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Telepresenza e Bioarte: l’arte dialogica di Eduardo Kac tra conigli, robot e fiori
Chi non ricorda, o non ha mai visto l’iconografia del coniglio verde scrollando i siti Internet o sfogliando un catalogo di arte contemporanea? Chi concretamente lo ha visto? Sono semplici domande per introdurre l’edizione italiana di Telepresence & Bio Art. Interconessioni in rete fra umani, conigli e robot a cura di Pier Luigi Capucci e Franco Torriani. Questo importante lavoro di Eduardo Kac è stato pubblicato in America nel 2005. L’edizione italiana arriva dopo ben undici anni, con un gran lavoro di traduzione e una parte conclusiva di aggiornamento. Eduardo Kac, artista conosciuto in un circuito internazionale per l’arte e la telepresenza, è sicuramente uno dei nuclei fissi quando si affrontano certe tematiche. L’artista brasiliano è stato uno dei pionieri dell’arte e della telecomunicazione durante gli anni Ottanta, per poi realizzare opere radicali e importanti che mettono in gioco la teleroborotica e gli organismi viventi, innescando nuove domande, confronti e anche scontri, dove l’etica e l’estetica coabitano in maniera dialogica nella complessità del mondo digitale. Kac mette in luce quello che chiamiamo Arte Transgenica aprendo in maniera radicale conflitti sulle significazioni della vita, delle vite artificiali, e persino di quelle sintetiche (la terza vita). Biotecnologie, robotica, multimedialità, telepresenza sono tutti ingredienti che farciscono le ricette artistiche di Eduardo Kac. Dove finisce l’etica a favore dell’estetica? Quando l’estetica comunica la possibilità di nuove vite? Al centro di tutta la poetica di Kac c’è sicuramente una rivoluzione radicale del significato di estetica, enfatizzando gli aspetti della vita sociale e sottolineando un nuovo concetto che ha declinato nuove definizioni di pratiche estetiche, appunto quelle transgeniche. Proprio Kac ci invita a condividere, da un lato, le preoccupazioni delle discipline che ci offrono modelli cognitivi, ma dall’altro ci fa riflettere sugli aspetti sociali, politici, emozionali e filosofici della vita.

Eduardo Kac, Time Capsule, evento dell’11 Novembre 1997
Il libro pubblicato dalla casa Editrice CLUEB nella collana <mediaversi>, coprodotta da Noema, scorre su due onde. Da un lato, si calvalca la parte documentale e storica, dalle avanguardie fino all’evoluzione dei media art. Dall’indice si estrapolano tre percorsi interni, il primo di questi, segue gli aspetti estetici delle telecomunicazioni, con un excursus che parte dalle applicazioni meno recenti (telegrafo, radio, telefono, xerografia, telegrafia, fax, mail art, videotext, satelliti) per arrivare alla televisione, al video, all’informatica e ai personal computer. Kac evidenzia sicuramente l’effetto pervasivo ed ubiquo dei mezzi di comunicazione e, allo stesso tempo, risalta la parte dialogica dell’arte elettronica delle forme artistiche interattive. L’arte interattiva di Kac si basa appunto su un contesto dialogico importante di interscambio continuo e spaziale. Infatti secondo l’artista brasiliano, più l’arte elettronica impara dalle qualità affascinanti e imprevedibili dell’interazione conversazionale, più si avvicinerà a indurci in un processo di negoziazione del significato. Questa condizione secondo Kac è la vera chiamata dialogica dell’arte.
Nella seconda parte l’attenzione di Kac si sposta verso l’arte della telepresenza e della robotica, rilevando le relazioni dialogiche che contaminano il contemporaneo. Secondo Kac, infatti, l’arte della telepresenza è una modalità per esprimere, a livello estetico, i cambiamenti culturali e lo scambio in tempo reale di informazioni audiovisive. L’artista brasiliano ci pone una sfida antropologica, teologica e tecnologica invitando gli spettatori a sperimentare nuovi mondi. Questo spazio di reciprocità riesce a creare una riflessione autentica tra reale e virtuale, tra vita e vite nuove: un’ibridazione contaminante. Infine, la terza parte del libro viene dedicata alle bioarti, ossia quelle forme artistiche basate sulla biologia. Anche qui la comunicazione assume un’importanza fondamentale, per questo Kac è così attento a una disciplina come la biosemiotica, che considera la comunicazione una caratteristica essenziale della vita. La comunicazione interconnette specie diverse (“dialogo interspecie”) integrando la biologia e la robotica. Biologia e comunicazione (e telecomunicazione) devono coesistere in un profondo rapporto reciproco.

