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La Cina
La tutela dell’ambiente è diventata un elemento centrale della Cina del XXI secolo, poiché il Paese non riusciva più a crescere senza considerare il problema dell’inquinamento. Nel 2013, l’inquinamento atmosferico a Pechino e nelle altre metropoli cinesi toccò livelli insostenibili. La Cina ha affrontato il problema dell’inquinamento in modo radicale, da quando Xi Jinping ne è diventato Presidente. La questione ambientale ha scalato l’agenda del Governo cinese e l’opinione pubblica (costituita da individui sempre più ricchi) non condivide gli episodi di scarsa tutela ambientale. Proprio per evitare un risentimento popolare, le autorità hanno decurtato le fabbriche più inquinanti, l’utilizzo del carbone per riscaldare le abitazioni private e le auto tossiche [1].
Il 15 marzo 2019, più di 100 milioni giovani in 183 paesi manifestavano per sollecitare i governi a prendere provvedimenti immediati sull’inquinamento ed i cambiamenti climatici.
Ad Hong Kong, un migliaio di studenti ha sollevato queste e altre proteste, scontrandosi duramente con i rappresentanti del governo di Pechino. Tuttavia, altri focolai di protesta si sono accesi nella Repubblica Popolare per motivazioni molto diverse: a Wuhan, popolosa città di dieci milioni di abitanti e capoluogo dell’Hubei sono scoppiate manifestazioni di contestazione contro la decisione del governo regionale di costruire un nuovo inceneritore, progetto immaginato dalle autorità cinesi quando non si era ancora verificata la vertiginosa crescita dell’urbanizzazione di Wuhan, centro di una provincia il cui PIL cresce dell’8,5% annuo. Le proteste di Wuhan colpiscono il potere cinese, soprattutto per ciò che concerne le aspettative socioeconomiche di una vasta comunità in continua espansione.
Con l’ascesa di Xi Jinping, il Partito comunista ha dichiarato una vera e propria guerra all’inquinamento, rendendo in pochi anni la Cina una guida nella lotta ai cambiamenti climatici per capacità e programmazione degli investimenti. Attualmente, la politica ambientale cinese si contraddistingue per nuovi standard e parametri, multe più salate per gli inquinatori recidivi, dure campagne d’ispezione, investimenti massicci in energie rinnovabili e diversificazione dei mix energetici. Per ridurre gli alti tassi d’inquinamento e per limitare l’uso del carbone, la Cina sta impiegando petrolio, gas naturale, energia nucleare, eolica e solare.
Il carbone rappresenta ancora il 60% del fabbisogno energetico cinese. In questo contesto, rientra anche l’utilizzo dei termovalorizzatori, ovvero gli inceneritori che generano energia con il vapore prodotto dalla combustione dei rifiuti. Il loro impatto sulla salute è fortemente dibattuto, a causa dell’emissione di anidride carbonica. L’introduzione degli inceneritori cozza con le paure della comunità locale che teme il ritorno delle nubi di smog, che per anni hanno avvelenato i cieli della Cina.
L’Hubei comincia ad abituarsi ora all’urbanizzazione massiccia imposta dal governo e legata al gigantesco progetto infrastrutturale della Diga delle Tre Gole sul Fiume Azzurro. Completata tra il 2006 e il 2009, la diga (che è l’impianto energetico più potente al mondo) ha stravolto la demografia e l’ambiente dell’Hubei in nome della rivoluzione del processo di fornitura energetica. Purtroppo, alla costruzione della diga è imputata anche l’estinzione del lipote, il delfino che abitava le acque del Fiume Azzurro.
Gli investimenti nelle rinnovabili hanno reso la Cina il più grande fornitore di pannelli fotovoltaici e di energia eolica al mondo.
Xi Jinping sogna di realizzare un paese perfetto ed invidiabile, dove la crescita economica e il benessere dei cittadini devono basarsi su una ferrea cultura ecologica. La Legge per la Protezione Ambientale varata nel 2015 prevede forti sanzioni per i funzionari pubblici e per i responsabili di illeciti ambientali.
Xi ha inasprito la normativa ambientale, anche a scapito della crescita economica, introducendo leggi più rigide (introduzione della tassa ambientale e smantellamento di alcuni vecchi impianti).

