Incontrare uno tra i più grandi sassofonisti europei è sicuramente un grosso piacere, anche se vi capita di attendere qualche ora fra ritardi e soundcheck. E si approfitta di un piccolo intervallo fra le prove per parlare con lui del suo nuovo progetto ineditamente “dub” e dello strano rapporto fra nuove tecnologie e strumenti a fiato.
Giovane musicista inglese dalle molteplici esperienze e collaborazioni (da ricordare fra le altre la militanza nelle formazioni di Carla Bley e George Russell e le collaborazioni con il chitarrista scozzese John Martyn e con il pianista Keith Tippett), Sheppard si è guadagnato in questi anni una splendida reputazione sulla scena musicale europea e non solo. E’ stato nelle scorse settimane l’ “artista residente” per il progetto bolognese Jazz Crossing, che proseguirà nelle prossime settimane con il tedesco Michael Rissler.
Noema: Stai lavorando ad un progetto piuttosto “tecnologico” in questo periodo. Ce ne puoi parlare?
Andy: E’ un progetto in collaborazione con due dj e un trombettista che prevede l’utilizzo del computer soprattutto in fase di composizione: i dj suonano dei campioni, dei loop selezionati da loro o pezzi composti da me e io ci improvviso sopra assieme al trombettista. E’ una specie di incontro fra strumenti tradizionali e tecnologici e ai dj è affidata la sezione ritmica. E’ un’area musicale estremamente interessante e molto, molto diversa da quella che seguo con la band con cui suono stasera, per esempio (Learning to wave, ndr). Qui la dimensione è molto d’atmosfera, la musica che suono con i djs è invece da club, ha molta energia. Stiamo pubblicando le incisioni, e si tratta di un lavoro veramente diverso dal solito, diciamo nella direzione dei Massive Attack, per intenderci.
Noema: Sei d’accordo sul fatto che il dub rappresenti una direzione decisamente valida per la scena musicale attuale?
Andy: Si, e credo che possa venire molto dall’unione fra improvvisazione e musica realizzata al computer, siano essi campioni o no. Ma vedi, è un approccio alla composizione veramente differente, i Massive Attack ci impiegano un anno per realizzare un disco, impiegano anche un giorno intero in studio per un singolo suono. Ed è una cosa sicuramente fantastica ma io devo realizzare un disco in due giorni, più o meno, perchè non ho una etichetta mia o comunque quel tipo di “facilitazioni” che sono concesse ai grandi artisti. Sarebbe splendido per me lavorare con persone come Mushroom in un progetto a lungo termine, ma sono cose che devono venire fuori naturalmente. Adoro improvvisare, non meno se lo faccio su di un “groove” sul quale possono venire davvero molti spunti interessanti.
Noema: Parlaci delle tue esperienze con gli strumenti elettronici.
Andy: Ho usato in passato il WX 11 win sinthesizer, ma per me quello è una specie di giocattolo. Ho provato ad applicarmi seriamente, ma la tecnica con cui va suonato è estremamente scomoda per un sassofonista, in particolare per ciò che riguarda la diteggiatura, e mi sono reso conto che avrei dovuto lavorare molto duramente per cavarci qualcosa di buono. E ora ogni volta che lo prendo in mano non ho idea di che cosa ne venga fuori!! Però lo strumento offre molte possibilità timbriche fantastiche, che permettono esperimenti appassionanti.
Noema: Cosa ne pensi di quei musicisti tipo Michael Brecker che, a partire dagli anni ottanta, hanno utilizzato il Midi e gli effetti più strani sul sax (Wah Wah, Octavier Divider etc.)?
Andy: E’ un filone estremamente interessante… probabilmente conoscerai John Surman: beh, lui utilizza gli effetti in modo eccezionale, e le sue solo performance sono veramente spettacolari. Di tanto in tanto faccio anch’io delle performance di sax solo, come quella di qualche giorno fa qui al Museo d’arte Moderna a Bologna, e lì ho suonato solo con il mio strumento, senza alcun effetto. La cosa mi è piaciuta molto perchè normalmente sul palco suono per metà “acustico” e nell’altra metà utilizzo alcuni effetti tipo delay, loop, un chorus eccetera o magari registro una breve frase e ci suono sopra. Ho provato comunque ad usare un harmonizer e altri effetti, ma poi mi sono reso conto del fatto che c’è già Surman che fa queste cose così bene… e lì mi sono detto che forse non è proprio il caso! (ride)
E lo stesso discorso vale per Brecker: e poi lui è un enorme sassofonista con un suono meraviglioso… Quando suona usa un gran numero di effetti, e lo fa divinamente.
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