Eduardo Kac, Teleporting an Unknwon State, 1994, pianta, Internet, legno, video proiettore. Edition of 2
Kac conosce molto bene i mass media e spesso li integra nelle opere, potenziandole; ne sono esempi Time Capsule e GFP Bunny. La bio-(tele)comunicazione è fondamentale nei lavori come Concerning Human Understanding e Teleporting in an Unknown State. Fondamentale è anche il connubio tra biologia e robotica, (“biorobotica”), dove robot che incorporano elementi biologici “reali e attivi” creano territori ibridi. In A-positive, ad esempio, l’artista per via endovenosa dona il proprio sangue al robot che ne estrae ossigeno con cui alimenta una fiammella, metafora della vita, e restituisce glucosio al corpo umano. In questo lavoro Kac realizza uno scambio simbiotico tra corpo umano e corpo robotico, tra organico e inorganico, che si alimentano a vicenda. È proprio il corpo ad essere totalmente incorporato “tecnologicamente”, in altre parole si dispone alla tecnologia.

Eduardo Kac, Ed Bennett, A-positive, 1997
A questo punto ci chiediamo se è possibile un’etica della robotica (roboetica) ascrivendo un’evoluzione dell’ecosistema artificiale umano. Queste creature possono essere biologiche (mutanti), biosintetiche (prodotte dall’ingegneria genetica), inorganiche (robot), algoritmiche (vita artificiale) o biobotiche (ibridi di macchine e organismi). L’arte è libera di esplorare il potenziale creativo di questi strumenti offrendoci una prospettiva critica e filosofica, superando persino i confini.. Kac con i suoi lavori apre al dibattito sull’arte transgenica, dove l’ingegneria genetica porta all’estremo la possibilità di modificare gli organismi viventi. Secondo Kac, infatti, l’arte transgenica diviene una nuova forma d’arte basata sull’uso di tecniche di ingegneria genetica per creare esseri viventi unici, trasferendo geni sintetici a un organismo, mutando i geni stessi di un organismo, oppure trasferendo materiale genetico da una specie a un’altra. La genetica molecolare permette così all’artista di ingegnerizzare il genoma delle piante e degli animali, creando nuove forme di vita.

