Abstract
This article presents the results of a research carried out by the author as research fellow at Ca’ Foscari University, within a broader project on the relationship between avant-garde theater and technology. The aim was to map (for the first time in Veneto) the actual uses of technologies in the contemporary theater scene. The field work involved all the most relevant subjects of the Venetian theater scene (organizers, festivals, experimentation centers, etc.) to circumscribe the field of theatrical companies to be analyzed. The in-depth study of their practices has shown that there are only a few instances of innovation and mainly conducted with low tech tools. Another conclusion is that only companies organized as business firms can afford to invest in equipment thanks to regional new funding policies for cultural companies.

Il performer e la semantica del gesto, Fondazione Giorgio Cini, 8-10 maggio 2018
Gli obiettivi di ricerca
Ricerca e innovazione sono concetti centrali nella produzione teatrale d’avanguardia, ma sono anche due termini che occupano una posizione cruciale nell’ambito processi più generali di trasformazione economica e sociale. Ad esempio le imprese sono invitate a “fare ricerca” per stimolare la propria competitività, le comunità locali a promuovere processi di “innovazione sociale” spesso costruiti attorno alla disponibilità di tecnologie “social”. Ciò che ha caratterizzato la contemporaneità nel teatro sembra estendersi al resto della società fornendo all’apparenza un terreno di confronto tra ciò che avviene sulla scena e ciò che percorre il mondo. La ricerca che qui sinteticamente si presenta, ha preso avvio da queste riflessioni molto generali all’interno di un articolato progetto Teatro, Ricerca, Innovazione. La scena digitale, che ha visto tre Università venete riunite per analizzare, da diversi punti di vista, questa tematica. In tale quadro, la mia indagine si è è proposta di mettere a punto la prima mappatura dei reali utilizzi delle nuove tecnologie nella scena teatrale veneta contemporanea con riferimento alla produzioni realizzate tra il 2015 e il giugno del 2018.
Consapevole del dibattito internazionale attorno alla definizione teatro nell’ambito delle performing arts, ho scelto di procedere empiricamente affidandomi all’auto-attribuzione della qualifica di “teatrale” da parte delle compagnie che sono effettivamente strutturate e produttivamente attive nel biennio in questione. Ho ritenuto comunque necessario approfondire la conoscenza del mondo liminale costituito da compagnie di danza, collettivi di artisti, singoli artisti multimediali, musicisti. Queste realtà costituiscono le diverse sfaccettature di un tessuto artistico che con le sue differenti specificità contribuisce alla crescita culturale di questa regione. Discipline che rientrano nella generale definizione che prende le mosse dal mondo anglosassone di “performance” che allude ad un ampio ambito di attività che spaziano dalle arti, alla letteratura, alle scienze sociali, la cui definizione è molto complessa:
Performance of course, includes”thearts” but goes beyond them. Performance is a broad spectrum of entertainments, arts rituals, politics, economics, and person-to-person interaction. This broad spectrum enacted multiculturally ad interculturally can do much to enhance human life. [1]
Sul piano più strettamente empirico, il campo da analizzare è stato prima circoscritto a partire dalle indicazioni degli organizzatori teatrali del territorio, dei centri di sperimentazione artistica e di soluzioni tecnologiche per lo spettacolo quali Operaestate Festival, il Centro di Sonologia Computazionale dell’Università di Padova e i conservatori di Padova e Vicenza. Successivamente, da questo sondaggio partito informalmente, si è via via definito l’insieme dei soggetti gravitanti nel mondo della produzione teatrale e sono state condotte interviste semi strutturate (dall’autunno 2017 alla primavera 2018). L’attenzione si è concentrata sullo specifico delle compagnie teatrali, partendo da quelle in partenariato al progetto di ricerca per estendersi poi ad un insieme più vasto di realtà teatrali accomunate dall’interesse per l’utilizzo, non solo strumentale, delle tecnologie digitali.