National Emblem of China
La lotta alla corruzione e il miglioramento della governance sono state perpetrate attraverso una ristrutturazione dei ministeri, dalla quale è nato il super Ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente (MEE), una nuova entità che ha accorpato responsabilità che in precedenza erano sparse tra diversi organi. D’altra parte, la minore intensità di crescita economica attuale genera una serie di frizioni: in un periodo di guerra commerciale con gli Stati Uniti, il Parlamento cinese, nelle recenti sessioni, ha sottolineato quanto l’ambientalismo sia un limite per i rappresentanti del Governo nelle varie province, i quali hanno grandi difficoltà nel rispettare le stringenti normative ambientali promosse da Xi Jinping.
Nel 2012, Xi Jinping salì al potere ereditando un Paese con una situazione ambientale drammatica, con livelli di inquinamento ben oltre la soglia consentita per la sopravvivenza della specie umana. Nel giro di pochi anni, la politica di Xi Jinping ha portato al raggiungimento di obiettivi importanti, quali la riduzione delle emissioni di carbonio tre anni prima di quanto previsto dagli Accordi, nonostante il Paese fosse considerato fino a pochi anni prima il più inquinante al mondo.
Il pensiero di Xi Jinping si può riassumere citando una sua frase che pronunciò nel 2005, quando era ancora segretario di partito: “Per avere montagne d’oro e d’argento c’è bisogno di avere acque limpide e monti verdi. Colline verdi e acque limpide sono montagne d’oro e d’argento”. L’ambiente è pertanto ricchezza in sé da preservare. Xi persegue uno sviluppo innovativo, armonizzato, ecologico, aperto e condiviso, nell’ambito di quella civilizzazione ecologica caratterizzata dal concetto di frugalità e perseguito in generale dalla civiltà cinese.
Se perfino la Cina è riuscita a inserire la lotta all’inquinamento ai primi posti tra le priorità politiche, significa che tale risultato può essere auspicato anche per l’Occidente.
Il Giappone
L’etica giapponese della conservazione della Natura affonda le sue radici nel VI sec. a. C., quando fu introdotto nel Paese il Buddhismo. All’epoca, esistevano già aree protette, speciali riserve di caccia e luoghi sacri. Si tratta di un Paese con solide basi culturali e una sensibilità sociale che sono servite al suo popolo nei momenti più critici della sua storia [2]. La moderna politica ambientale sorse in seguito ai gravi disastri ambientali verificatisi negli anni Cinquanta e Sessanta: l’avvelenamento da cadmio, fuoriuscito dai rifiuti industriali a Toyama, quello da metilmercurio a Minamata, l’inquinamento atmosferico causato dalle emissioni di biossido di zolfo e biossido di azoto. Nelle aree urbane, lo smog fotochimico dei fumi di scarico delle automobili e delle industrie ha contribuito nel tempo all’aumento di problemi respiratori nelle persone (asma e bronchite), soprattutto nelle zone di Tokyo, Nagoya e Osaka. La politica del Dopoguerra privilegiava la crescita economica e lo sviluppo del Giappone. Ma le condizioni di inquinamento ambientale nocivo alla salute umana richiese presto l’adozione di rigide regole.
Negli anni successivi, furono emanate alcune leggi pro-ambiente, quali la Legge per la Tutela della Qualità dell’Acqua e la Legge per il Controllo delle Acque Reflue Industriali, entrambe emanate nel 1958, poi incluse all’interno della Legge per il Controllo dell’Inquinamento Idrico del 1970. Fra il 1962 e il 1968, furono adottate alcune normative, come la Legge per il Controllo dell’Inquinamento dell’Aria del 1968 e la limitazione di fuliggine e fumi urbani.
Nel 1969, nacque l’Unione dei Consumatori del Giappone, che si battè per la tutela della salute umana a fronte delle false dichiarazioni da parte delle imprese inquinanti e intraprendendo campagne di sensibilizzazione antinucleare.
Nel 1972, fu introdotto in numerose leggi il risarcimento per responsabilità colposa ambientale, che considera le aziende imputabili dei problemi alla salute provocati dall’inquinamento, anche per i casi accidentali.
La Legge per la Conservazione della Natura del 1972 prevede che tutti i sistemi naturali siano inventariati ogni cinque anni [3], poiché la frequenza delle visite da parte dei cittadini e dei turisti ai parchi nazionali è fra le più alte del mondo.
