Ma le macchine pensano?
“Turing può essere considerato lo scienziato che maggiormente ha rappresentato il carattere interdisciplinare e complesso di tutto il lavoro sulle macchine e in particolare sui metodi di simulazione dell’intelligenza nelle sue varie accezioni”1
L’interesse che Turing iniziò a manifestare durante la Seconda Guerra Mondiale, era indirizzato allo studio dell’intelligenza umana e la creazione di macchinari capaci di simularla2. Questa posizione lo avvicinava alla schiera di studiosi britannici che iniziarono ad orbitare intorno al concetto di Cibernetica3, la quale riteneva che l’intelligenza non fosse una caratteristica esclusiva degli esseri umani, ma di qualsiasi organismo o strumento meccanico in grado di adattarsi, prendere decisioni e auto-organizzarsi per interagire efficacemente con l’ambiente”4.
Un concetto che è alla base dei discorsi sull’intelligenza artificiale è quello di macchina non organizzata. Per Turing affinché si possa ragionare in termini di intelligenza artificiale si deve partire dal presupposto che la macchina sia capace di auto-organizzarsi. In questa macchina gli elementi dovevano collegarsi tra di loro in modo casuale, e il percorso di apprendimento doveva essere la risultante del rafforzamento o meno di questi legami tra i singoli nodi interconnessi tra loro. Quindi Turing si interessò soltanto di macchine diverse da quelle tradizionali, macchine aperte alle contaminazioni (contatti) con l’esterno, a differenza di quelle tradizionali. È lo stesso Turing che in un articolo specifica l’importanza rivestita dall’interferenza nelle macchine non organizzate, le quali hanno come fine quello di simulare l’intelligenza umana:
“[…] Un uomo è in costante comunicazione con gli altri uomini e riceve continuamente stimoli visivi e di altro genere che di per sé costituiscono una forma di interferenza.”5
Turing paragona le macchine non organizzate alla corteccia cerebrale di un bambino che al momento della nascita equivalgono. La loro evoluzione si manifesterà col tempo tramite le interferenze, e allo stato adulto rimarrebbero soltanto delle quantità residuali del comportamento casuale delle origini. L’importanza specifica dell’interferenza, era propriamente la possibilità di modificare il comportamento della macchina rendendola automaticamente capace d’”apprendimento”, e questo processo era reso possibile grazie alla tavola delle istruzioni (che rivestivano il ruolo principale), le quali modificandosi di volta in volta rimandavano ad una capacità di auto-modifica. Turing aveva piena fiducia nelle possibilità di costruire macchine pensanti, ne era convinto, e questo proposito risultava chiaro anche da alcune relazioni scritte nel 1948 quando dice:
“un forte argomento a favore della progettazione di macchine pensanti deriva dal fatto che è possibile costruire meccanismi per imitare qualsiasi parte limitata dell’uomo.”6
Però la possibilità che questa nuova macchina potesse fare esperienza da sola, dipendeva dalla libertà di aggirarsi per il mondo (“per la campagna”); libertà non tanto scontata in quanto presupponeva una serie di problematiche etiche, per esempio si sarebbe trovata a diretto contatto con gli abitanti normali. Si noti come Turing mantenga sempre una elevata considerazione dell’ambiente e dello scambio che essa presuppone.
Questa impresa di costruzione di una macchina-uomo integrale venne però progressivamente abbandonata, molto probabilmente perchè ci si rese conto che la riproduzione del corpo era un obiettivo al quale era impossibile arrivare allo stato attuale della scienza e della conoscenza.
Ci si focalizzò allora su quegli aspetti “soft” che facevano riferimento alle attività del cervello umano. Ciò comunque, limitava di molto l’ambito dell’intelligenza, consentendone una reale applicazione soltanto ad aree ristrette come poteva essere il gioco degli scacchi, la crittografia, la matematica.