All’interno di una questo quadro un’interessante soggettività è stata quella degli artisti multimediali. Figure singole spesso coinvolte nelle produzioni teatrali come fornitori esterni con ruoli che vanno dalla consulenza alla realizzazione del dispositivo tecnologico scelto, fino alla formazione per i membri tecnici dello staff di compagnia. Figure versatili, con competenze multidisciplinari (musica, visuals, sistemi interattivi) il cui apporto appare fondamentale per lo sviluppo dell’innovazione non solo tecnica, ma anche artistica. La relazione con la compagnia spesso non si limita alla fornitura di un “congegno” specifico, ma si inserisce in un percorso che va dall’ideazione del progetto alla vera e propria messa in scena, creando un confronto costante con la regia per la definizione del device migliore rispetto alla disponibilità finanziaria e alle scelte estetiche e drammaturgiche. Nella maggior parte dei casi i dispositivi utilizzati dalle compagnie esaminate, riguardano la sfera audiovisiva: video proiettori, camere e webcam per la riproduzione live del video, diffusori e microfoni disposti sul palco per l’elaborazione del suono in tempo reale, loop station, smartphone per la gestione tecnica degli altri dispositivi. In pochi casi si sono sperimentate anche modalità di interazione vera e propria attraverso i sensori di prossimità o pressione, kinect, video a 360° con visori stereoscopici.
Ne è emerso un quadro sfaccettato e complesso, caratterizzato da provenienze, esperienze, pratiche, intenzioni, interessi differenti. Per dare senso a questa realtà della scena veneta contemporanea ho proposto un framework, una griglia interpretativa organizzata attorno a quattro possibili modalità di relazione tra teatro e tecnologica basandomi su quello che ho ritenuto fosse l’aspetto dominante della pratica e della poetica della compagnia in questione attuando un’inevitabile operazione di sintesi che non tiene conto di tutte le possibili sfaccettature del lavoro, ma ne coglie appunto l’aspetto caratterizzante.
Compagnie teatrali venete ed elenco dei principali strumenti utilizzati | |
COMPAGNIA |
PRINCIPALI STRUMENTI UTILIZZATI |
Ailuros |
videoproiettori/ video i 360°con visori stereoscopici/ software di videomapping / |
Anagoor |
videoproiettori/ gestione del suono |
Casa Shakespeare |
videoproiettori/single-board computer/software per elaborazione dell’audio in tempo reale |
Doyoudada |
videoproiettori/videolive/camere e smartphone/ loop machine/microfoni/software elaborazione del suono in tempo reale |
FarmaciaZoo:è |
videoproiettori/videolive/ camere/microfoni/loop machine/ software elaborazione del suono in tempo reale |
Fatebenesorelle Teatro |
videoproiettori/videolive/camera |
La piccionaia |
videoproiettori/cuffie wireless/ trasmettitori radio/ smartphone |
Madalena Reversa |
videoproiettori/videolive/ webcam e smartphone/ microfoni/elaborazione suono live |
Ubik teatro |
videoproiettore/tracciatore ottico/microfoni/elaborazione suono in tempo reale/spazializzazione audio intereattiva/ software per interazione audiovisiva di performer o pubblico/software di videomapping |
mpg.cultra |
videoporiettore/smartphone/dispositivi per la visualizzazione in tempo reale dell’interfaccia |
SlowMachine |
videoporiettori/videolive/camera/ loop machine |
Tam Teatromusica |
videoproiettori/sensori/laptop/videolive/wecam e camere/ loopmachine/software per la rielaborazione del suono in tempo reale/software per la digital painting |
TOP – Teatri Off Padova |
videoporiettori/wearable computing: single board computer, conductive fabric, cerniere capacitive, sensori di pressione /software per controllo dmx wireless per le luci/ app di realtà aumentata |
Ullallà Teatro |
videoporiettori/videolive/smartphone/ software di video- mapping |
Zelda |
videoproiettori/sensori di prossimità/software di mapping |
Tecnologia come soluzione da esplorare
Fra le compagnie analizzate ve ne sono alcune con esperienze più che decennali e tradizionalmente poco interessate ai contenuti tecnologici. Il loro teatro prevede una regia classica, nella quale sono presenti gli strumenti tipici della rappresentazione scenica integrati, a volte, da quelli per la video proiezione. Negli ultimi due anni queste compagnie si sono però dotate di una serie di strumentazioni ad alto contenuto tecnologico agevolato dalle sollecitazioni delle politiche regionali a sostegno di imprese culturali e creative. Un altro fattore che le accomuna è quello dell’imprenditorialità: sono compagnie che hanno scelto di strutturarsi come imprese per le quali risulta particolarmente forte il bisogno di essere competitive sul mercato. Le risorse acquisite vanno dunque nella direzione del miglioramento e dell’ottimizzazione delle condizioni di produzione e distribuzione del lavoro. Per esempio la compagnia Top Teatri – Off Padova si è dotata di strumentazione wireless funzionale alla produzione di performance e spettacoli site specific in siti archeologi e musei che permettono di ovviare al problemi dei cavi, passacavi e ad una regia dislocata. Quindi la sperimentazione tecnologica in prima battuta è stata orientata dalla soluzione di problemi funzionali a cui ben presto però si è affiancata un’interessante ricerca che nasce invece dall’agire creativo insito nel loro fare artistico. Ed è questa seconda esigenza che ha successivamente sovvertito l’ordine delle priorità, diventando il motore creativo per il lavoro dell’ultimo anno che li ha visti impegnati nello studio e nella realizzazione di una tuta elettronica dotata di sensori per permettere al performer di utilizzare gli strumenti wireless direttamente col proprio corpo (strumenti con cui azionare luci, suoni, immagini).