GFP Bunny (Alba), il coniglio fluorescente, 2000 (Foto: Chrystelle Fontaine)
Come anticipato all’inizio, chi non ha mai incontrato GFP Bunny (Green Fluorescent Protein) o più comunemente chiamato Alba, un coniglio femmina albino transgenico fluorescente. Alba è stata creata in laboratorio introducendo un gene della fluorescenza modificato, sequenziato da una medusa luminosa, l’Aequorea Victoria, che vive nel Pacifico. Quando è illuminata da una luce particolare Alba emette una fluorescenza verde. Questa operazione, apparentemente innocua, rende GFP Bunny una chimera. Se ci pensiamo un momento, Alba è la risultate di sperimentazioni scientifiche che spesso vengono ghettizzate nei laboratori di ricerca. Quello che Kac è riuscito a fare invece è un fatto-atto comunicativo, ossia è stato capace di trasformare un esperimento scientifico in un linguaggio performativo, scatenando una serie di importanti dibattiti. Alba non è mai stata esposta in nessun evento pubblico, ma ha creato allo stesso tempo un evento mediatico a livello internazionale. Alba in altre parole è comunicazione performativa, dove l’evento ha attivato e attirato confronti, relazioni, scontri e così via. Per Kac quindi l’arte transgenica offre un concetto di estetica che enfatizza gli aspetti sociali piuttosto che quelli formali della vita e della biodiversità, sfida l’idea di purezza genetica e comprende un lavoro accurato a livello del genoma, mettendo in evidenza la fluidità del concetto di specie in un contesto sociale sempre più transgenico. GFP Bunny evidenzia il fatto che gli animali transgenici sono creature normali che fanno parte della vita sociale come ogni altra forma di vita.
L’arte acquista così un valore sociale dove in questo caso la genetica si trova ad abitare il dentro e il fuori della disciplina della biologia molecolare, contaminando sia il mondo della scienze che delle arti, creando un terzo spazio dialogico. Ecco che qui l’estetica si apre ad una nuova dimensione simbolica e pragmatica dell’arte, creando addirittura nuove forme di vita e la conseguenza responsabilità nei confronti di essa. Kac ha contaminato anche il mondo vegetale attraverso il lavoro Edunia, un fiore geneticamente modificato che mescola il corpo dell’artista insieme al corpo del fiore, in questo caso una petunia. In altre parole, da un campione di sangue dell’artista brasiliano è stato isolato e sequenziato un gene: integrato nel cromosoma della pianta, si esprime nelle venature rosse del fiore. Il risultato di questa manipolazione molecolare è stata una fioritura che ha generato l’immagine vivente del sangue umano che scorre nelle venature di un fiore. Edunia rappresenta l’ibridazione tra specie diverse innescando una contaminazione dei viventi.
Kac, il creatore di conigli fosforescenti e piante “sanguinanti”, dove persino gli androidi sognano pecore elettriche, in qualche modo prevede una mutazione antropologica attraverso le nuove tecnologie (e in maniera particolare quelle mediche e genetiche). Il corpo non viene più percepito come un sistema naturale autoregolato, bensì come un oggetto controllato artificialmente e trasformato elettronicamente. L’arte in questo senso potrebbe utilizzare “creativamente” questo patrimonio tecnologico ibridando i regni naturali, umano, vegetale e animale. Il risultato è quello della perdita, della sospensione delle leggi della natura, o meglio la ridefinizione di queste attraverso le leggi della tecnica in direzione di una prospettiva post-umana. L’attenzione dovrebbe indirizzarsi verso una consapevolezza attenta ai segni sconosciuti, affinché si possano aprire nuovi orizzonti di senso.

Eduardo Kac, Natural History of the Enigma, fiore transgenico con DNA dell’artista expresso nelle venature rosse, 2003/2008. Collezione Weisman Art Museum (Foto: Rik Sferra)
Oggi le discipline biologiche – e le loro ricadute nella medicina, nell’ambiente, nelle scienze della vita, nello studio dell’evoluzione, fino al connubio con robotica e dispositivi digitali – sono tra i campi di ricerca più attivi. La biologia è uscita dalla dimensione scientifica esclusiva per farsi paradigma culturale. Dalla genetica e dalle biotecnologie provengono numerose applicazioni pratiche utili e spesso vitali. Anche nell’arte il panorama è cambiato, quel che un decennio addietro era considerato bizzarro o mostruoso è oggi un campo esteso e complesso attraverso il quale guardare il futuro. L’arte biotech ha trovato disponibilità nel mondo dell’arte attivando la nascita di nuove forme di vita. Hauser, uno dei massimi teorici sul mondo delle bioarti, ci fa riflette su come proprio la bioart, oggi, si situa fra il regno simbolico dell’arte e quello della vita vera. La condizione transgenica umana ci rivela come l’essere umano e le altre specie viventi si stanno evolvendo verso nuovi mondi. Ciò ci porta alla necessità di sviluppare nuove metodologie e modelli per comprendere questa mutazione antropologica. Il lavoro di Kac sicuramente evidenzia la responsabilità dell’artista (e non solo) portando l’arte fuori di sé e consegnando allo spettatore-lettore l’occasione di riflettere sulla vita stessa e sulle plurali e possibili terze vite. Kac ci offre la possibilità di un confronto diretto e profondo dalle vite sintetiche a quelle artificiali, esplorando nuovi territori tendenti alla vita.
Telepresence & Bioart: Eduardo Kac’s dialogic art in between rabbits, robots and flowers
Who does not remember or has ever seen the green rabbit iconography while scrolling Internet sites or browsing a catalog of contemporary art? Who has actually seen it? These are simple questions to introduce the Italian publication of Telepresence & Bio Art by Eduardo Kac. Compared to the original one (Ann Arbor, The University of Michingan Press, 2005), the Italian edition also features a new essay by the author, with a comprehensive preface by the Italian editors Pier Luigi Capucci (President of Noema) and Franco Torriani. The Italian edition comes after eleven years, after an industrious work of translation and including an updated conclusive part. Eduardo Kac, an artist known in the international circuit for art and telepresence, is certainly one of the cornerstones when dealing with certain themes. The Brazilian artist was one of the pioneers of telecommunication art during the 1980s, and then carried out radical and important works that put into play teleroborotics and living organisms, triggering new questions, comparisons and even clashes. Ethics and aesthetics coexist in a dialogical way in the complexity of the digital world. Kac highlights what we call Transgenic Art, opening up a radical conflict about the meanings of life, artificial lives, and even synthetic lives (the third life). Biotechnologies, robotics, multimediality, telepresence are all ingredients that infest Eduardo Kac’s artistic recipes. Where does ethics end thus handing over to aesthetics? When can aesthetics communicate the possibility of new lives? At the center of all Kac’s poetics there is surely a radical revolution of the meaning of aesthetics: he emphasizes the aspects of social life, highlighting a new concept that has revealed new definitions of aesthetic practices, namely transgenic practices. Kac invites us to share the concerns of the disciplines that offer us cognitive models, on one hand, but then, on the other, he invites us to reflect on social, political, emotional and philosophical aspects of life.

