Caratteristiche generali
Incomincerò col dare qualche informazione di carattere generale. Un DVD ha una capacità sette volte più grande di un normale CD o CD-Rom, anche nella sua configurazione più semplice da 4,7 gigabytes. Per capacità si intende, in sostanza, la quantità di informazioni che il disco in questione può contenere. Un singolo lato di un disco composto da un doppio strato, può offrire una capacità di immagazzinamento di 8,5 gigabytes.
Con una risoluzione dell’immagine di circa 500 linee e l’uso di particolari componenti in fase di registrazione (attraverso i quali la luminosità e l’informazione del colore vengono trattate separatamente per assicurare la migliore definizione del colore stesso), la resa dell’immagine su DVD può superare quella di qualsiasi altro sistema: dal Laser Disc alla televisione digitale.
Ormai tutte le maggiori multinazionali di prodotti elettronici stanno sostenendo e appoggiando il DVD video. Con un diametro di appena 12 centimetri, i dischi DVD sono facili da maneggiare, semplici da archiviare e conservare. Come i CD sono durevoli e resistenti alla polvere, non si sporcano e difficilmente conservano le impronte delle dita.
Anche nella loro configurazione più semplice, avente una capacità di immagazzinare immagini e suoni per più di due ore, i dischi DVD offrono lo spazio sufficiente per quella che è la lunghezza media della maggior parte dei film. Come il loro corrispondente CD, il DVD Disc ha un codice di incisione per i bit e per i bytes letto da un raggio laser. Il segreto dietro l’aumento della capacità del DVD, come detto di circa sette volte superiore a quella di un normale CD, è stata l’introduzione di un nuovo raggio laser dotato di un più piccolo, più luminoso e più sottile punto focale. Quest’ultimo permette una migliore incisione della superficie di registrazione del supporto. Nello specifico, la misura minima dei solchi su DVD Disc è stata ridotta da 0,834/0,97 micron (unità di misura corrispondente alla milionesima parte di un metro) del CD tradizionale, ad appena 0,40 micron. Allo stesso tempo è stato possibile ridurre gli spazi tra le tracce da 1,6 micron a 0,74 micron.
Possiamo inizialmente classificare i diversi tipi di DVD Disc presenti sul mercato, in base alla quantità di “strati” che li compone. Il meno capiente all’interno della famiglia dei Digital Versatile Disc è quello indicato dalla sigla DVD 5, detto anche “singolo lato, singolo strato”. Esso si compone di una singola facciata leggibile (di solito l’altra viene serigrafata, cioè vi vengono stampate sopra le indicazioni circa il contenuto – titolo del film, durata ecc…) che, come visto, può ospitare fino a 4,7 GB di dati. Oggi è decisamente il tipo di DVD meno utilizzato, sia per lo scarso spazio disponibile che per la relativa facilità con cui è possibile copiarne per intero il contenuto. Lo si riconosce dal caratteristico colore argenteo.
Il tipo più diffuso è invece il DVD 9, “singolo lato, doppio strato”: ha un solo lato utilizzabile, ma i suoi due strati sottostanti permettono una capienza di 8,54 GB. Completata la lettura del primo e più basso strato, il raggio laser si focalizza immediatamente ed automaticamente sul secondo strato, più alto e parzialmente permeabile. Una memoria elettronica assicura una omogenea transizione di riproduzione tra i due strati (sebbene alla maggior parte dei lettori DVD oggi sul mercato questa operazione richieda una piccola pausa nella riproduzione).
L’aumentato spazio a disposizione consente un’ottima qualità del suono e delle immagini e la particolare tecnologia necessaria per realizzarlo ne impedisce la copia. Unico neo: è possibile riscontrare difetti nell’ incollaggio dei due strati che, col passare del tempo, potrebbero rendere il contenuto illeggibile.
Il DVD 10, “doppio lato, singolo strato”, ha una capienza di poco superiore al DVD 9 (9,4 GB), distribuita su due lati contrapposti anziché su due strati. Tale caratteristica lo rende poco bello a vedersi, dato che non c’è più posto per la serigrafia, molto suscettibile alla sporcizia, vista la presenza di due lati leggibili, e soprattutto poco pratico, data la necessità di girare il disco per accedere al secondo lato. Per questi motivi il DVD 10 è caduto in disuso, dopo un primo periodo in cui in Europa venne lanciato dalla casa di produzione Buena Vista al posto dei DVD 9 che ancora non era in grado di produrre.
Ancora più raro (la sua produzione è piuttosto impegnativa), e decisamente poco utilizzato, è il DVD 14, “doppio lato, triplo strato”, costituito da due strati su un lato ed uno strato sull’altro.
Per ultimo, come non citare l’esemplare massimo che la famiglia del DVD può attualmente offrire? E’ questo il DVD 18, “doppio lato, doppio strato”, che nasce dall’unione di due DVD 9 e di conseguenza permette l’immagazzinamento di ben 17 GB di dati. Ovviamente presenta gli stessi difetti del DVD 10, ma i suoi 8 GB abbondanti per lato consentono, se si vuole, la netta divisione fra film e contenuti extra. Anche la sua produzione è molto impegnativa, fattore che, assieme alle preferenze degli appassionati (rivolte a due DVD 9 distinti e con serigrafia), ne ha limitato l’impiego a pochissime edizioni speciali.