Le emissioni di anidride solforosa si sono significativamente ridotte grazie alle recenti normative ambientali, ma gli ossidi di azoto, che contribuiscono alle piogge acide, costituiscono ancora un problema. La qualità dell’acqua è migliorata costantemente a partire dagli anni Settanta, anche se molte riserve idriche superano ancora i limiti relativi alle sostanze organiche. Il Giappone dispone di poche risorse energetiche naturali, ma possiede un’industria in rapida espansione, oltre ad una popolazione numerosa con un tenore di vita fra i più alti al mondo. Il Paese trae la maggior parte dell’energia dalle molte centrali nucleari di cui si è dotato, ma la cui ubicazione pone notevoli rischi ambientali di sicurezza, specialmente in caso di terremoti, ai quali il Paese è particolarmente soggetto.
Questo Paese soffre dei problemi tipici dei paesi industrializzati, producendo enormi quantità di gas serra, concentrato specialmente nelle aree urbane, dove vive il 66% della popolazione, in particolare tra Tokyo e Osaka [4].
Un altro problema del Giappone è l’inquinamento delle industrie che utilizzano l’alta tecnologia dei circuiti integrati. Tali industrie rilasciano in acqua sostanze cancerogene come il tricloroetilene e il tetracloroetilene, utilizzati per la pulitura dei circuiti integrati. Negli anni Settanta, il Giappone ha cominciato a trattare i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche in modo diverso rispetto ad altri materiali, assumendo lavoratori appositamente addestrati a riciclare tali scarti, ma i costi si sono rivelati troppo elevati e, di conseguenza, i rifiuti elettronici sono stati trattati come tutti gli altri rifiuti e smaltiti in discariche comuni. Per ridurre il rilascio di queste sostanze tossiche nelle falde idriche, troviamo alcune disposizioni all’interno della Legge per il Controllo dell’Inquinamento dell’Acqua del 1989 (revisionata nel 1996), che garantiscono agli amministratori l’autorità per obbligare gli inquinatori alla bonifica.
Dal 1970, la Legge sulla Gestione dei Rifiuti e la Nettezza Pubblica regola i metodi di smaltimento di alcuni rifiuti emessi da industrie ed aziende, come la fuliggine, il fango, l’olio di scarto e la plastica [5]. L’aumento dei rifiuti domestici negli anni Ottanta è stato fra i più alti al mondo e il Giappone si trova a fronteggiare una grave carenza di luoghi da adibire a discariche. Nel 1984, l’Agenzia per l’Ambiente giapponese pubblicò il suo primo Libro Bianco, contenente le interviste ai cittadini, i quali espressero preoccupazione per le specie in via di estinzione, il restringimento delle foreste pluviali, l’espansione dei deserti, la distruzione dello strato di ozono, le piogge acide, la diffusione dell’inquinamento idrico e atmosferico dei Paesi in via di sviluppo. La maggior parte era del parere che il Giappone e gli altri Paesi industrializzati dovessero risolvere i problemi ambientali mondiali.
La legislazione a tutela dell’ambiente fu rafforzata e, nel 1993, il Governo emanò la Legge Fondamentale per l’Ambiente, che limitava le emissioni industriali e la produzione di prodotti industriali e relativi rifiuti. Pertanto, si tentò di incentivare i processi di risparmio energetico e di riciclaggio e la limitazione dell’utilizzo del territorio da parte delle industrie. Furono inoltre predisposti alcuni programmi di soccorso delle vittime [6]. Fin dai primi anni Novanta, il Paese dispose inoltre di enormi scorte di plutonio.
Il Giappone occupa un territorio limitato e pertanto il suo Governo è ricorso agli inceneritori per la pressoché impossibilità di stoccaggio dei rifiuti. La diossina rilasciata da tali impianti ha però suscitato alcuni problemi primari sollevati dagli studi promossi dall’Agenzia per l’Ambiente e l’Agenzia per la Pesca: questi riversavano enormi quantità di diossina nei fiumi e nelle acque costiere, successivamente rinvenuta anche nei pesci e in altri organismi della baia di Tokyo. Perciò, nel 1990, il Governo emanò una normativa per la prevenzione di emissioni di diossina, stabilendo precise norme sul funzionamento degli inceneritori e la quantità di diossina che avrebbero emesso quelli di nuova concezione. La normativa è stata poi perfezionata nel 1997.
