramico sulla base del processo “hypergonar” di P.Chretien. La “Stè Fox” adottò la tecnica del suono magnetico multi-piste.
Gli equipaggiamenti di proiezione si conformarono a tale innovazione, adottando una lettura sonora a testata magnetica. Tale condizione di proiezione andava a ribadire il definitivo dominio del “procedimento fotografico” con suono su pellicola rispetto a quello con suono su disco.
Attualmente le parti della colonna sonora si trovano alla destra del fotogramma, e sono rilevate da un lettore sonoro laser che le associa direttamente alle immagini che scorrono loro accanto. Il suono che esce dalle casse della sala cinematografica è prodotto infatti dalla lettura delle onde sonore riprodotte sulla superficie del fotogramma.
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