Continuando ad analizzare le principali caratteristiche tecniche del formato, incontriamo ora quello che viene denominato BIT RATE. Questo termine indica la quantità di dati (relativi a tracce audio, video e sottotitoli) che ogni secondo sono trasferiti dal DVD al decoder, che appunto “trasformerà” quest’ultimi in immagini e suoni. Misurato in Megabit per secondo, è un parametro fondamentale per comprendere la qualità di un riversamento. Il bit rate massimo di un DVD tocca i 10 Megabit per secondo.
Riversare un film su DVD a 10 Mbit/s costanti è purtroppo impossibile, dato che lo spazio su disco si esaurirebbe in meno di un’ora. Per ovviare a questo problema, i responsabili dei riversamenti di film in DVD ricorrono solitamente alla tecnica dell’ottimizzazione: questa consiste appunto nell’ottimizzare il bit rate (relativo all’immagine, dato che i valori di audio e sottotitoli sono fissi) in base al genere di pellicola che si ha di fronte. Ad esempio, in film con azione molto intensa si può fare in modo che il bit rate saturi il decoder (vi sia quindi, per capirci, un grande scambio di “informazioni” tra le due parti) nei momenti critici, ma tenda a stabilizzarsi su una soglia minima prestabilita nei passaggi più tranquilli. Viceversa, in film particolarmente statici si può ridurre il bit rate e fare in modo che questo non salga oltre una soglia massima anche nelle sequenze leggermente più dinamiche. Talvolta comunque, a bit rate elevati corrisponde una qualità video solo discreta: ciò può dipendere sia dalla scarsa qualità del materiale d’origine che dalla presenza di numerose tracce audio e sottotitoli, in grado di sottrarre all’immagine anche una fetta consistente di spazio.
In stretta relazione con il bit rate è la PERCENTUALE D’OCCUPAZIONE, che solitamente, all’interno di una recensione, identifica la quantità di spazio occupata su un DVD da film e contenuti speciali, in maniera indistinta. Il suo rapporto con il bit rate è di proporzionalità diretta (un riversamento con bit rate molto elevato necessita di molto spazio) e in assenza di numerosi extra la sua lettura può rappresentare un anticipatore piuttosto veritiero di quella che sarà la qualità del DVD sotto il profilo video.
Ovviamente le percentuali di occupazione calcolate su DVD 5 non si possono confrontare con quelle su DVD 9, a meno di non tenere conto delle capienze differenti. In questo senso, è allo stesso tempo interessante e sconfortante notare come spesso i DVD 9 siano sfruttati per poco più del 50-60%, come si trattasse di semplici DVD a singolo strato con una piccola “appendice”: a mio parere ciò avviene perché i produttori, anche in presenza di trasferimenti a bit rate medio-basso, preferiscono utilizzare una tipologia di dischi che, come già accennato, rendono più difficile la copia integrale del contenuto.
Termino questa “panoramica” sulle caratteristiche tecniche del formato DVD, illustrando il significato di altri tre termini, il primo dei quali, il FLAG, riguarda il contenuto audio, mentre i due successivi, il FORMATO D’IMMAGINE ORIGINALE e il FORMATO D’IMMAGINE EFFETTIVO, il contenuto video.
Il FLAG è sostanzialmente un piccolissimo codice che viene utilizzato nelle tracce audio del DVD per attivare la decodifica Dolby Digital, DTS, o anche, più semplicemente, Dolby Pro Logic. In tutti questi casi l’amplificatore passerà dalla modalità stereofonica “di base” (nel senso che ormai tutti i film riversati in DVD possiedono questa traccia), a quella multicanale, che permetterà di far fuoriuscire i diversi effetti audio della pellicola da diverse fonti dislocate in vari punti della stanza di visione, creando in questo modo un “ambiente sonoro” di grande effetto, quasi come al cinema.
Ricordo, per maggior chiarezza, che la colonna sonora di un film in Dolby Digital contiene fino a 5.1 canali audio separati; quella in Dolby Surround contiene fino a 4 canali di audio codificato e, infine, la riproduzione di un DVD su 2 canali è compatibile con il normale Stereo e con il Dolby Pro Logic.
Con il FORMATO D’IMMAGINE ORIGINALE si vuole indicare il rapporto fra le dimensioni (base – altezza) della pellicola proiettata al cinema. Può essere pari a 1,85:1, ottenuto tramite mascheramento del fotogramma 35 millimetri, oppure 2,35:1, ottenuto tramite l’allargamento del fotogramma che era stato ristretto, in fase di ripresa, utilizzando una lente anamorfica. In ognuno di questi casi si tratta del formato originale d’immagine voluto dal regista.
Per FORMATO D’IMMAGINE EFFETTIVO si intende invece il rapporto fra le dimensioni dell’immagine che viene riversata su DVD. Purtroppo non sempre coincide con il formato d’immagine originale. In qualche caso (molto raro, fortunatamente) il formato originale 1,85:1 viene trasformato in 4:3 (il formato standard della trasmissione televisiva, quella a “schermo pieno”, tanto per intenderci) tagliando porzioni di immagini ai lati, mentre il 2,35:1 viene ridotto a 2,1:1 o a 1,85:1. Questi procedimenti sono davvero deplorevoli, dal momento che annullano il bilanciamento del quadro voluto in origine dal regista. Altrettanto indegna è l’operazione contraria, eseguita su vecchi classici in formato 4:3 per adattarli al rapporto di proporzioni 1,77:1 dei moderni schermi 16:9.
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