Negli anni Duemila, per ridurre le pesanti emissioni di diossine, il Giappone ha optato per una società basata sul riciclo, limitando sempre di più gli inceneritori, ma ancora oggi, gran parte dei rifiuti (circa il 78%) viene destinata agli inceneritori. Il Giappone, firmando il Protocollo di Kyoto di è obbligato a ridurre le proprie emissioni di CO2 e i propri rifiuti industriali, controllare le emissioni di diossina, i rifiuti elettronici e revisionare la propria politica nucleare, soprattutto a seguito del disastro di Fukushima del 2011. Nel 1999 nacque la Kyushu Recycle and Environmental Industry Plaza, organizzazione dedicata allo sviluppo e alla creazione di imprese di gestione dei rifiuti industriali e del riciclaggio, delle attrezzature di prevenzione dell’inquinamento, degli eco-materiali e delle nuove fonti di energia, fra cui il fotovoltaico e la biomassa. L’Agenzia per l’Ambiente fu promossa a Ministero dell’Ambiente nel 2001 e il Giappone dimostrò al mondo di saper migliorare la qualità dell’ambiente di pari passo col suo sviluppo economico. Tuttavia, il livello di inquinamento idrico non soddisfaceva ancora gli standard minimi di qualità. Nel 2004, il Giappone godette di investimenti esteri grazie alla collaborazione con le ambasciate di 11 Paesi, potendo così introdurre importanti novità, soprattutto nel riciclaggio di materiali come l’acciaio e il cemento e nell’alta tecnologia sostenibile.

Imperial Seal of Japan
Nel 2006, i principali problemi ambientali del Giappone riguardavano ancora il riscaldamento globale e lo strato di ozono, il riciclaggio dei rifiuti, le sostanze chimiche e la poca partecipazione alla cooperazione internazionale [7]. Sempre nel 2006, il Governo lanciò una campagna di sensibilizzazione [8] per modificare l’abbigliamento dei lavoratori all’interno dell’azienda, riuscendo a diminuire di circa 1,4 milioni di tonnellate le emissioni di CO2 nell’aria. Inoltre, il Governo avviò diversi progetti in alcune città designate dal Ministro dell’industria, le eco-town, al cui interno giovani ricercatori potessero studiare per contribuire al supporto delle eco-industrie con innovazioni ecosostenibili.
Dal 1997, Kitakyushu è la prima città ecosostenibile dotata di un sistema di gestione dei rifiuti in grado di trattare quasi tutti gli inquinanti organici persistenti.
Nacque inoltre il progetto Fujisawa Smart Town, un complesso abitativo composto da un migliaio di case pensate per essere energeticamente indipendenti. Sorta nel 2014, a 50 km da Tokyo in un sito dismesso della Panasonic, la cittadina ha l’obiettivo di diminuire le emissioni di CO2, grazie agli impianti fotovoltaici collocati presso ogni abitazione. Secondo i calcoli dell’Earth Simulator, la temperatura in Giappone subirà comunque un incremento dai 3 ai 4,2 °C durante il periodo 2070-2100 e le precipitazioni estive aumenteranno costantemente [9].
Nel 2009, è stata emanata una legge per il riciclo di specifiche categorie di elettrodomestici, la quale impone maggiori iniziative riguardo al riciclaggio, sia per i consumatori che per i produttori di elettrodomestici [10]. Secondo alcuni studi ambientali giapponesi, vengono scartati ogni anno milioni di computer e televisori, di cui una parte viene ricondizionata ed una parte esportata principalmente in Paesi in via di sviluppo come le Filippine.
Dal 2010, il Governo giapponese sostiene il riciclaggio dei telefoni cellulari e di altre apparecchiature elettroniche, dai quali si recuperano oro, argento, palladio e rame.
Prima del 2011, anno del disastro di Fukushima, il Giappone ricavava il 30% del suo sostentamento energetico dalle centrali nucleari. Ora, la linea giapponese è quella di invertire la tendenza cercando di impiegare energie rinnovabili, poiché le centrali riversano nell’oceano tonnellate di liquido contaminato. Ma nonostante tutto, con l’ascesa del primo ministro Shinzo Abe, il Governo ha dichiarato di non potersi privare del nucleare per insufficienza di energie rinnovabili adeguate al Paese [11].