Anche Zelda, e Casa Shakespeare, entrambe compagnie che hanno scelto la forma imprenditoriale, hanno un percorso simile. Zelda si è dotata di sensori di prossimità (tecnologia RFID) al fine di avere una struttura più leggera che renda il performer autonomo nella gestione delle risorse sonore e luminose direttamente dalla scena. Risorse che, come nel caso di TOP, hanno spinto il team ad approfondire l’argomento e a sovvertire successivamente l’ordine delle priorità: è la spinta creativa che diventa determinante nel cercare altri sensori interessanti a cui associare soluzioni funzionali. La tecnologia ha innescato processi di innovazione non solo strumentale ma anche estetica, semantica e operativa attivando inoltre relazioni col tessuto imprenditoriale locale attraverso il coinvolgimento e il sostegno di partner tecnologici come il Fablab di Castelfranco Veneto.

TOP – backstage, fase di studio per la messa a punto della tuta elettronica
Tecnologia come strumento di supporto e amplificazione del linguaggio teatrale
Questa seconda modalità è rappresentativa del modo in cui il teatro si è tradizionalmente rapportato alla strumentazione tecnologica, ossia l’avvalersi di dispositivi che agiscono sull’emotività dello spettatore, amplificando le sue emozioni, provocando stupore e meraviglia. Con questa approccio lavorano la maggior parte delle compagnie analizzate, accomunate da una preferenza per il dispositivo video live, attivato tramite telecamere o webcam e intercalato quasi sempre da video in remoto con intenti e interessi tecnico/semantici condivisi. Tra i principiali l’intenzione di considerare il teatro come il luogo di incontro di più linguaggi in particolare quello cinematografico dal quale mutuare elementi linguistici come il primo piano e il dettaglio di attori e/o oggetti scenici in grado di spostare lo spazio d’azione del racconto in un altrove fisico (un luogo differente) o astratto (la memoria). O ancora, in altri casi, il video diventa sperimentazione con forti accenti estetico-poetici.
Nella scena veneta contemporanea le compagnie caratterizzate da questa modalità sono Doyoudada, Farmacia Zoo:è, Fatebenesorelle Teatro, Madalena Reversa, SlowMachine Ullallà Teatro e naturalmente ogni compagnia adatta queste caratteristiche alla propria poetica e alle peculiarità dello spettacolo prodotto. Per le compagnie più storicizzate che fin dagli esordi hanno lavorato con il video e la sua relazione col performer come Ullallà Teatro (1999), è interessante notare che i nuovi strumenti hanno rappresentano un naturale upgrade tecnologico apportando miglioramenti produttivi e aprendo il campo a nuove soluzioni fino a spostare l’interesse verso altri dispositivi per esempio quelli sonori. Anagoor lavora sul video mostrato, esposto, dislocato su diversi supporti senza tuttavia utilizzare il video live, ma con l’intento sempre di amplificare l’emozione. [2]
Ailuros e Ubik teatro sono le compagnie che utilizzano gli strumenti più complessi: nel primo caso con Open Maze (2017) Ailuros sperimenta il video a 360° e il visore stereoscopico, interpretando gli strumenti tecnologici come moltiplicatori emotivi che coinvolgono lo spettatore in prima persona e rafforzano la sua partecipazione consapevole e sensoriale. Ubik teatro invece dalla prima produzione fino alle ultime del 2015 si avventura in un mondo sospeso e visionario sostenuto da strumenti di tracciamento ottico che permettono al performer in scena di creare o interagire con suoni e immagini, arrivando via via ad allargare i suoi confini d’azione all’installazione interattiva.