Il passo successivo suggerito e praticato da Turing fu l’addestramento di una macchina capace di emulare l’intelligenza umana. Turing introdusse una macchina non-organizzata di tipo P sulla quale sperimentò un sistema di piacere-dolore. Questa nuova macchina differiva dalle altre non-organizzate che erano essenzialmente delle reti le cui unità erano interconnesse in modo casuale (caotico). Il nuovo strumento di ricerca era costituita da una macchina di Turing senza nastro la cui descrizione era incompleta. La differenza si situava diciamo nell’aspetto software (l’indeterminatezza della descrizione) piuttosto che hardware (le interconnessioni delle reti), conviene lasciarne allo stesso Turing la spiegazione:
“quando si raggiunge una configurazione per la quale l’azione è indeterminata, viene compiuta una scelta casuale del dato mancante che viene inserito provvisoriamente nella descrizione e applicato. Quando si ha uno stimolo di dolore tutti gli inserimenti provvisori sono cancellati, mentre quando si ha uno stimolo di piacere tutti sono resi permanenti.”7
Un importante punto introdotto, va rintracciato nella possibilità, che si doveva riconoscere alla macchina, di commettere degli errori come presupposto per una qualche manifestazione di intelligenza; c’era però un altro vincolo (oltre a quello tecnologico) che impediva una simulazione di intelligenza meccanica. Infatti ci si era soffermati soltanto su un aspetto necessario allo sviluppo di intelligenza e cioè la “disciplina”, la capacità di obbedire a determinati ordini; occorreva invece dotare la macchina di “iniziativa”, di capacità creativa nella risoluzione dei problemi. Successivamente Turing aggiunse alcune condizioni indispensabili per arrivare alla creazione di macchine intelligenti, come la capacità di occuparsi di se stessa (osservando i propri comportamenti la macchina li avrebbe modificati di conseguenza per raggiungere con maggiore efficacia il suo scopo), e di conseguenza il fondamentale ruolo che avrebbe dovuto svolgere il programmatore, aiutando la macchina ad accedere all’esperienza e alle informazioni necessarie al suo addestramento, e alla necessità di premiarla o punirla in merito alle scelte da lei effettuate. Un concetto importante introdotto da Turing inerente l’intelligenza delle macchine, è dato inoltre dal Test che da lui prende il nome.
È lo stesso Turing intervenendo ad un dibattito radiofonico con altri scienziati a spiegare il senso del test:
Vorrei suggerire un tipo particolare di test che si potrebbe applicare ad una macchina. Potreste chiamarlo un test per vedere se la macchina pensa […] l’idea del test è che la macchina deve provare a fingere di essere un uomo, rispondendo alle domande che gli vengono poste, e lo supera solo se la finzione è ragionevolmente convincente8.
Questo intervento aiuta a chiarire alcuni aspetti di questo test, che può essere visto come un esame che la macchina supera se riesce ad aggirare una giuria di non esperti che pone domande generiche. I due punti si cui conviene posare attenzione sono l’inganno che la macchina deve attuare e la giuria di non esperti. Turing infatti non richiedeva alle macchine la risoluzione di problemi complessi, ma aveva l’obiettivo di conseguire risposte condivisibili. Si cercava di proporre un metodo che riconoscesse socialmente dei comportamenti intelligenti paragonabili a quelli umani ma prodotti da dispositivi meccanici, quindi regole per conseguire comportamenti corretti, anche se non vincenti. Si sottolineava la tendenza a definire l’intelligenza attraverso un processo di riconoscimento sociale, infatti il test si proponeva di emulare l’abilità linguistica vale a dire l’applicazione di un sistema di regole condivise socialmente.
Dovrebbe essere ora più chiaro la strada intrapresa da Turing e il significato che attribuiva al termine intelligenza, dall’analisi del suo lavoro è possibile rintracciare un’anticipazione di tutti i temi principali del dibattito sull’intelligenza artificiale nato nella seconda metà degli anni ’50 e tuttora in corso.
- T. Numerico, Alan Turing e l’intelligenza delle macchine, Milano, Franco Angeli Editore, 2005, p.181. [↩]
- A sostegno è utile precisare che in quegli anni Turing si imbatté anche nello studio dell’embriologia, della morfologia. [↩]
- Turing parteciperà ad una serie di convegni con la comunità Cibernetica inglese, nell’ambito di incontri col Ratio Club. [↩]
- T. Numerico, Alan Turing e l’intelligenza delle macchine, Milano, Franco Angeli Editore, 2005, p.157. [↩]
- Alan Turing 1948 [↩]
- Il riferimento è al rimpiazzo di parti anatomiche con parti meccaniche come telecamere, microfonici, altoparlanti. [↩]
- Turing 1948 [↩]
- Dibattito radiofonico tenutosi nel Gennaio del 1952 alla presenza di Geoffrey Jefferson (professore di neurochirurgia) e Max Newman (matematico e professore di Turing). [↩]
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