Note
1) Cfr. Toti E., Il diritto dell’ambiente della Repubblica Popolare Cinese, Torino, 2016. [back]
2) Cfr. Matzeu M., “Il Giappone e le sue contraddizioni”, in Revista HMiC, IV, Departament d’Història Moderna i Contemporània, Barcellona, 2006, pp. 75 e ss.[back]
3) Nonostante le sue foreste coprano il 65% del Paese (perlopiù piantagioni commerciali), il Giappone importa enormi quantità di legname proveniente dal Borneo. Esistono attualmente 28 grandi parchi nazionali e più di 350 parchi minori, oltre un’ampia serie di riserve faunistiche, di santuari e di parchi marini. Inoltre, il Giappone possiede undici World Heritage Sites, tra cui i monumenti buddhisti di Horyu-ji e i monumenti per la pace di Hiroshima. Nel 1980, il governo ha dichiarato 4 Riserve di Biosfera secondo i principi dell’UNESCO. [back]
4) Crespi T., “I problemi ambientali del Giappone”, 14.11.2015,
www.wsimag.com/it/scienza-e-tecnologia/18157-i-problemi-ambientali-del-giappone. [back]
5) Modificata nel 1997, questa legge ha introdotto sanzioni penali più pesanti per lo smaltimento illegale dei rifiuti, poiché si contavano più di 400 milioni di tonnellate di rifiuti industriali all’anno, che comportarono un aumento incontrollato delle discariche illegali. [back]
6) Il Giappone ha inoltre ratificato la Convenzione di Ramsar sulla salvaguardia delle zone umide, i Trattati per il legname tropicale del 1983 e del 1994 e il Trattato Antartico, oltre agli accordi internazionali sulla biodiversità, sulle specie in via d’estinzione, sullo scarico dei rifiuti in mare, sull’abolizione dei test nucleari e sulla protezione dell’ozonosfera. [back]
7) L’inquinamento da ozono rimane ancora oggi uno dei maggiori problemi del Giappone, tanto che il monte Fuji è visibile da Tokyo circa 80 giorni l’anno, a causa dello smog. Secondo uno studio del 2017, l’inquinamento atmosferico è causa di almeno 60.000 morti premature ogni anno. Sebbene il Paese nipponico abbia visto un netto incremento della qualità dell’aria tra il 1990 e il 2017, il tasso di mortalità legato all’inquinamento atmosferico ha continuato a crescere. Tokyo, grazie all’intervento dell’allora Governatore Shintaro Ishihara, ha imposto un tetto per il numero di emissioni di gas serra delle industrie, in modo da ridurle di circa il 25% entro il 2020, rispetto ai livelli del 2000. Hornyak T., “Reading the air: Tokyo still has work to do on air pollution”, in The Japan Times, www.japantimes.co.jp , 11.05.2019. [back]
8) Campagna Cool Biz e Warm Biz, che consigliava ai lavoratori di indossare abiti da lavoro più leggeri in estate e più pesanti in inverno. [back]
9) Eco-Towns Project/Environmental Industries in Progress, in www.meti.go.jp [back]
10) “The latest global warming projection by using the Earth Simulator has been completed”, www.jamstec.go.jp [back]
11) Cfr. le denunce di www.greenpeace.org degli ultimi anni. [back]

Courtesy NASA. The new NASA global data set combines historical measurements with data from climate simulations using the best available computer models to provide forecasts of how global temperature (shown here) and precipitation might change up to 2100 under different greenhouse gas emissions scenarios. https://www.nasa.gov/press-release/nasa-releases-detailed-global-climate-change-projections
China
Environmental protection has become a central element of 21st century China, as the country could no longer grow without considering the problem of pollution. In 2013, air pollution in Beijing and other Chinese cities reached unsustainable levels. China has tackled the problem of pollution in a radical way since Xi Jinping became its President. The environmental issue has climbed the Chinese government’s agenda and public opinion (made up of increasingly wealthy individuals) does not share the episodes of poor environmental protection. To avoid popular resentment, the authorities have cut back the most polluting factories, the use of coal to heat private homes and toxic cars [1].
On 15 March 2019, more than 100 million young people in 183 countries demonstrated to urge governments to take immediate action on pollution and climate change.