Ailuros, Open Maze, foto per gentile concessione della compagnia ©2017
Tecnologia come artefatto da manipolare, sfidare o de-costruire
La tecnologia viene considerata da alcune compagnie storiche del territorio come una sfida su un piano prevalentemente concettuale, indagata nelle sue criticità e nei suoi limiti. La nozione di limite è riferita tanto alle risorse economiche per l’acquisizione di software e hardware, quanto alle possibilità espressive dello strumento tecnologico o a quelle derivanti dalla difficoltà di aggiornarsi rispetto ad una strumentazione in continua evoluzione. Alcuni di questi limiti diventano fattori determinanti per la poetica di artisti e compagnie che per la loro produzione utilizzano strumenti tecnologici volutamente depotenziati, decostruiti e riassemblati per esprimere, quasi rivendicare, la forza della creatività umana. Il rapporto fra l’uomo e la macchina rimane affascinate ma faticoso, perturbante territorio di battaglia per contraddizioni, utopie, miraggi condivisi con le poetiche di altri artisti italiani tra cui spicca Giacomo Verde:
Prima di comprare un nuovo “aggeggio” aspetto sempre che i prezzi si abbassino e di averne veramente bisogno. Non confondo le mie pulsioni sessuali con il possesso di tecno-oggetti. [3]
Illustrativo di questa modalità è il lavoro del Tam Teatromusica di Michele Sambin, che fin dai primi esperimenti con la video arte nel ’68 riconfigura l’assetto di strumenti tecnologici per dargli nuova vita, sfidarne le potenzialità, rivederne i limiti per sperimentare nuove soluzioni:
Era un Akai, l’antesignana del primo Sony Portapack, e aveva ancora un nastro ¼’’. Ed è stato per me un’esplosione di creatività. Con il 16 mm tre minuti di girato erano molto costosi e lunghissimi i tempi di attesa tra il fare e il vedere. Cominciava ad essere interessante anche il problema del rapporto tra video e teatro perché nelle ultime situazioni cinematografiche non presentavo più solo pellicole per la proiezione ma sonorizzavo il film dal vivo;[…] [4]
Stimoli creativi che hanno caratterizzato il lavoro di tutta la loro carriera integrata dal 2007 dall’apporto tecnico artistico di Alessandro Martinello. In altri lavori di Tam la tecnologia è mostrata, messa in scena con la volontà di sfidare il pubblico a dimenticarla a favore del racconto poetico o della visione che genera. Condizione questa che coinvolge anche Carlo Presotto, del Centro di Produzione Teatrale La Piccionaia, nel periodo (anni ’90) in cui lavora col tele-racconto, un sistema tecnologico a bassa definizione che configura una tecnica di narrazione per l’infanzia. Il sistema utilizza una telecamera puntata a 15-20 cm di distanza dalla superficie in cui le mani di un performer manipolano oggetti per raccontare una storia. Le azioni vengono riprese in macro e proiettate su uno schermo trasformandosi in immagini suggestive e poetiche.

Tam Teatromusica, Deforma, foto di Claudia Fabris
Tecnologia come fenomeno sociale su cui riflettere
Alcune compagnie teatrali, infine, indagano la tecnologia declinandola in un contesto critico sociale mettendo l’accento soprattutto sulla riconfigurazione dell’aspetto relazionale indotto dalle nuove tecnologie che vengono raccontate e portate in scena o utilizzare per condurre lo spettatore fuori dallo spazio teatrale. In questa chiave mpg.cultura propone (ancora in fase di studio nel 2018) Death in Venice 2.0. In scena il protagonista in carne ed ossa Tazio si relazione virtualmente con il Barone attraverso Grinder una chat di incontri proiettata sul fondale. Il pubblico che segue il loro texting è invitato ad intervenire a quella chat o ad aprirne altre connettendosi ai profili Facebook e Instagram di Tazio.
