Italiano [English below]
Dopo il testo Visioni Digitali del 2016, Simone Arcagni ritorna con una nuova e importante pubblicazione L’Occhio della macchina, sempre edito da Einaudi, per la collana I Maverick. Il professore associato presso l’Università di Palermo dopo aver affrontato con il primo volume le nuove forme dei media digitali e dell’universo audiovisivo, sposta il suo occhio posizionando lo sguardo dentro ad un contesto contemporaneo sempre più ibrido e complesso. L’Occhio della macchina di Arcagni definisce nuove visioni prodotte da uno scenario quale l’infosfera (citando il filosofo italiano di Oxford Luciano Floridi), in cui si abbracciano vicendevolmente cortocircuitando Matematica, Informatica, Biologia, Neuroscienze e Filosofia etc…
L’occhio dello studioso italiano è un occhio plurale, multicentrico che riposiziona lo sguardo continuamente partendo dall’Occhio della macchina, indagandone la sua storicità, la sua etica, la sua “visionica” (cara a Virilio) per poi spostare la pupilla verso il computazionale. Arcagni ci fornisce così un parallelismo profondo e antico tra uomo e macchina legando da una parte il processo matematico che con il suo occhio scivola dentro il linguaggio universale (characteristica universalis) di Gottfried Wilhem Leibniz, dall’altra si unisce ad un progetto filosofico e monadico (e nomade) recuperando il sogno cartesiano (mathesis universalis). Questo occhio computazionale-matematico conquista una più vasta “cosmogonia” compenetrando il linguaggio formale della Logica con il determinismo meccanicistico.
Cartesio, Bacone, Galileo edificano una meravigliosa matrice spingendo questa matematicizzazione del sapere verso un’algoritimizzazione del vedere, mentre George Boole lega con eleganza la Matematica alla Logica, o meglio la Logica diviene essa stessa disciplina della Matematica modificandone in maniera radicale la prospettiva. L’occhio dispone il reale alla visione – restituendoci un uomo elettronico (corpo-protesi) innervato e connesso con le tecnologie, retaggio dell’uomo tipografico (Galassia Gutemberg) evocato sempre dal sociologo canadese Marshall McLuhan.
Come un comandate della nave, l’Occhio di Arcagni si fa sguardo clinico, processuale e cibernetico governando con estrema perizia il lettore, per poi accompagnarlo in una commistione sempre più complessa tra matematica, comunicazione ed intelligenza artificiale. Norbert Wiener spalanca le porte alla Cibernetica con il sostegno “ecologico” di Gregory Bateson, quello “neuronale” di Warren McCulloch e quello “omeostatico” di William Ross Ashby. Era il 1945. Ma l’interesse verso i sistemi di comunicazione e il controllo dei flussi di informazioni recuperano l’ingegno e l’attenzione verso i numeri grazie alla prima donna che spalanca le porte all’informatica moderna, Ada Lovelace (figlia del poeta inglese Lord Byron). I suoi appunti danno inizio alla storia degli algoritmi interessandosi alla macchina di Babbage (prima architettura di un calcolatore moderno).
L’occhio cristallino di Arcagni distende i muscoli del bulbo oculare per affrontare in maniera dettagliata il nervo ottico della macchina che diviene a sua volta tecnologico, amplificandone persino le possibilità visive di un sistema complesso. Da un lato la storia del computer viene da molto lontano, dall’abaco alla macchina di Ancitera (100 a.C) attraversando poi l’ingegno di Pascal (con la sua Pascalina), il telaio Joseph-Marie Jacquard, la macchina di calcolo meccanica di Frank Baldwin e la nascita nel 1911 dell’International Business Machines Corporation che nel 1924 si trasformerà in IBM. Mentre Vannevar Bush progetta una macchina in grado di risolvere problemi matematici complessi, nel 1943 entra nella storia il primo computer elettronico ENIAC progettato da John Mauchly, Presper Ecker e John von Neumann gettando le basi per la Macchina universale del genio matematico britannico Alan Turing.
Nel 1976 Steve Jobs e Steve Wozniak fondano la Apple e progettano il primo personal computer di largo consumo. Arcagni attraverso una breve storia dell’evoluzione tecnologica sfida il visibile e porta il suo occhio fin dentro le camere che si fanno azione (action-camera) come la GoPro, gli smart-phone, i google glasses per poi entrarci dentro (camere endoscopiche). L’esplorazione dello sguardo che ci consegna l’Occhio di Arcagni supera la vista protesica e simbiotica tesa sempre più verso una condizione autonoma e persino biologica. L’occhio che incrociamo si fa artificiale, virtuale, aumentato, diviene sensore, data, per poi estasiarsi e raggiungere la “divinità” (l’Occhio di Dio) controllando qualsiasi movimento umano-metropolitano.