Eduardo Kac, Time Capsule, event on November 11, 1997
The book published by CLUEB in 2016 in the series <mediaversi>, co-produced by Noema, runs on two waves. On one hand, in the first part, we can follow the documentary and historical part, from the avant-gardes until the evolution of art media. Three internal paths are extracted from the index, the first of which follows the aesthetic aspects of telecommunications, with an excursus that starts from the oldest applications (telegraph, radio, telephone, xerography, telegraphy, fax, mail art, videotext, satellites) up to television, video, computer and personal computers. Kac certainly shows the pervasive and ubiquitous effect of media and at the same time he emphasizes the dialogic part of interactive electronic art forms. Kac’s interactive art is based on an important dialogical context of continuous and spatial interchange. According to Kac, the more electronic draws from the fascinating and unpredictable quality of conversational interaction, the more it gets us to engage in a process of negotiating meaning. This is the real dialogic call of art according to Kac.
In the second part, Kac’s core discourse moves towards the art of telepresence and robotics, highlighting dialogic relationships that contaminate the contemporary. According to Kac telepresence art is a mode to express, at an aesthetic level, cultural changes and live exchange of audiovisual information. He sets an anthropological, theological, and technological challenge inviting the spectator to experiment new worlds. This space of reciprocity creates an authentic reflection between real and virtual, between life and new lives: a contaminating hybridization.
Eventually, the third part of the book is devoted to bioart – as in biology-based art forms. Here as well, communication gains the main importance. This is why Kac is so attentive to a discipline like biosemiotics, which considers communication as a vital feature of life. Communication interconnects and makes different species interact (“interspecific dialogue”) by integrating biology and robotics. Biology and communication (and telecommunication) must coexist in a deep mutual relationship.

Eduardo Kac, Teleporting an Unknwon State, 1994, plant, Internet, wood, webcam, video projector. Edition of 2
Kac knows mass media very well and often incorporates them into his works, enhancing them: some examples are Time Capsule and GFP Bunny. Bio-(tele)communication is crucial in some of his biotechnical works such as Concerning Human Understanding and Teleporting in an Unknown State. Another main issue at the core of his work is the relationship between biology and robotics, (“biorobotics”), where robots incorporate “real and active” biological elements for creating hybrid territories. For example, in other Kac’s work, A-positive, the artist gives his own blood to the robot by means of intravenous exchange; the robot extracts oxygen with which it feeds a flame (metaphor for life) and it returns glucose to the human body. In this work, Kac realizes a symbiotic exchange between the human body and the robotic body, between organic and inorganic, that feed each other. It is the Body that is totally “technologically” embedded: in other words, it turns itself available to and through technology.

Eduardo Kac, Ed Bennett, A-positive, 1997
At this point, we wonder if an ethics of robotics (roboetics) that evokes an evolution of the human artificial ecosystem is possible. These creatures can be biological (mutant), biosynthetic (produced by genetic engineering), inorganic (robot), algorithmic (artificial life) or biobotic (hybrid machines+organisms). Art is free to explore the creative potential of these tools by offering us a critical and philosophical perspective, and thus by even crossing the borders. With his work Kac opens himself to the debate on transgenic art, where genetic engineering stretches out the edges of the possibility of modifying living organisms. According to Kac, transgenic art employs a new art form based on the use of genetic engineering techniques to create unique living beings by transferring synthetic genes to an organism, by mutating the genes of an organism, or by transferring genetic material from a species to another. Thus, molecular genetics allows the artist to engineer the genome of plants and animals, hence creating new forms of life.