In Hong Kong, a thousand students raised the same and other protests, clashing harshly with Representatives of the Beijing government. However, other hotbeds of protest were ignited in the People’s Republic for very different reasons: in Wuhan, a populous city of ten million inhabitants and the capital of Hubei, protests broke out against the regional government’s decision to build a new incinerator, a project imagined by the Chinese authorities when the dizzying growth of Wuhan, the centre of a province whose GDP is growing at 8.5% per year, had not yet occurred. The protests in Wuhan are affecting Chinese power, especially relating to the socio-economic expectations of a large and expanding community.
With the rise of Xi Jinping, the Communist Party has declared a real war on pollution, making China a leader in the fight against climate change in terms of capacity and investment planning within a few years. Currently, China’s environmental policy is characterized by new standards and parameters, higher fines for polluters, tough inspection campaigns, massive investment in renewable energy and diversification of energy mixes.
To reduce high pollution rates and limit the use of coal, China is using oil, natural gas, nuclear, wind and solar energy. Coal still provides for 60% of China’s energy needs. This also includes the use of waste-to-energy incinerators, i.e incinerators that generate energy with steam from the combustion of waste. Their impact on health is highly debated, due to the emission of carbon dioxide. The introduction of incinerators clashes with the issues of the local community, which fears the return of the smog clouds that have poisoned the skies of China for years.
The Hubei is now beginning to get used to the massive urbanization imposed by the government and linked to the gigantic infrastructure project of the Three Gorges Damon on the Blue River. Completed between 2006 and 2009, the dam (which is the most powerful energy plant in the world) has upset the population and the environment of the Hubei in the name of the revolution of the energy supply process. Unfortunately, the extinction of the lipote, the dolphin that inhabited the waters of the Blue River, is due to the construction of the dam. Xi Jinping dreams of creating a perfect and enviable country, where economic growth and the well-being of citizens must be based on a strong ecological culture.
Investment in renewables has made China the world’s largest supplier of photovoltaic panels and wind energy.
The Environmental Protection Act passed in 2015 provides for strong penalties for public officials and those responsible for environmental offences.
Xi has tightened environmental legislation, even at the expense of economic growth, by introducing stricter laws (introduction of environmental taxes and dismantling some old plants). The fight against corruption and the improvement of governance were carried out by restructuring the ministries, which output is the creation of the Super Ministry of Ecology and the Environment (MEE), a new entity that merged responsibilities that were previously scattered between different bodies.

National Emblem of China
On the other hand, the current lower intensity of economic growth generates a series of frictions: in a period of trade war with the United States, the Chinese Parliament, in recent sessions, stressed how much environmentalism is a limit for government representatives in the various provinces, which have great difficulty in complying with the stringent environmental regulations promoted by Xi Jinping. In 2012, Xi Jinping came to power inheriting a country with a dramatic environmental situation, with pollution levels well above the threshold allowed for the survival of the human species. Within a few years, Xi Jinping’s policy led to important goals, such as the reduction of carbon emissions three years earlier than the Agreements, despite the fact that the country was considered the most polluting country in the world until a few years earlier.
Xi Jinping’s thought can be summed up by quoting a phrase he said in 2005, when he was still a party secretary: “To have mountains of gold and silver you need clear water and green mountains. Green hills and clear waters are mountains of gold and silver “. The environment is therefore wealth in itself to be preserved. Xi pursues an innovative, harmonized, ecological, open and shared development within that ecological civilization characterized by the concept of frugality and pursued normally by Chinese people. If even China has succeeded in putting the fight against pollution at the top of the political agenda, it means that this can also be hoped for the West.
Japan
The Japanese ethic of nature conservation has its roots in the 6th century BC., when Buddhism was introduced into the country. At that time, there were already protected areas, special hunting grounds and sacred sites. It is a country with solid cultural foundations and social sensitivity that served its people in the most critical moments of its history [2].
Modern environmental policy has grown after the major environmental disasters of the 1950s and 1960s: cadmium poisoning from industrial waste in Toyama, methylmercury poisoning in Minamata, air pollution from sulphur dioxide and nitrogen dioxide emissions. In urban areas, photochemical smog from automobile and industrial exhaust fumes has contributed to increase respiratory problems in people (asthma and bronchitis), especially in the areas of Tokyo, Nagoya and Osaka.