La realtà che incrociamo si mescola tra virtuale e aumentata mixando le loro naturali artificializzazioni. L’occhio si fa ubiquo e la realtà ologrammatica e aumentata. La nostra percezione della realtà diviene paesaggio multi-sensoriale avvolgendo l’intero corpo-mente in una condizione ibrida. L’Occhio di Arcagni si fa senziente-sensibile modificando il suo ambiente verso un’ecologia della visione plurale, elaborata, esperienziale per poi trascendere in una co-fusione tra il codice artificiale della macchina e il codice genetico umano.
In questo ambiente visivo-visuale, lo studioso Arcagni continua a dilatare la sua pupilla sfidando persino la cecità, con la possibilità di poter tornare a vedere costruendo nuovi universi visivi e generativi. L’Occhio della Macchina si ciba dei data per ri-definire un iper-ambiente oramai amalgamatosi con le infinite interrelazioni, connessioni e retroazioni. La macchina si de-antropizza dalla sua funzione e l’uomo conquista un diverso pensiero visuale.
Computer Vision, Image Processing, Computer Graphics sono il risultato di alcune discipline che si mescolano rovesciando lo sguardo dell’occhio-macchina che conquista l’attenzione del lettore. Persino il poeta William Blake resta stupefatto accorgendosi dei nuovi mondi meravigliosi (e complessi) dove natura e artificiale si mescolano in uno sguardo ricorsivo ed infinito. Solitamente l’azione del vedere viene prima delle parole. Il bambino guarda e riconosce prima di essere in grado di parlare: una questione di sguardi. La storia dell’artista contemporaneo di origine britannica e di adozione catalana Neil Harbisson rappresenta un esempio di come, da bambino dopo essergli stata diagnosticata l’acromatopsia (ossia, l’impossibilità di vedere e distinguere i colori), l’artista decide di ampliare la sua sensibilità, progettando insieme a due compagni programmatori e ingegneri un’antenna speciale collegata al cranio che gli permette di convertire i colori in suoni. Questa antenna raccoglie attraverso una piccola telecamera le vibrazioni (impulsi elettromagnetici) della luce trasformandole poi in impulsi interni che le ossa inviano al cervello come vibrazioni differenti per poi tradurle a sua volta in colori. Neil Harbisson diviene il primo cyborg riconosciuto dallo stato britannico.
Gli occhi e il sistema nervoso hanno la responsabilità della sensazione, mentre la mente ha quella della percezione ed è in questo terreno che si gioca la partita più intima e profonda dello sguardo, dove l’occhio-macchina acquista consapevolezza di un universo sempre più ibridato. Non sono più le immagini e nemmeno la tecnologia a desiderare, ma sono gli algoritmi a ri-ontologizzare il nostro mondo, trasformando persino la nostra natura umana e l’Occhio-macchina è il nuovo organo.
After the text Visioni Digitali (2016), Simone Arcagni returns with a new important publication L’Occhio della macchina, still published by Einaudi for the series I Maverick. After dealing with new forms of digital media and the audiovisual universe in the former volume, Associate Professor at the University of Palermo Arcagni shifts his focus to a contemporary context that is increasingly hybrid and complex. Arcagni’s Eye of the Machine defines new visions produced by a context, such as – citing the Oxford-based Italian philosopher Luciano Floridi – the infosphere where Mathematics, Computer Science, Biology, Neuroscience and Philosophy etc… embrace each other by short-circuiting.
The eye of the Italian scholar is a plural, multicentric eye that continuously repositions the gaze starting from the Eye of the machine, investigating its historicity, its ethics, its “visionics” – so dear to Virilio- and then moving the pupil towards the computational. Arcagni thus provides us with a deep and ancient parallelism between man and machine: on one hand he links the mathematical process, that with his eye slides into the Gottfried Wilhem Leibniz’s universal language (characteristica universalis); on the other hand he joins a philosophical and monadic -and nomadic- project, recovering the Cartesian dream (mathesis universalis). This computational-mathematical eye conquers a wider “cosmogony” by intermingling the formal language of Logic with mechanistic determinism. Descartes, Bacon, Galileo build a wonderful matrix pushing this mathematization-cization of knowledge towards an algorithmization of seeing, while George Boole elegantly links Mathematics to Logic, or rather Logic itself becomes a discipline integrated into Mathematics, thus radically changing its perspective.