Oltre al tema della relazione e dell’incontro Mattia Berto, il regista, introduce anche altre riflessioni e domande come il rapporto col selfie e con la propria immagine, col concetto di prossimità e distanza. Lo spettacolo è realizzato per un pubblico giovane e sostenuto del Teatro stabile del Veneto. Sempre lo Stabile ne ha prodotto un altro dedicato ad un pubblico giovane che conserva tuttavia un impianto più tradizionale, Massacritica. Il totalitarismo nell’era di Facebook (2015) di Giorgio Sangati, spettacolo che riflette sul potere dei social di diffondere rapidamente le informazioni, di renderle accessibili a tutti con il rischio però di farle apparire confuse e manipolabili. Infine, il dispositivo Silent Play ideato da Carlo Presotto (La Piccionaia), nasce come nuovo territorio di elaborazione drammaturgica per indagare suoni e pensieri dei quartieri, delle città, dei luoghi abbandonati. Grazie ad un dispositivo sonoro con cuffie wireless il pubblico viene guidato fuori dallo spazio teatrale diventa attore e parte del tessuto sociale oggetto di indagine. L’utilizzo delle tecnologie consolida l’attenzione della compagnia per per creare connessioni, comunità. Lo smartphone come un amplificatore di relazioni ed empatia: spostarsi dalla scena, coinvolgere lo spazio, trasformare la visione in esperienza vissuta per un pubblico che ha voglia di farsi domande, di crescere, di affrontare le criticità del quotidiano.
Conclusioni
Questa fotografia della produzione teatrale veneta contemporanea ci mostra che nel teatro “di ricerca” e “di innovazione” non sono tante le compagnie che utilizzano le nuove tecnologie e che gli strumenti coinvolti sono prevalentemente “semplici” e a basso impatto tecnologico. Altro dato rilevante è che solo le compagnie che si sono strutturate come imprese si avventurano nel potenziamento della loro strumentazione grazie ai nuovi finanziamenti delle politiche regionali per le imprese culturali.
Ciò che spaventa soprattutto le compagnie a base associativa e a conduzione familiare (la maggior parte costituita da coppie) è il timore di investire i pochi fondi in strumenti che hanno una rapida obsolescenza, che richiedono un know how che è spesso carente col rischio di ritrovarsi con una scheda tecnica molto complessa che andrebbe ad incidere negativamente sui costi di produzione e di distribuzione del lavoro. Gli spazi dedicati alla rappresentazione, escludendo i teatri stabili, non necessariamente sono dotati di infrastrutture adeguate o di uno staff tecnico dedicato, competente e in grado di accogliere spettacoli ad alto impatto tecnologico. A livello di produzione, soprattutto giovanile, il sostegno di bandi e residenze artistiche è quasi sempre limitato all’ambito delle idee e allo sviluppo del progetto senza includere il materiale tecnologico.
Si può quindi concludere rilevando l’importanza della via tracciata dal sostegno pubblico all’innovazione dell’impresa teatrale con investimenti a medio lungo termine per potenziare l’apparato tecnologico delle compagnie, per sostenerne la formazione e mettere il team nella condizione di avviare processi di sperimentazione ad ampio respiro che lascino spazio alla pratica e alla riflessione.
Note
1) “A New Paradigm for Theatre in the Academy”, Author(s): Richard Schechner Reviewed work(s): Source: TDR (1988-), Vol. 36, No. 4 (Winter, 1992), pp. 7-10, Published by: The MIT Press. [back]
2) Per l’approfondimento del lavoro di Anagoor la compagnia mi ha rimandato al volume: Matteo Antonaci, Sergio lo Gatto (a cura di), Iperscene 3, Editoria & Spettacolo, Spoleto, 2017, p. 56. [back]
3) Giacomo Verde, Artivismo tecnologico: scritti e interviste su arte, politica, teatro e tecnologie, BFS Edizioni, Pisa, 2007, p. 33. [back]
4) http://www.annamonteverdi.it/digital/partiture-michele-sambin-dalle-videoperformance-musicali-al-tam-teatromusica/ [back]
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