The policy of the post-war period favoured economic growth and development in Japan. But conditions of environmental pollution, harmful to human health, soon required the adoption of strict rules. In the following years, some pro-environmental laws were issued, such as the Law for the Protection of Water Quality and the Law for the Control of Industrial Wastewater, both written in 1958, later included in the Law for the Control of Water Pollution of 1970.
Between 1962 and 1968, some regulations were adopted, such as the Air Pollution Control Law of 1968 and the limitation of soot and urban fumes. In 1969, the Consumers’ Union of Japan was born, fighting for the protection of human health against the false declarations of polluting companies and undertaking anti-nuclear awareness campaigns. In 1972, compensation for culpable environmental liability was introduced in numerous laws, which considered some companies responsible for health problems caused by pollution, including accidental cases.
The Nature Conservation Act of 1972 requires all natural systems to be inventoried every five years [3], as the frequency of visits by citizens and tourists to national parks is among the highest in the world. Sulphur dioxide emissions have been significantly reduced thanks to recent environmental regulations, but nitrogen oxides, which contribute to acid rain, are still a problem. Water quality has improved steadily since the1970s, although many water reserves still exceed organic matter limits. Japan, despite a rapidly expanding industry and a large population with one of the highest living standards in the world, has few natural energy resources. The country draws most of its energy from its many nuclear power plants, but their location poses significant environmental safety risks, especially in the event of earthquakes, to which the country is particularly vulnerable.
This country suffers from the typical problems of industrialized countries, producing enormous quantities of gases, concentrated especially in urban areas, where 66% of the population lives, particularly between Tokyo and Osaka [4]. Another problem in Japan is the pollution of industries using high technology integrated circuits. These industries release into water carcinogenic substances such as trichloroethylene and tetrachloroethylene, which are used for cleaning integrated circuits.
In the 1970s, Japan started treating waste electrical and electronic equipment differently from other materials by hiring workers specially trained to recycle such waste, but the costs were too high and, as a result, electronic waste was treated like any other waste and put in common landfills. In order to reduce the release of these toxic substances into ground and water we find some provisions in the 1989, like the Water Pollution Control Law (revised in 1996), which gives administrators the authority to force polluters to clean up.
The increase in household waste in the 1980s was among the highest in the world and Japan is facing a serious shortage of landfill sites. In 1984, the Japanese Environment Agency published its first White Paper, containing interviews made to citizens, who expressed the concern about endangered species, shrinking rainforests, expanding deserts, ozone layer destruction, acid rain, and the spread of water and air pollution in developing countries. Most of them thought that Japan and other industrialized countries should solve the world’s environmental problems. Environmental protection legislation was strengthened and, in 1993, the Government issued the Basic Law for the Environment, which limited industrial emissions and the production of industrial products and related waste. Therefore, efforts were made to encourage energy saving and recycling processes and the limitation of land use by industries. A number of victim-rescue programmes [5] were also set up. Since the early 1990s, the country owns also huge stocks of plutonium.
Japan occupies a limited territory and therefore its government has used incinerators, because it is almost impossible to store waste. However, the dioxin released from these plants has given rise to some primary problems raised by studies promoted by the Environment Agency and the Fisheries Agency: these poured huge quantities of dioxin into rivers and coastal waters, later found in fish and other organisms in Tokyo Bay. Therefore, in 1990, the Government issued a regulation for the prevention of dioxin emissions, establishing precise rules on the operation of incinerators and the amount of dioxin they would release. The regulation was then refined in 1997.
In the 2000s, in order to reduce heavy dioxin emissions, Japan opted for a society based on recycling, increasingly limiting incinerators, but even today, a large part of the waste (about 78%) goes to incinerators. Japan, by signing the Kyoto Protocol, is obliged to reduce its CO2 emissions and industrial waste, control dioxin emissions, electronic waste and review its nuclear policy, especially following the Fukushima disaster in 2011.
In 1999 the Kyushu Recycle and Environmental Industry Plaza was founded, an organization dedicated to the development and establishment of industrial waste management and recycling companies, pollution prevention equipment, eco-materials and new energy sources, including photovoltaics and biomass. The Environment Agency was promoted to the Ministry of the Environment in 2001 and Japan proved to the world that it could improve the quality of the environment in tandem with its economic development. However, the level of water pollution still did not meet minimum quality standards. In 2004, Japan gained foreign investments, thanks to the collaboration with embassies in 11 countries, thus being able to introduce important innovations, especially in the recycling of materials such as steel and cement and in sustainable high technology.