The eye arranges the real to the vision – giving us back an electronic man (body prosthesis) innervated and connected with technologies, that is heritage of the typographic man (Galaxy Gutemberg), again evoked by the Canadian sociologist Marshall McLuhan. As a skipper of the ship, the Arcagni’s eye becomes a clinical, processual, cyber gaze, it leads the reader with extreme skill, accompanying him in an increasingly complex fusion among mathematics, communication and artificial intelligence. Norbert Wiener opens the doors to Cybernetics with Gregory Bateson’s “ecological”, Warren McCulloch’s “neuronal” and William Ross Ashby’s homeostatic support. It was 1945. But the interest in communication systems and the control of information flows regains ingenuity and attention to numbers thanks to the first woman to open doors to modern computer science: Ada Lovelace, daughter of English poet Lord Byron. Her notes start the history of algorithms with an interest in Babbage’s machine, the first architecture of a modern computer.
Arcagni’s crystalline eye stretches the muscles of the eyeball to face in detail the optic nerve of the machine, which in turn becomes technological, amplifying the visual possibilities of a complex system. The history of the computer comes from a long way off, from the abacus to the machine of Antikytera (100 B.C.), then through the genius of Pascal (with his Pascalina), the Joseph-Marie Jacquard chassis, the mechanical computing machine of Frank Baldwin and the birth in 1911 of the International Business Machines Corporation, which in 1924 will become IBM.
While Vannevar Bush designs a machine capable of solving complex mathematical problems, in 1943 the first ENIAC electronic computer designed by John Mauchly, Presper Ecker and John von Neumann becomes history and lays the foundations for the Universal Machine of British mathematical genius Alan Turing.
In 1976 Steve Jobs and Steve Wozniak found Apple and design the first large-scale personal computer. Through a short history of technological evolution, Arcagni challenges the visible and takes his eye further into action: action cameras such as GoPro, smart-phones, google glasses; and then even further and deeper into endoscopic cameras. The exploration of the look that Arcagni’s Eye gives us goes beyond the prosthetic and symbiotic view that is increasingly aimed at an autonomous and even biological condition. The sight we cross becomes artificial, virtual, augmented; it turns into a sensor, a data, even reaches ecstasy and the “divinity” (the Eye of God) controlling any human-metropolitan movement.
The reality we cross mashes virtual and augmented, mixing their natural artificialisations. The eye becomes ubiquitous and reality becomes holographic and augmented. Our perception of reality turns into a multi-sensory landscape engaging the whole body-mind in a hybrid condition. Arcagni’s Eye becomes sentient-sensitive while modifying its environment towards an ecology of plural, elaborated, experiential vision that then transcends into a co-fusion between the artificial code of the machine and the human genetic code. In this visual environment, the scholar Arcagni continues to dilate his pupil challenging even blindness, with the possibility of being able to see again building new visual and generative universes.
The Eye-Machine feeds itself on data to re-define a hyper-environment that has already completely blended in with endless interrelationships, connections and feedbacks. The machine de-anthropises itself from its function and man conquers a different visual thought.
Computer Vision, Image Processing, Computer Graphics are the result of some disciplines that mash while upturning the gaze of the eye-machine that conquers the reader’s attention. Even poet William Blake is bewildered when noticing these new wonderful (and complex) worlds where nature and the artificial mix in a recursive and infinite gaze. Usually the action of seeing comes before words. The child looks and recognizes before being able to speak: a matter of sights. Neil Harbisson’s story – British-born contemporary artist and Catalan-raised -, is an example of how, as a child, after being diagnosed with achromatopsia (that is the impossibility of seeing and distinguishing colours), he decides to widen his sensitivity, designing together with two fellow programmers and engineers a special antenna connected to the skull that allows him to convert colours into sounds. Through a small camera this antenna collects the vibrations (electromagnetic impulses) of light, transforms them into internal impulses that the bones send to the brain in the form of different vibrations, then the brain translates them into colors. Neil Harbisson was the first cyborg recognized by the British state. The eyes and the nervous system are responsible for the sensation, whereas the mind is responsible for perception. This is the ground where the most intimate and deepest game of the sight is played: where the eye-machine acquires awareness of a universe increasingly hybridized.
It is no longer images or technology that are desired, but algorithms that re-ontologise our world, transforming even our human nature; and the Eye-machine is the new organ.
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