GFP Bunny (Alba), the fluorescent bunny, 2000 (Photo: Chrystelle Fontaine)
As stated at the beginning: who has ever really encountered GFP Bunny (Green Fluorescent Protein) – more commonly called Alba, a fluorescent transgenic albino female rabbit? Alba was created in a lab by introducing a modified fluorescence gene, sequenced by a luminous jellyfish, Aequorea Victoria, which lives in the Pacific Ocean. When the rabbit is lit by a particular light, it emanates a green fluorescence. This seemingly harmless operation makes GFP Bunny a chimera. If we think of it, Alba is the result of scientific experiments that are often ghettoized in research laboratories. Instead, what Kac has produced is a communicative fact-act: he was able to transform a scientific experiment into a performance language, thus triggering a series of important debates. Alba has never been on show in any public event, still it has turned into an international media event. In other words, Alba is performative communication: the event has activated and attracted comparisons, relationships, clashes and so on and so forth. Therefore, for Kac transgenic art offers a concept of aesthetics that emphasizes social rather than formal aspects of life and biodiversity, it challenges notions of genetic purity, it includes genome-accurate work, and highlights the fluidity of the concept of species in an increasingly transgenic social context. GFP Bunny highlights the fact that transgenic animals are normal creatures that are part of social life like any other form of life and therefore deserve love and care like any other animal.
Therefore, art acquires a social value in such cases as this, when genetics resides both in and out of the discipline of molecular biology, contaminating both the world of science and art, thus creating a third dialogical space. Here aesthetic enters a new symbolic and pragmatic dimension of art, even by creating new forms of life and hence the consequence of the responsibility towards it.
Kac has also contaminated the plant world with his work Edunia, a genetically modified flower that merges the body of the artist with the body of the flower, in this case a petunia. In other words, a gene from the Brazilian artist’s blood was isolated and sequenced, then integrated into the chromosome of the plant, and eventually it expressed itself in red veining of the flower. The result of this molecular manipulation was a flowering that generated the living image of human blood flowing in the veins of a flower. Triggering a contamination of the living, Edunia represents a hybridization between different species.
Creator of fluorescent rabbits and “bleeding” plants, where even androids dream electric sheep, Kac somehow envisages an anthropological mutation already realized through new technologies, especially medical and genetic. In other words, the body is no longer perceived as a self-regulated natural system, but as an artificially controlled and electronically transformed object. In this sense art might “creatively” use this technological heritage by hybridizing natural, human, plant, and animal kingdoms. The result is the loss, the suspension of the laws of nature; or rather, the redefinition of the laws of nature through the laws of technique, in the direction of a post-human perspective. Attention should be directed towards a conscious awareness of unknown signs, so that new horizons can be opened.

Eduardo Kac, Natural History of the Enigma, transgenic flower with artist’s own DNA expressed in the red veins, 2003/2008. Collection Weisman Art Museum. Photo: Rik Sferra
Today, biological disciplines – and their implications in medicine, environment, life sciences, in the study of evolution, up to combining them with robotics and digital devices – are among the most active research fields. Biology has emerged from an exclusive scientific dimension to turn into a cultural paradigm. Even though still perceived as suspicious, genetics and biotechnology provide many useful and often life-saving practical applications. Even in the field of art the landscape has changed: what a decade ago was considered bizarre or monstrous is today an extended and complex field through which we can stare at the future. Biotech art has found an open door into the art world by activating the emergence of new forms of life. Hauser, one of the main bioart theoretical, make us reflect on how bioart today places itself between the symbolic realm of art and real life. The human transgenic condition reveals how human beings and other living species are evolving into new worlds. This leads us to the need of developing new methodologies and models to understand this anthropological mutation. Kac’s work highlights the responsibility of – and not exclusively of – the artist. He drags art outside its borders and gives the viewer-reader the possibility to reflect on life itself and on plural and possible third lives. Kac offers us the possibility of a direct and deep confrontation on different themes ranging from synthetic lives to artificial lives, thus unleashing the possibility of exploring new territories stretching out towards life.
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