Imperial Seal of Japan
In 2006, Japan’s main environmental problems were still global warming and the ozone layer, waste recycling, chemicals and low participation in international cooperation [6]. In the same year, the Government launched an awareness-raising campaign [7] reducing CO2 emissions into the air by about 1.4 million tons. In addition, the Government launched several projects in some cities designated by the Minister of Industry, the eco-towns, where young researchers could contribute to the support of eco-industries with eco-sustainable innovations. Since 1997, Kitakyushu has been the first sustainable city with a waste management system capable of treating almost all persistent organic pollutants.
Another project is the Fujisawa Smart Town, a housing complex consisting of about a thousand houses designed to be energy independent. Built in 2014, 50 km from Tokyo in a disused Panasonic site, the town aims to reduce CO2 emissions, thanks to the photovoltaic systems installed in each house. According to the Earth Simulator’s calculations, the temperature in Japan will still increase from 3 to 4.2 °C during the period 2070-2100 and summer precipitation will increase steadily.
In 2009, a law was enacted for the recycling of specific categories of household appliances, which requires more initiatives regarding recycling, both for consumers and manufacturers of household appliances [8]. According to some Japanese environmental studies, millions of computers and televisions are discarded every year, some of which are reconditioned and exported mainly to developing countries, such as the Philippines. Since 2010, the Japanese government has supported the recycling of mobile phones and other electronic equipment, from which gold, silver, palladium and copper are recovered.
Before 2011, year of the Fukushima disaster, Japan made 30% of its energy supply from nuclear power plants. Now, the Japanese line is to reverse the trend trying to use renewable energy, as the plants pour tons of contaminated liquid into the ocean. But in spite of everything, with the rise of Prime Minister Shinzo Abe, the government has declared that it cannot deprive itself of nuclear power because of the lack of renewable energy suitable for the country.
Notes
1) See Toti E., Il diritto dell’ambiente della Repubblica Popolare Cinese, Turin, 2016. [back]
2) See Matzeu M., “Il Giappone e le sue contraddizioni”, in Revista HMiC, IV, Departament d’Història Moderna i Contemporània, Barcelona, 2006, pp. 75 et seq. [back]
3) Although its forests cover 65% of the country (mostly commercial plantations), Japan imports huge quantities of timber from Borneo. There are currently 28 major national parks and more than 350 smaller parks, as well as a wide range of wildlife reserves, sanctuaries and marine parks. In addition, Japan has eleven World Heritage Sites, including the Buddhist monuments of Horyu-ji and the Hiroshima Peace Monuments. In 1980, the government declared 4 Biosphere Reserves, according to UNESCO principles. [back]
4) Crespi T., “The environmental problems of Japan”, 14.11.2015, www.wsimag.com/it/scienza-e-tecnologia/18157-i-problemi-ambientali-del-giappone. [back]
5) Japan has also ratified the Ramsar Convention on Wetlands, the Tropical Timber Treaties of 1983 and 1994 and the Antarctic Treaty, as well as international agreements on biodiversity, endangered species, dumping of waste at sea, abolition of nuclear testing and protection of the ozone layer. [back]
6) Ozone pollution still remains one of Japan’s biggest problems today, so much so that Mount Fuji is visible from Tokyo about 80 days a year due to smog. According to a 2017 study, air pollution causes at least 60,000 premature deaths each year. Although the Japanese country saw a sharp increase in air quality between 1990 and 2017, the mortality rate from air pollution has continued to rise. Tokyo, thanks to the intervention of the then Governor Shintaro Ishihara, imposed a limit to gas emissions from industries, to cut them by about 25% by 2020, compared to 2000 levels. Cfr. Hornyak T., “Reading the air: Tokyo still has work to do on air pollution”, in The Japan Times, www.japantimes.co.jp , 11.05.2019. [back]
7) Eco-Towns Project/Environmental Industries in Progress in www.meti.go.jp. Cool Biz and Warm Biz campaign, which advised workers to wear lighter work clothes in summer and heavier work clothes in winter. [back]
8) The latest global warming projection by using the Earth Simulator. Cfr. www.jamstec.go.jp [back]
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